Vaso di Pandora

Sono farfalle che hanno paura del cibo

Commento all’articolo apparso su La Repubblica il 24 gennaio 2017

Articoli e pubblicazioni di carattere divulgativo sono necessari a rendere il sapere accessibile a tutti, ma non è facile evitare di incorrerere nella banalità e nella parzialità quando si cerca di comunicare ad ampio raggio.

Il titolo di questo articolo mi è sembrato in effetti piuttosto banale e parziale insieme, laddove l’immagine della farfalla evoca immagini di leggerezza e fragilità, ma nega ferocia, avidità, piacere, paura. Personalmente vedo come “farfalle” solo alcune persone, solo alcuni pazienti, e non necessariamente con disturbi del comportamento alimentare.

Credo che parlando di disturbi del comportamento alimentare si possa e si debba, a qualunque livello, sottolineare di più e meglio di così l’importanza di un approccio terapeutico multidiscilinare, le cui evidenze di efficacia danno conferma e valore alla necessità di percorsi e luoghi dedicati a questo tipo di patologie, come penso che sia la citata Residenza Gruber e come certamente è la Villa del Principe “di noialtri”.

Rispetto alla comorbilità con altre patologie, o meglio diagnosi, psichiatriche, la citazione in questo brano oltre che parziale mi è sembrata deformata e deformante, così come i cenni al trattamento individualizzato.

Quello che ho davvero apprezzato, però, è la sincerità discreta di questo articolo nell’ammettere che la cronicità esiste, massicciamente, e ancora di più esistono le remissioni parziali e, aggiungerei, i “corsi e ricorsi”, per i disturbi alimentari come per la psichiatria tutta. Forte nell’accettare di non essere onnipotente, considerandolo già un trionfo rispetto all’impotenza, chi lavora con il disagio mentale comprende e accetta risultati anche parziali, che tuttavia tengono in vita i pazienti e chi li circonda, soprattutto di fronte a un tipo di patologie, i disturbi alimentari, che sono una delle principali cause o concause di morte tra i giovani e i giovanissimi.

In un momento in cui (per i DCA) la terapia psicofarmacologica, più che per molte altre sindromi, rappresenta “la grande illusione”, soprattutto se si guardano con maggior attenzione i dati di letteratura in merito, mi incuriosisce la ricerca della dott.ssa Maria Vittoria Micioni di Bonavera sul composto VT7 che attiva il recettore A2A. Chissà….

Ancora di più mi incuriosisce il numero verde, di cui al pari del recettore A2A ignoravo l’esistenza, e che sarei tentata di sperimentare in prima persona.

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