Commento all’articolo di Valeria Pini, apparso su La Repubblica il 04/04/2019
Articolo onestamente divulgativo sul disturbo bipolare: la correttezza dell’informazione è sostenuta dalla autorevolezza dell’intervistato, Mario Maj.
Per gli addetti ai lavori, può essere una occasione per ripercorrere qualcuna delle le vie oggi più interessate dalla ricerca e dalla prassi di cura del disturbo bipolare.
L’International Society for Bipolar Disorders ci presenta qualche articolo apparsi negli ultimi 6-7 anni.
Pacchiarotti a e Coll. segnalano che gli inibitori del reuptake della serotonina e il bupropione, impiegati negli episodi depressivi, causano meno rimbalzi maniacali di quanto non facciano i classici triciclici e gli inibitori del reuptake della serotonina. Mi lascia perplesso l’indicazione del bupropione, adottato in Italia nel divezzamento dal fumo: è parente dell’anfetamina, e benché si sostenga che la sua azione è ben diversa, la prudenza parrebbe doverosa. Altri articoli proposti dalla Society riguardano le linee guida per il trattamento: conferma dei trattamenti in uso, con aggiunta di anesapina e paliperidone nell’episodio maniacale acuto, e di Lurasidone come seconda scelta nell’episodio depressivo. All’inizio di ogni trattamento si suggeriscono: indice massa corporea, emocromo, urea, creatinina, funzionalità epatica, profilo lipidico, anamnesi rivolta anche a indagare lo stile di vita. Per il valproato e la carbamazepina, ripetuti livelli ematici per stabilire la dose terapeutica. Per gli antipsicotici, raccogliere una storia di problemi cardiaci o di allungamenti tratto QT; peso, P.A., glicemia, profilo lipidico andrebbero ripetuti annualmente. Ricerche più recenti, dell’anno corrente, rilevano sindrome metabolica e insulinoresistenza piuttosto frequenti in pazienti anche appena presi in cura, quindi indipendentemente da effetti farmacologici. Utile l‘attività fisica, spesso ostacolata dallo stigma e da barriere di vario tipo; se presente durante le fasi eutimiche, è buon fattore prognostico. Le preoccupazioni sulla immagine corporea sono correlate con un peggior decorso. Negli anziani, ovvia attenzione ai rischi da ipertensione, iperglicemia, insufficienza renale. Si ritiene la lamotrigina più efficace a prevenire ricadute depressive; meglio il litio contro quelle maniacali. Proposte di farmaci da affiancare a quelli classici: antiinfiammatori, antiossidanti, modulatori mitocondriali. Successivi contributi esaminano la possibile utilità di vari integratori, senza risultati conclusivi. Anche l’azione antidepressiva dell’antidiabetico pioglitazone non parrebbe dimostrata a sufficienza.
Si rivolge attenzione pure al difetto cognitivo, presente in qualche misura nel bipolare e influente nel decorso della malattia e nella scelta del trattamento relazionale. Il discorso torna nella letteratura recentissima (Marzo – Aprile 2019). La memoria di lavoro è compromessa, non diversamente che nella schizofrenia. In questa è presente un fenotipo neuro cognitivo peggiore ma la differenza è dimensionale, non categoriale.
Significativa presenza del disturbo in età pediatrica; inoltre è descritta comorbidità con il disturbo dell’attenzione con iperattività. La presenza di questo comporta decorso più instabile (Vannucchi e Coll, 2019). Nell’adolescenza, prodromi quali sintomi maniformi minori e segni di disturbo dell’attenzione fanno prevedere un d. bipolare. La presenza di un trauma infantile peggiora la prognosi.
Frequente la difficoltà di distinguere e anzi delimitare il D. bipolare dal D. borderline, malgrado una distinzione teoricamente chiara fra “malattia” e anomalia personologica. L’algoritmo Pid5 BPD, che prende in considerazione le dimensioni “labilità emotiva, ansia libera e da separazione, ostilità, depressione, impulsività”, sarebbe utile a differenziare le due condizioni. Suggerito anche il Depressed mood Questionnaire. Una proposta d’avanguardia: si è suggerita la registrazione sullo smartphone delle oscillazioni dell’umore, che delineando un profilo dello stato emotivo potrebbe aiutare la differenziazione: ma mancano almeno finora chiare indicazioni su tale vantaggio. Si è cercato anche il supporto degli esami strumentali, che mostrerebbero alterazioni della sostanza grigia diverse nelle due condizioni; e il metabolismo del glucosio nell’insula sarebbe alterato in entrambe. Altra ricerca evidenzia differenze nella connettività della sostanza bianca.
Rilevato un rapporto fra stagionalità, temperamento depressivo e decorso. Aguglia e Coll rilevano che l’alta temperatura atmosferica incrementa i ricoveri.
Varie ricerche esaminano l’importanza del macrobiota; sarebbe diverso nel d. bipolare e nella schizofrenia rispetto ai sani. Potrebbe esserci un rapporto con quello che qualcuno ritiene un maggior rischio di suicidio in presenza di alimentazione ricca di carni trattate con nitrati. Tuttavia, scarsi i segni di utilità dei probiotici. Verosimilmente scarsi anche quelli relativi a una serie eterogenea di proposte: vanno dall’impiego del pericarpo di mangostano (frutto tropicale che quanto meno sarà buono, ma che è stato consigliato anche per il cancro al seno!) fino a una serie di terapie elettriche che ci risvegliano ricordi non tutti piacevoli: la stimolazione magnetica intracranica, la theta burst stimulation, la magnetic seizure (una sorta di elettrochoc attenuato), la stimolazione transcranica diretta. Va detto che si prevede il confronto – non so quanto giustificato eticamente – con la sham therapy: una finta applicazione che fa da placebo.