Raccolgo i pensieri degli ultimi tre anni, di un percorso terapeutico spesso incerto e non sicuro; raccolgo i miei pensieri al gate di un aeroporto vivendo le emozioni che provi prima di un viaggio con il cuore ricolmo di emozioni e speranze, la paura dell’ignoto e di tutto quanto non si può controllare. Sono sicura che le stesse emozioni che sto vivendo io le sta vivendo Martin, lo posso capire dal grande sorriso che ha sul viso e gli occhi lucidi.
L’arrivo di Martin in Italia
Martin è un ragazzo del Camerun arrivato in Italia più di una decina di anni fa. In Italia ha intrapreso gli studi di Ingegneria Navale all’università di Genova, ha cercato lavoro, ha stretto dei rapporti di fiducia con alcune persone nella metropoli genovese. Poi è arrivata la malattia “disturbo psicotico”, quelle che prima potevano essere definite come bizzarrie comportamentali o culturali sono diventati deliri strutturati e allucinazioni uditive importanti, tali da compromettere l’equilibrio che faticosamente Martin aveva trovato, portandolo a commettere diversi reati fino a essere trasferito alla REMS di Villa Caterina.
Dalla REMS a Casa Varazze
Durante un periodo in REMS Martin ha avuto un comportamento adeguato, isolato dai compagni e dalla vita comunitaria ma rispettando le regole del contesto. Dopo il percorso in REMS è stato trasferito presso la struttura in cui lavoro: Casa Varazze. All’invio il mandato è stato quello di accompagnare il paziente al raggiungimento della laurea triennale. Così durante i primi due anni noi operatori abbiamo silenziosamente accompagnato Martin nel suo studio solitario, accogliendo sempre con i suoi momenti no, le sue lamentele, le sue richieste. Martin durante gli anni in struttura ha deciso di affidarsi ad alcuni operatori mirati, fidandosi di loro in modo incondizionato. Ho conquistato Martin poco alla volta, con qualche accompagnamento, qualche prestito di denaro, qualche regalo o qualche premura in più avuta nei suoi confronti.
Martin è riuscito a concludere il tirocinio, la tesi e la tanto bramata laurea triennale, punto di svolta del percorso terapeutico e di questa storia.
Un nuovo periodo buio
Martin è felice, ha ottenuto quello per cui ha con fatica lavorato da un bel po’ di anni, questo lo rende entusiasta, ma in breve tempo arrivano le delusioni. Martin cerca lavoro, invia il curriculum a diversi posti di lavoro, prova diverse strade ma il lavoro, almeno quello da lui desiderato non sembra arrivare.
Da questo momento la situazione clinica di Martin si complica, la laurea ha ingigantito il suo ego, si sente invincibile e superiore rispetto ai compagni di struttura, lui è diverso, ha una laurea in tasca, non è come gli altri; allo stesso tempo è arrabbiato, voleva una cosa ma non è riuscita ad ottenerla. Inizia così un anno difficile per Martin, momenti in cui è più arrabbiato, difficile da contenere, arrabbiato con gli altri ospiti, arrabbiato con la struttura, arrabbiato forse con se stesso. Ci sono momenti in cui Martin appare clinicamente scompensato, è un fiume di parole, i deliri escono fuori, appare sempre accelarato.
Eppure Martin si ricompone sempre, senza terapia, senza lunghi ricoveri, a volte basta l’intervento di un operatore, la parola giusta o una buona notizia che lo rassicura. Con Martin è sempre stato difficile riconoscere gli aspetti deliranti e psicotici agli aspetti culturali: con alcuni operatori parlava di più ma la tendenza a lasciare fuori tutti gli altri dalla propria vita è sempre stata presente e difficile è stato capirlo. Durante una delle ultime uscite insieme mi ha detto “tu non mi puoi capire, ci vorrebbe un’eternità” e io lo capisco, quante volte noi operatori abbiamo la presunzione di voler capire tutto, di dare un senso e un significato a cosa che forse un senso non lo hanno.
Martin decide di tornare in Camerun
Arriviamo a un paio di mesi fa, quando Martin ha deciso di voler tornare al proprio paese di origine, l’Italia gli ha dato tanto, ma non tutto e in questo momento di sofferenza infinita sente il bisogno di ricongiungersi agli affetti, la mamma, i fratelli, gli amici d’infanzia. Così si è lavorato per procedere nel modo migliore possibile a una dimissione, fatta di compromessi e attese che Martin insieme a tutti gli operatori della struttura ha tollerato, a volte con grande fatica.
Ma ora Martin è su quell’aereo che lo porterà dritto dritto a casa, per riabbracciare la propria madre malata.
Prima di partire ci ha fatto un regalo insolito: un plico di fogli e quadernetti contenenti “i dialoghi con i suoi dei”, credo questo rappresenti al meglio la fiducia che ha riposto nella struttura, affidandoci i suoi sogni, le sue paure e le sue speranze, pronto per voltare pagina.
Ora Martin ha un unico sogno: quello di accogliere in visita nel proprio paese quegli operatori che gli sono stati vicino per poter ricambiare i favori fatti e gli aiuti dati, con il grande sorriso sul viso che aveva il giorno della partenza mentre salutava l’Italia.
Martin ci ha insegnato tanto e se c’è una cosa che mi piace di questo lavoro è che dopo tanti anni trovo ancora delle cose da imparare. Ci ha mostrato che la rigidità non sempre è utile, che la terapia farmacologica e i ricoveri sono importanti strumenti ma da soli non bastano, che raggiungere un obiettivo talvolta è solo l’inizio di un altro percorso e che se oggi gioisci con il tuo prezioso paziente appena laureato domani potresti essere invaso dalla sua angoscia che si esprime in modi non sempre comprensibili. Non posso che ringraziare l’equipe di Casa Varazze e Selene in particolare per tutto il lavoro fatto e non posso che ringraziare Martin per essere stato, per un breve periodo, parte della mia vita. Quello sguardo all’aeroporto di sicuro non me lo scordo più. Di nuovo buon vento Martin, ora ancora di più.