L’esperienza del bello è fondamentalmente comunicativa: può significare condivisione, o anche accoglienza del possibile creatore nei confronti del fruitore. Lo sapevano i Greci, col concetto di kalos kagathos. Per Paolo Portoghesi la bellezza salverà il mondo; l’architettura è anche un modo per voler bene alla gente. E c’è da aggiungere che, a differenza di altre forme di godimento, quello della bellezza è condivisibile, quindi non occorre spartirla: avvicina, non allontana, le persone l’una dall’altra.
Portando il discorso nel nostro campo, l’aspetto dell’edificio che accoglie gli utenti “dice” qualcosa sulla immagine che io ho di essi, ritenuti capaci di fruirne e goderne. Per contro, l’ambiente brutto conferma la visione fondamentalmente tragica che il paziente ha di sé stesso e degli altri. Ricordo in contrapposizione l’ottica arcaica che dominava la psichiatria pubblica: un anziano Direttore di manicomio sosteneva che “per gli schizofrenici tutto è uguale”, e questa argomentazione pseudoscientifica giustificava ai suoi occhi la bruttezza degli ambienti spogli e alienanti che venivano offerti.
Molto è oggi cambiato: comprendiamo che un bell’ambiente può risvegliare nel paziente la fondamentale capacità di provare piacere. Ciò non significa che il percorso sia lineare ed esente da problemi: può accadere che la doverosa offerta di un ambiente bello e accogliente incontri risposte paradossali, che potrebbero rivelarsi volte a deteriorare.
Un modello utile può essere il concetto meltzeriano di conflitto estetico: “il sentimento della bellezza contiene nel suo profondo la possibilità della sua stessa distruzione”. Per Donald Meltzer, la bellezza del seno è gratificante ma mai appagante, collegata com’è ad una esperienza di precarietà, di insicurezza, forse collegata anche a sentimenti invidiosi. A dire il vero, già Francesco Petrarca scriveva “cosa bella e mortal passa e non dura”.
Ma tutto ciò invita al compito di fruire senza distruggere, di riparare, di esplorare per capire cosa è accaduto al bell’oggetto che è scomparso; e, a livello di quotidianità, a impegnarsi in una manutenzione pensata. Ritorna il concetto bioniano: il pensiero nasce e si sviluppa in contesto depressivo.
Grazie del tuo scritto!Mi fa venire in mente l’Arca di Noè del racconto biblico : la fine del mondo c’è già stata ,ma è concesso un secondo tempo…ci sono immagini di bellezza straordinaria come la colomba che torna con il ramo di ulivo nel becco . Buona domenica
ed io penso agli spazi belli delle comunità costruiti insieme agli ospiti, belli per un senso di appartenenza per un significato dato a quello o questo oggetto messo a quel manifesto a quel mobile spostato in quel modo. Penso alla sede dell’associazione così vissuta e calda da essere bella non solo per il bel panorama e il giardino …. e poi penso ad Andrea che ci vive da quando è vedovo e che esprime gratitudine ed anche benessere ma anche malessere “non ho la mia privacy”…… o invece forse vorrei che questo bello fosse solo mio.
Ed io vivo bella perché l’ho caricata di un significato di una emozione a volte anche una cosa brutta forse…e provo piacere. Così sto attenta quando entro nella casa dell’altro, e vedo cose che mi paiono brutte non sposto non tocco non dico… chiedo magari perché gli piace…
Bello mah? ma mi fa piacere
Per accedere al bello ed al piacere bisogna essere educati ad apprezzarlo e avere un imprinting adeguato che non può che derivare da un sereno ed equilibrato sviluppo dell’apparato psichico.
I nostri pazienti vanno aiutati in tal senso a appropriarsi o riappropriarsi di ciò.
Il progetto arte che cura che su mia iniziativa il gruppo redancia sta portando avanti si colloca in tale ottica
non sempre si è raggiunto o è raggiungibile un sereno ed equilibrato sviluppo dell’apparato psichico… certo si lavora in questa direzione . Bello il progetto arte che cura, che in tal senso si muove. .Ma anche capire là dove il brutto piace e capirne i motivi gli attaccamenti il significato mi ha aiutato nel contatto e nella comprensione dell’altro. Emozioni ad un bello diverso, espressioni di tragedia o sofferenza non altrimenti comunicabili.
Oggi ho spinto a vedere un bel film un appassionato di invece ‘storie maledette’ orripilanti scenari resoconti di delitti… una musica classica accesa sul cellulare ha fermato la violenza di un incontro, ha interrotto un fiume di insulti disperati (beh conoscevo la sua sensibilità alla musica , nel caso Schubert) e il bello ci ha fermato. Ma quando lo posso introdurre se non ho capito anche il senso del brutto che piace copre assorda allontana ?