“Odio il lunedì“, in quanti lo avranno almeno solo pensato. C’è qualcosa di quasi crudele nella sua puntualità. Anche se il calendario ci aveva avvertiti, anche se il weekend è stato lungo abbastanza da non poterne chiedere di più, il lunedì arriva comunque come un’onda fredda sulla pelle. Lo si riconosce non solo dal traffico che aumenta o dalla sveglia che squilla più forte del solito, ma da quel peso emotivo, spesso invisibile, che prende posto accanto a noi già al primo caffè. Si chiama “Blue Monday” quando lo si vuole nobilitare con un’etichetta psicologica, ma nella vita reale è molto più simile a una sensazione cupa, diffusa, che molti conoscono come il malessere del rientro.
Odio il lunedì: perché ci pesa così tanto?
Freud parlava dell’importanza del principio di piacere, ovvero di quanto l’essere umano tenda naturalmente a evitare il dolore e a cercare ciò che gratifica. Il lunedì rappresenta l’interruzione forzata di quel principio. Non è solo l’inizio di una nuova settimana lavorativa: è la fine simbolica di una piccola libertà. Dopo due giorni di apparente tregua, torniamo a confrontarci con ruoli, gerarchie, obblighi, performance.
A livello inconscio, il lunedì è associato a una perdita di controllo. Il tempo non ci appartiene più. Questo genera una reazione fisiologica – aumento del cortisolo, tensione muscolare, disturbi del sonno – ma anche emotiva: ansia, irritabilità, apatia.
Il lavoro che ci consuma (più del dovuto)
Non tutti i lunedì sono uguali. La loro carica emotiva negativa aumenta in funzione del nostro rapporto con il lavoro. Se ciò che facciamo ci frustra, ci svuota o ci rende invisibili, ogni inizio settimana può diventare un piccolo trauma reiterato. Si sviluppa un senso di impotenza che, col tempo, può diventare depressione latente o aggressività passiva.
In particolare, chi vive in ambienti lavorativi tossici, privi di riconoscimento, affetti da micro-abusi relazionali, può sviluppare un vero e proprio disturbo da rientro: un mix tra sindrome dell’impostore e sindrome da burnout.
I segnali più comuni del “Blue Work Monday” includono:
- Risveglio con senso di oppressione e pensieri catastrofici (“Non ce la farò mai oggi”)
- Sensazione di vuoto o inutilità durante la preparazione per uscire
- Irritabilità anomala con familiari o colleghi già dalle prime ore
Il paradosso della domenica sera
Curiosamente, il lunedì comincia già la domenica. È nel tardo pomeriggio del giorno di riposo che la psiche inizia a subire l’ansia anticipatoria del rientro. Questo fenomeno è noto in psicologia come “Sunday night anxiety” e può essere ancora più debilitante del lunedì stesso.
La mente, abituata a un certo ritmo rallentato, si trova di colpo ad anticipare le responsabilità, i conflitti, le scadenze. E lo fa senza alcuna difesa. È qui che il nostro cervello inizia a produrre pensieri negativi automatici, spesso sproporzionati rispetto alla realtà. L’inconscio, incapace di distinguere tra minaccia immaginata e minaccia reale, reagisce comunque: scarica adrenalina, alza la soglia di vigilanza, e ci priva del sonno ristoratore.
Le reazioni più frequenti alla “ansia da domenica” sono:
- Evitamento (rimandare il pensiero al lunedì fino a tardi, talvolta con binge watching o cibo)
- Somatizzazione (mal di testa, mal di stomaco, insonnia)
- Autosvalutazione (“Non sono capace”, “Tutti ce la fanno tranne me”)
Odio il lunedì: il mito della motivazione
In un’epoca in cui il culto della performance è stato reso accettabile anche nel linguaggio motivazionale, ci si sente spesso dire che “basta cambiare mindset”. Ma la psiche non è un interruttore. Cercare di contrastare il malessere del lunedì con frasi come “ogni giorno è una nuova opportunità” spesso non solo non funziona, ma può produrre l’effetto opposto: colpevolizzazione.
Quando la fatica è reale, il primo passo non è negarla ma riconoscerla. Anziché insistere sull’idea che il lunedì vada affrontato con entusiasmo, forse bisognerebbe accettare che esistono fasi, giorni, cicli interni in cui non si ha voglia. E va bene così.
Strategie (psicologiche) per sopravvivere al lunedì
Affrontare il lunedì in modo più sano non significa eliminarne il peso, ma renderlo meno gravoso. Non si tratta di rivoluzioni, ma di piccoli atti simbolici, emotivamente significativi. L’obiettivo è recuperare un minimo senso di agency, di auto-efficacia.
Ecco alcune strategie che aiutano a ridurre il “Blue Work Monday”:
- Preparare il lunedì già il venerdì: chiudere le cose in sospeso aiuta a non iniziare la settimana con un senso di caos
- Ritrovare rituali positivi: colazione speciale, musica preferita, camminata breve prima del lavoro
- Programmare qualcosa di piacevole il lunedì sera: un modo per ricordare al cervello che il lunedì non è solo dovere
E ancora:
- Scrivere (a mano) tre cose che funzionano nella propria vita: piccolo esercizio di riconnessione con il sé
- Parlare con qualcuno della propria fatica, senza vergogna: normalizzare il disagio riduce l’isolamento
Un disagio collettivo che non va sottovalutato
Il lunedì non è solo una questione individuale. È un indicatore sociale, quasi un termometro del disagio collettivo. Quando milioni di persone vivono con senso di costrizione il ritorno al lavoro, il problema non è solo il lunedì. È il modo in cui il lavoro è stato costruito. Svuotato di significato, caricato di aspettative, piegato alla logica dell’efficienza senza limiti.
In questo senso, il “Blue Work Monday” non è un problema da curare, ma un segnale da ascoltare. Ogni rifiuto, ogni malessere, ogni fatica, è un piccolo tentativo del nostro corpo e della nostra mente di dirci qualcosa. Di restituirci alla nostra umanità.