Irriducibile. La coscienza, la vita, i computer e la nostra natura; F. Faggin, Mondadori 2022
Avevo “promesso” un commento a “Irriducibile”, recente pubblicazione del padre del microprocessore, Federico Faggin, scienziato e imprenditore italiano di grande personalità e carisma . Per poi rendermi conto della difficoltà del testo, che avevo immaginato, ma non per motivi così sostanziali come veniva mostrandomi la lettura : un’esperienza necessariamente rivolta ai fondamenti dell’esistenza dell’universo tutto.
Così mi è balenata l’idea, che anche per me , personalmente, l’utilità del percorso a cui invita questa lettura si potesse collegare al proposito di non perdere o sprecare “il mio tempo”, come l’autore pare suggerire citando la propria crisi esistenziale, che gli ha dato modo di ricostruire la sua fondamentale ricerca di senso .
Riferisce Faggin che avendo a più riprese constatato che da segnali elettrici o biochimici si possono solo produrre altri segnali elettrici o conseguenze fisiche come forza o movimento, ma mai sensazioni e sentimenti si è trovato a mettere radicalmente in discussione la teoria che ci descrive come macchine biologiche analoghe ai computer…e infatti senza coscienza ”che senso avrebbe il sapore del vino, il profumo di una rosa e il colore arancione?”
Perciò vorrei impegnarmi nel provare a “tradurre”, da non addetta ai lavori, il discorso di Faggin sui valori umani , implicito nella sua ricerca , a proposito dell’attualità del rischio di perdere , di veder disprezzato e forse fatto sparire ciò che ci appassiona e lega alla vita : il nostro complesso sentire, la fiducia nella coscienza e la consapevolezza di esistere nel mondo con tutte le altre creature…in PRESENZA.
A quel punto confidando di poter affidare ad un ipotetico lettore affettuoso una visione dell’interiorità che vorrebbe rimandare alla consistenza dell’intersoggettività , mi avventuro in una specie di labirinto…fatto di varie letture , molti autorevoli studiosi si stanno infatti occupando dell’impatto della tecnologia sull’uomo dell’oggi e di come sta cambiando il pensare rispetto all’I.A. .
L’intenzione che mi anima vorrebbe procedere secondo il fondamentale presupposto di una lettura laica che considero indispensabile per riflettere coerentemente all’interno di una comunità, anche se una sensibilità religiosa non mi è del tutto estranea e i temi che vengono affrontati potrebbero sconfinare in ambiti più “spirituali”.
Lo farò a puntate seguendo l’antico procedere del pensiero che richiede ripetizioni e apparenti sperperi in un “tempo” imprecisabile .
L’uso irragionevole della ragione mi pare il titolo più appropriato rispetto alle molte promesse, a quanto vien detto, proposto e rimandato a proposito della I.A.(e non solo) cui consegue quella che è probabilmente la vera questione: lo scotoma che tipicamente, nella nella nostra epoca impedisce la visione della realtà [ovviamente in altre epoche in altro modo ad es. possiamo ricordare il don Ferrante di Manzoni per la sua clamorosa professione dell’ evidente inesistenza della peste , che di lì a poco doveva ucciderlo] .
In qualche modo più intenso in questi nostri giorni , il bisogno di censura e rimozione risulta ben più esteso della dimensione sessuale e aggressiva da cui è partita l’osservazione freudiana e riguarderebbe nella fattispecie proprio la REALTA’.
Dunque la cancellazione degli eventi non attiene solo alla psicopatologia, ma sarebbe all’opera nella vita quotidiana pubblica e privata.
Così, mentre si parla di grandiose modificazioni genetiche volte persino ad impedire la morte, non siamo in grado nemmeno di contrastare la resistenza agli antibiotici, che parebbe un obiettivo più alla portata, anche se la lotta contro microrganismi e virus, entità ben più antiche dell’uomo, non dovrebbe essere presa sottogamba…
Perché tale cecità?
Intanto per tracciare i limiti del discorso riprenderei , da un commento di Gianni Giusto, il riferimento alla differenziazione di potenzialità degli strumenti tecnologici rispetto alle capacità del senziente, recuperando il tema della sensibilità, quale caratteristica dell’animale o meglio della vita stessa che in nessun modo , tanto meno per ciò che riguarda memoria o coscienza, può essere comparata, o fatta oggetto di fuorvianti analogie rispetto a robotica e c.d. intelligenza artificiale : strumenti tecnologici di per sé straordinari ed essi stessi magnifici esempi di costruzioni dell’intelligenza, ma quella vera, del sapiens vivente!
La differenza diviene ancor più chiara se si porta l’attenzione sul come nasce una vita come ci insegna Faggin aiutandoci a comprendere immediatamente (senza mediazioni) col presentificarci il parto e la nascita l’incomparabile patrimonio dei viventi. Perciò non è sostenibile comparare l’I.A. al cervello umano che ha una storia inseparabile dal suo corpo ed è situato affettivamente in un contesto relazionale e paesaggistico.
Un altro passaggio importante può essere espresso attraverso un’ulteriore domanda. Crediamo davvero che “tutto è informazione”? come potrebbe suggerire il pensiero corrente e una serie di nuovi algoritmi generativi derivati da dati umani. Domanda pregnante che riprendo da Riccardo Manzotti. Dunque…“l’informazione non è altro che una serie di simboli e il pensare è il loro ricombinarsi. Tutto questo è (può essere) molto convincente… è quasi una versione operazionale dell’idealismo kantiano, ma lascia fuori qualcosa di fondamentale: la REALTA”.
Ma quella vera non l’alternativa dell’I.A. che starebbe per diventare “il dio della realtà fatta di soli simboli privi di significato”.
Infatti oltre l’entusiasmo per il pensiero ridotto a calcolo di nuove combinazioni,” esiste un’altra grande intuizione del pensiero secondo la quale noi non siamo solo manipolatori di simboli, bensì momenti dell’esistenza”. Ognuno di noi in questo senso sarebbe un’occasione della realtà per essera vera.
Concludo questa prima riflessione chiarendone lo scopo e cioè 1) il desiderio di opporsi e resistere a derive disumanizzanti soprattutto nell’ ambito delle cure e dell’educazione nella sicura convinzione che lo sviluppo di affetti, cultura , pensiero ed arte siano i beni più desiderabili. 2) promuovere un uso intelligente di I.A. e a questo proposito vorrei citare i disegnatori di Calibano rivista cartacea del teatro dell’Opera di Roma che avrebbero utilizzato I.A. per dosare l’intensità di caratteristiche della loro produzione (più o meno surrealista?). 3) segnalare letture e studi su questa linea utili al dialogo (seguono note bibliografiche).