Fig. 1 Il Ponte tra l’Inferno e il Paradiso
In questo quadro di Miriam, si può osservare una nuova rappresentazione del soggetto transizionale.
Lo scheletro che tiene in braccio la paziente contiene sia parti del terapeuta, come l’aura e il sostegno, sia parti della paziente stessa, la cui esperienza di psicosi era iniziata con l’allucinazione di uno scheletro che rifletteva la sua morte interiore.
Ora lo scheletro funge da ponte tra l’inferno e il paradiso, aiutando la paziente ad emergere dalle tenebre della psicosi. Le strisce di terra che la penetravano e la seppellivano, quando era intrappolata nella gelida tomba della psicosi[1], ora sembrano cordoni ombelicali che la nutrono, la sostengono e la collegano al Paradiso.
Il magma rappresentato nel quadro “Gli schiavi della casa-chiesa” [2] ora infonde vitalità e colore alle figure psicotiche della non-esistenza, le quali perdono il loro carattere demoniaco, mortifero e acquistano corpi e volti. Ciò è possibile grazie al fatto che il terapeuta è entrato concretamente nella dimensione psicotica della paziente, nella fredda tomba della non esistenza.
Queste figure umanizzate hanno le mani alzate, come a chiedere di essere prese in braccio, nutrite ed estratte dagli inferi della psicosi.
La casa-chiesa, che nel quadro iniziale appariva come una gigantesca struttura che opprimeva gli schiavi (Fig.2) e rappresentava la costrizione e la privazione della libertà della paziente, ora si trasforma in abitazioni, tracciate con linee leggere che non risultano più opprimenti e sembrano delineare una città situata al confine tra cielo e terra.
In questo quadro, Miriam si congeda dal mondo della psicosi e dal percorso artistico che ha intrapreso all’inizio della psicoterapia e che si conclude con la separazione da Gaetano.
L’uscita dal tunnel segna l’ingresso nel mondo della quotidianità: dopo il viaggio attraverso la psicosi la paziente riesce a vivere libera dal peso insopportabile di un adattamento sociale che la aveva resa schiava e che privava di colore la sua vita.
Nel dipinto Miriam sembra salutare il soggetto transizionale, la piccola figura dipinta dall’altro lato del tunnel, che le ha donato il colore assente dalla sua vita.
Il colore era esploso nella psicosi come il magma di un vulcano che aveva reso caotica ed incomprensibile la sua realtà esterna ed interna.
Durante il lungo viaggio terapeutico il colore del magma acquista un’armonia che si articola in cerchi concentrici disposti ordinatamente attorno al tunnel. Ciò potrebbe rappresentare l’energia dell’inconscio incanalata per nutrire e rinforzare lo sviluppo del Sé della paziente.
Miriam ha ricevuto, grazie al viaggio condiviso con Gaetano, un dono simboleggiato dall’oggetto che tiene in mano. Dopo la psicosi ha cambiato lavoro ed è divenuta psicoterapeuta rimanendo in contatto, attraverso la sua professione, con le forze dell’inconscio che l’avevano invasa e frammentata portandola vicino alla morte.
La separazione da Gaetano apre per Miriam una nuova prospettiva in cui può restituire ad altre persone sofferenti quello che Gaetano, attraverso il soggetto transizionale, le ha donato con la sua presenza amorevole ed empatica.
Conclusione
Le opere d’arte realizzate da persone con grave sofferenza mentale sono talvolta lette e interpretate per svelare e mettere in luce gli aspetti psicopatologici, o i conflitti psicodinamici velatamente presenti anche se non immediatamente evidenti. Questo approccio conoscitivo si concentra sulla decodifica degli elementi che si evidenziano nei quadri, e viene generalmente condotto dall’osservatore che si pone in una posizione esterna all’opera. Benedetti introduce, invece, una prospettiva esistenziale, ontologica, immergendosi all’interno dei lavori e considerandoli come creazioni dotate di una vita psichica indipendente dall’artista-paziente che le ha prodotte.
In questa prospettiva ontologica, che condivido con Benedetti, le opere di Miriam rivelano una propria dimensione esistenziale intersoggettiva, che riflette la vitalità della relazione duale tra paziente e terapeuta. Tale relazione è immaginata come dotata di una esistenza psichica autonoma rispetto alla paziente e al terapeuta stessi.
Immergendosi all’interno di queste opere ed identificandosi con le figure che la compongono, Benedetti riesce ad entrare in contatto con la vita psichica che vi è racchiusa, innescando un processo di trasformazione che genera sostanza psichica ed amplia lo spazio esistenziale tra sé, la paziente e l’opera d’arte.
I quadri realizzati da Miriam rappresentano una testimonianza della vitalità della relazione terapeutica tra Miriam e Gaetano. I tratti e i colori dei dipinti riflettono le emozioni condivise nel loro viaggio interiore, espressione dell’amore terapeutico che ha generato una nuova possibilità di essere di Miriam, trascendendo la sua lacerante sofferenza psicotica.
[1] La condivisione della grave sofferenza psichica. Il viaggio di Miriam e Gaetano attraverso la psicosi (4)
[2] Il viaggio di Miriam e Gaetano attraverso la psicosi (2)
Grazie Maurizio la tua rilettura del viaggio di Miriam e Gaetano mi ha fatto entrare in una dimensione di comprensione del processo di trasformazione generativo di sostanza psichica e della possibilità meravigliosa di ampliare lo spazio esistenziale intersoggettivo, includendo le opere di Miriam, molto bello!
Grande interpretazione di una relazione che permette la disintossicazione del mondo psichico di Miriam da fantasmi terrificanti generati da assenza e mancanza di senso.
Puntate che meritano di essere lette e rilette insieme a chi ha scelto di condividere un mondo di sofferenza.