Vaso di Pandora

“La vegetariana” di Han Kang

“La vegetariana” è la prima opera che leggo di Han Kang. E forse, non l’avrei nemmeno letto se l’autrice non avesse vinto il Premio Nobel per la Letteratura. Per fortuna, l’ha vinto.  

Chi è Han Kang?

Intanto, di Han Kang trovo queste informazioni: è una scrittrice coreana, nata nel 1970, figlia dello scrittore Han Seungwon e come il padre ha vinto il Yi Sang Literary Award. Studiosa di letteratura coreana alla Yonsei University, ha iniziato la sua carriera come poetessa. Nelle sue opere, Han Kang si confronta con traumi storici, esponendo la fragilità della vita umana, enfatizzando le connessioni tra corpo e anima, vivi e morti, con uno stile poetico unico e sperimentale, confermandosi un’innovatrice della prosa contemporanea. Tra i suoi romanzi, Atti Umani (2017), Convalescenza (2019), L’ora di greco (2023), Non dico addio (2024). Quest’anno ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura con la seguente motivazione: «per la sua intensa prosa poetica che affronta i traumi storici ed espone la fragilità della vita umana.»

“La vegetariana”, un libro che celebra la creatività

La vegetariana è uscito nel 2016 e grazie a quest’opera l’autrice ha vinto l’International Booker Prize, premio letterario internazionale che vuole celebrare la “creatività continua, lo sviluppo e il contributo generale alla narrativa sul palcoscenico mondiale”. Premio nel 2011 assegnato a Philip Roth, altro autore di cui, a mio parere, andrebbe letto tutto.

La vegetariana è la celebrazione della creatività.

Con un linguaggio evocativo e diretto, l’autrice riesce a parlare di uno scompenso psicotico senza mai definirlo come tale, accompagnandoti al suo interno, facendolo passare inizialmente come scelta di vita, la protagonista smette di mangiare la carne, e che piano piano si rivela nella sua drammaticità.

E non soltanto in relazione a quello che è, e che provoca nella vita della protagonista Yeong-hye che si fa morire di fame, ma lo colloca esattamente all’interno di una storia di vita e familiare che fa comprendere come la scelta di mangiare la carne, in realtà, non sia che il sintomo-simbolo dell’unica possibilità per la donna di sfuggire a un sistema famigliare violento, dove il corpo e la carne diventano il luogo in cui la violenza viene esercitata.

La protagonista del libro

La protagonista vuole diventare albero.

Una delle immagini più evocative e nuove in letteratura, del tentativo, disperato, di difendersi da un mondo emotivo e relazionale violento, che intrude, sottomette, oggettifica. La donna, protagonista del romanzo, vuole liberarsi del suo corpo, luogo in cui la violenza dell’altro è stata possibile.  

Il punto di vista non è mai quello di Yeong-hye.

Nel primo capitolo, viene raccontata dal marito, in prima persona, che soltanto a pagina 34 smette di chiamarla moglie e ne riferisce il nome. Drammatica la scena in cui viene descritta la violenza con cui il padre della protagonista, le inserisce con violenza del cibo, carne, in bocca. Scena che verrà ripresa anche sul finale, quando in una clinica psichiatrica, forzatamente, provano ad inserirle un sondino naso-gastrico per l’alimentazione forzata. Ecco, anche in questo libro, il mondo psichiatrico non ne esce bene.    

Nel secondo capitolo, la storia raccontata dal cognato della protagonista, marito della sorella, la lettura diviene una vera e propria esperienza sensoriale: chi legge, sente sul proprio corpo il disagio e la passività. La violenza. La follia che quasi ti confonde circa il chi usa chi. Il desiderio di proteggere e tutelare, a fronte di chi viola sessualmente, spinto da un presunto e delirante progetto artistico. Ti senti proprio lì, sulla scena, e ti senti anche colpevole, di rimanere ad assistere alla violenza di una sottomissione sessuale.   

Soltanto il punto di vista di vista della sorella della protagonista, In-hye, nell’ultimo capitolo, riuscirà a ricollocare quello che fino a quel momento sembrava una scelta bizzarra, in un quadro di dolore e sofferenza psichica e emotiva, in una rete di relazioni famigliari fortemente disfunzionali.

Non aggiungerei altro se non, invitarvi alla lettura.

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