Vaso di Pandora

La scelta di Gino Cecchettin di trasformare il dolore in possibilità

La riflessione proposta parte da una lettura psicoanalitica della “Possibilità di scegliere”, interpretata come la capacità di agentività, un concetto introdotto da Albert Bandura, che si riferisce alla capacità dell’individuo di agire in modo proattivo nel mondo.

Questa capacità, sostenuta dalla possibilità relazionale, consente al soggetto di definirsi come tale nella relazione con il mondo, distinguendosi da esso. In assenza della capacità di agire o riflettere, il significato personale che diamo al mondo viene perso, e con esso anche la capacità riflessiva sulla propria identità. In un contesto patologico, il mondo appare distante, e il soggetto vive una separazione non solo dalla realtà, ma anche da sé stesso.

L’impossibilità di tollerare la frustrazione verso l’impotenza potrebbe spingere vertiginosamente l’individuo all’estremo del polo opposto, quello dell’onnipotenza, fino a portarlo a un atto cieco di pre-potenza, interrompere una vita.  

La tragedia di Giulia

Tragedie che a volte diventano eventi mediatici, come nel caso di Giulia Cecchettin, dove il senso di impotenza derivato dalla rottura di una relazione, non viene né digerito né tollerato. Un evento del genere ci porta a riflettere su temi sociali e culturali importanti, evidenziando l’importanza di rispettare i rifiuti, di tollerarli, di limitare il proprio agire. Tralasciando per quanto possibile la fondamentale questione culturale e sociale sul patriarcato, mi sembra interessante leggere una tragedia simile con le coordinate che ci siamo dati finora.  

Trasformare l’impotenza in una scelta di possibilità

Potremmo leggere come alternativa a questo movimento il comportamento del padre di Giulia Cecchettin, il quale trasforma l’impotenza della perdita di una figlia in una scelta di possibilità: il dolore straziante si trasforma in lotta, in attivismo, generando possibilità di nuove trasformazioni. Vorrei terminare questi miei pensieri con le significative parole di Gino Cecchettin pronunciate durante la presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin augurandoci sempre di trasformare il dolore in significato, la perdita in impegno e l’ oscurità in azione.

Le parole di Gino Cecchettin durante la presentazione

“Signore e Signori, illustri ospiti, Oggi siamo qui per dare forma concreta ad un sogno: un sogno che ha un valore immenso perché è nato da una tragedia immane. Perché è così che spesso funziona la vita: ci prende per mano e ci porta a compiere i passi più luminosi, a scorgere una strada quando tutto sembra perduto. A volte – e non è retorica – quando si affrontano sofferenze tali, che potrebbero togliere qualsiasi speranza o prospettiva, la vita ancora ti sorprende offrendo uno scopo nuovo, un’opportunità di trasformare il dolore in significato, la perdita in impegno, l’oscurità in azione.

[…] Mi sono fatto aiutare da gesti molto semplici, come il continuo tornare a guardare la foto della mia Giulia: piccoli gesti come questo mi hanno educato a guardare verso la luce anche in situazioni dove sembra che tutto sia oscuro; mi hanno aiutato a rimanere vicino all’amore anche dentro lo strazio del mio dolore; mi hanno insegnato che rancore e risentimento non mi aiutano e sono un fardello troppo pesante da portare: l’amore per la mia Giulia è il solo rimedio possibile al dolore. Questo tenace esercizio a voler rimanere vicino all’amore mi ha fatto scoprire un modo nuovo di vivere, più rivolto a dare senso e valore e capire come contribuire a migliorare il mondo in cui vivo.

Gino Cecchettin continua

Penso di avere raggiunto piena consapevolezza di questo stato d’animo proprio durante l’udienza con Filippo. Provavo un dolore straziante per quello che Giulia aveva subito, ma non riuscivo a provare il benché minimo sentimento di rabbia, sdegno, risentimento o ira verso il carnefice di mia figlia. Tuttavia, in alcune persone che erano attorno a me percepivo animosità e risentimento. Comprendo bene la loro indignazione, ma la sera dell’udienza, tornando nel silenzio della mia casa, ho avuto modo di riflettere e immaginare il nostro mondo come un ecosistema dove ogni individuo ha la capacità e il libero arbitrio di iniettare nella società odio o amore.

Non possiamo cambiare gli eventi che ci sono capitati, ma possiamo cambiare la nostra reazione a quegli eventi e decidere se contribuire ad aumentare l’odio oppure l’amore a discapito oppure a favore dell’ecosistema stesso. Per quanto mi riguarda, nel nome di Giulia io posso solo scegliere di far crescere l’amore, perché questa è l’unica scelta che le assomiglia, l’unica possibile se voglio mantenere viva una parte di lei. Ecco noi dovremmo in ogni momento della nostra vita cercare di produrre empatia, calore, apprezzamento, armonia e amore. […]  Dobbiamo essere noi, con le nostre azioni, a costruire un futuro dove la violenza non abbia più spazi…

[…] Non possiamo delegare ad altri la responsabilità di creare un cambiamento; dobbiamo essere protagonisti, in prima persona, di una trasformazione culturale e sociale che metta al centro la dignità e il rispetto per ogni individuo. È il tempo di unire le forze, di costruire ponti invece di erigere muri, di guardare al futuro con speranza e determinazione. Non sarà un percorso semplice. Ma ogni passo, ogni gesto, ogni progetto che realizziamo insieme può essere un mattone per costruire un mondo in cui nessuno debba più vivere nella paura, e in cui il rispetto e l’amore siano le regole fondamentali della convivenza.

[… ]  Insieme, possiamo trasformare la tragedia in speranza, l’indifferenza in azione e la paura in un nuovo inizio. Grazie. Gino Cecchettin “

(https://www.odg.it/le-parole-giuste-e-la-nascita-della-fondazione-giulia-cecchettin/58852)

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