Commento all’articolo apparso su La Repubblica il 13 ottobre 2015
LA PERDITA DEL CENTRO PSICHICO, COSÌ L’IO È DIVENTATO LIQUIDO
Ho appena visto un film che dà occasione per commentare questo articolo.
Recalcati prende spunto dal parallelo articolo di Enrico Franceschini sulla crisi dell’identità sessuale, inquadrandola in un contesto più ampio: quello – rifacendosi a Bauman – dell’odierno carattere liquido dell’identità, non solo di genere. Essa “vacilla, barcolla, pare dissolversi in un camaleontismo permanente… per la psicanalisi non è il deficit dell’Io a causare la sofferenza mentale, ma una sua amplificazione ipertrofica… se l’Io non è più padrone nemmeno in casa propria… se non è più il centro permanente della nostra vita psichica tutto appare più libero, senza confini e delimitazioni rigide…”.
Rilievi importanti: ma quanto all’identità di genere, non è da oggi che viene messa in discussione, certo più sporadicamente. Lasciamo perdere le Amazzoni, anche se nella realtà (prei)storica (improbabile) o piuttosto nel mito rinunciavano letteralmente a metà della loro identità di genere, amputandosi un seno per meglio tendere l’arco in un gesto tipicamente maschile. Lasciamo perdere anche le mitiche donne guerriere come Pentesilea, Marfisa, Bradamente, Clorinda, o figure storiche come Giovanna d’Arco, che è stata accusata di eresia anche perché vestiva da uomo. Erano eccezioni inquietanti.
Ma abbiamo qualche esempio molto più recente – ma in ambito arcaico, molto lontano dal nostro – che mostra non solo una limitata accettazione del cambiamento ma addirittura una sua cooptazione nei codici sociali.
Veniamo al film: Hana, la protagonista, vive in uno sperduto paese sulle montagne albanesi (fra parentesi, è ammirevolmente reso l’ambiente scabro e ostile). Stanca della pesante condizione di inferiorità come donna e dei veri e propri soprusi, segue il consiglio del padre che affettuosamente le indica la via d’uscita: trasformarsi in maschio!
Mi risulta, fra l’altro, che questa possibilità non sia puro frutto di fantasia registica, ma sia stata davvero concreta e addirittura formalizzata quale istituzione fino a tempi recenti, e persino ancora adesso in qualche luogo sperduto. Il film mostra, credo attendibilmente, una precisa procedura: occorre vestirsi da maschio, comprimere le mammelle nascondendole, rinunciare solennemente di fronte agli anziani del villaggio alla propria identità di donna, anche giurando perenne verginità. Il padre annuncia a tutti e altrettanto solennemente, con salve di fucile, che in casa è “nato” un maschio. Da quel momento Hana potrà e dovrà vivere da maschio anche armandosi di fucile, ciò che prima le era vietato.
Ma verrà il giorno che, trasferitasi in un meno repressivo ambiente urbano, potrà recuperare faticosamente e dolorosamente la propria femminilità.
Dunque, in quel contesto così lontano dal nostro, l’identità di genere può svincolarsi dal dato anatomico, in funzione della scelta della persona e del consenso della collettività: lì non occorre il chirurgo, che d’altronde qui da noi a quanto ne so riesce a realizzare, sul piano strettamente anatomico, poco più che una superficiale imitazione del sesso richiesto.
Certo, si può obiettare fondatamente che nell’arcaico ambiente delle montagne illiriche il cambiamento non è nato da una generale liquefazione dei valori e dei modelli ma, quasi al contrario, da una ricerca, da parte di una “debole” femmina, di un’identità immaginata solida come una roccia e socialmente ritenuta superiore: quella maschile. Ma la cosa resta suggestiva.
Si aprirebbe qui un discorso molto complicato: cos’è l‘identità di genere una volta che, come fosse un carciofo, se ne sono sfogliate – come sta oggi accadendo – le parti evidentemente connesse ai modelli sociali: dalla scelta dei giocattoli a quella dell’abbigliamento, all’interessamento o rifiuto per gli sport violenti, e via dicendo… Del nostro mondo interno fa parte un’essenza della mascolinità o femminilità svincolata dagli accidenti storici?
L’orientamento del desiderio non è una risposta, poiché l’omosessualità non rovescia l’identità di genere.
E allora questa che cos’è? Domanda troppo grossa per me.