Quando succede qualcosa di tragicamente inspiegabile ed emotivamente intollerabile si chiamano in causa gli psichiatri e con essi la follia.
Io amavo giocare a scacchi.
E’ un gioco che ancora mi piace anche se non lo pratico più e che si caratterizza per una necessaria lucida concentrazione atta a prevedere le mosse dell’avversario al fine di prevalere nella contesa, che non contempla un coinvolgimento emotivo ma una lucida e fredda (violenta) determinazione nel raggiungere la meta e che può prevedere degli utili sacrifici.
I vari “pezzi” hanno capacità e possibilità di movimento diverse, inserite in un affascinante gerarchia di potere.
Il gioco, eccitante, può far perdere di vista il contesto generale e si cura poco degli “effetti collaterali” che può determinare.
Mi pare che stia succedendo qualcosa del genere, noi siamo semplici pedine (scarsissima possibilità di movimento ed altrettanto poca informazione) di un giuoco perverso e cinico in cui i valori di morte prevalgono su quelli umani di vita.
Interessi economici che ci sfuggono nella loro dimensione come quelli dei trafficanti d’armi o dei produttori di energia, utilizzano scientemente e freddamente l’emotività del popolo anche attraverso riferimenti (pseudo) religiosi ed armano mani di persone disperate, disposte a tutto pur di sentirsi vivi, anche a morire suicidi.
Non paia contraddittoria questa mia affermazione: chi conosce la vertigine intollerabile del “nulla” può comprendere come sia possibile se non addirittura facile influenzare la mente di tali persone.
Ma se vogliamo guardare oltre al sintomo dobbiamo inevitabilmente chiederci chi sono i giocatori che stanno dietro a tali tragedie e qual è la strategia di questo gioco del quale non possiamo venire a conoscenza se non attraverso rituali banalità.
Pensiamo alla tragedia di Nizza e avviciniamola confrontandola a quella dell’aereo della compagnia tedesca con il suo carico di vittime responsabilità dell’atto suicida del copilota.
Lì non c’era ISIS, soltanto una persona disperata che ha fatto centinaia di vittime inconsapevoli e innocenti: la colpa di tutto ciò era evidentemente individuale.
A Nizza un altro disperato “arruolato ?!” dall’ISIS: la responsabilità allora diventa collettiva, ovvero, di chi scientemente per proprio profitto e desiderio di potere alimenta questa sigla come si alimentò al-Qaida.
Non servono gli psichiatri….
Hai ragione questa ripetuta consuetudine di tirar fuori sempre la malattia mentale piuttosto che fare i conti con gli aspetti “bestia” presenti, più o meno, in tutti noi e che in particolari situazioni e particolari ideologie anti umane emergono con violenza bestiale, malefica stupidità.
[b]Scuola di scacchi: Vademecum per politici impegnati nella lotta contro il terrorismo[/b]
Siamo davanti alla scacchiera, il sorteggio ci ha assegnato il Bianco e perciò tocca a noi la prima mossa. Facciamo gli ultimi controlli prima di iniziare la partita. Attenzione! L’inizio è cruciale. L’apertura è decisiva per le sorti della partita. Qui non serve l’avventatezza, l’improvvisazione. Per l’inizio della partita, più che estro o fantasia, servono mosse più prosaiche, le più redditizie, per mettere i nostri pezzi in condizione di giocare al più presto come una squadra affiatata.
Quindi, l’unica cosa che non dobbiamo fare è cercare di decidere all’ultimo momento la prima mossa che faremo. E’ possibile, anzi è necessario, è indispensabile non lasciarsi andare a mosse estemporanee quanto azzardate, perché quella mossa noi dobbiamo averla decisa già dal giorno prima o dal mese prima, o dall’anno prima: non si improvvisa la prima mossa quando abbiamo l’avversario di fronte, per il semplice motivo che l’avversario non c’è, è invisibile, è dappertutto e in nessun luogo.
È vero che siamo pedine di un gioco troppo più grande di noi e tuttavia è bene che si sappia che siamo pedine importanti, indispensabili in questo gioco. Come pedoni di una scacchiera siamo consapevoli che le nostre mosse possono aiutare lo sviluppo ma non sono “mosse di sviluppo”, perciò bisogna pensarci bene prima di muovere troppi pedoni. Ogni volta che un pedone si muove, si crea un buco nella nostra difesa, dove potrebbero infiltrarsi i pezzi avversari. I pedoni sono ottimi difensori, ma se sono troppi e spinti troppo in avanti, e specialmente se isolati, da difensori che erano si trasformano in punti deboli da difendere, penalizzando così il gioco degli altri pezzi ed esponendoli agli attacchi degli avversari. In tal senso quindi, pensiamoci bene prima di muovere i nostri “eserciti” di pedoni armati di tutto punto perché rischiamo di combinare sfracelli. Pensare di combattere il terrorismo con i carri armati e gli aerei supersonici è come “pensare di poter emettere onde elettriche per spostare a piacimento i pezzi di una scacchiera”. E se le cose stanno in questi termini tanto vale “presumere di essere in comunicazione elettrica con Dio e di poter concedere a Dio il vantaggio di un Pedone e del tratto”.
Allora, prima di muoverci, prima di iniziare la partita valutiamo l’obbiettivo che vogliamo raggiungere, analizziamo i principali tipi di finali che possono scaturire dalla strategia della partita che abbiamo in mente.
Gli scacchi sviluppano la modalità del problem solving; il giocatore-politico dovrà riflettere sulle possibili mosse e sulle probabili conseguenze. Ogni situazione di pericolo o di scacco prodotta dalle mosse dell’avversario innesca un’attiva ricerca di possibili soluzioni. Egli si troverà a fronteggiare le mosse dell’avversario che sono prevedibili però soltanto in parte.
Il gioco degli scacchi incrementa il controllo emotivo che non significa distacco, freddezza e mancanza d’empatia, piuttosto tolleranza alle frustrazioni e capacità d’elaborare il fallimento come possibilità di comprensione. Prima della mossa il giocatore-politico utilizza il brainstorming, comincia cioè a riflettere sulle possibili combinazioni e strategie e le loro conseguenze, per attuare infine una scelta da monitorare rispetto alla reale efficacia. Attenzione! Piccolo problema! Nella “partita” contro il terrorismo come in tutte le guerre moderne, va menzionato il fatto che viene a mancare il meccanismo cognitivo della sensibilità alle espressioni facciali altrui considerato che vittime e terroristi non si guardano mai in faccia e dunque non può agire il meccanismo della proiezione in funzione adattativa per diventare empatia e cioè la capacità di mettersi nei panni di un altro e di comprenderne e valutarne il modo di sentire. Quindi diventa oggettivamente difficile se non impossibile durante l’elaborazione della strategia di gioco, intuire, a partire dal comportamento osservabile, quali sono le intenzioni e le rappresentazioni mentali dell’avversario.
“Ora tutto è finito sono spenti l’ingegno e l’odio. Una gran mano ci ha spazzato via, deboli e forti, savi, folli, e cauti, i bianchi e i neri alla rinfusa, esamini. Poi ci ha gettati con scroscio di ghiaia dentro la scatola buia di legno ed ha chiuso il coperchio. Quando un’altra partita? ” (Primo Levi)