Il decreto del ministro Valditara e i problemi veri della formazione degli insegnanti di sostegno ai portatori di disabilità a scuola
Tra le notizie che si possono leggere sui giornali di questi giorni, in attesa del prossimo anno scolastico, troviamo le proteste suscitate dall’approvazione del decreto con il quale il ministro Valditara, per affrontare la carenza di insegnanti di sostegno specializzati, equipara ai docenti qualificati con corsi frequentabili solo in presenza nelle principali università italiane , coloro che, alcune migliaia secondo il quotidiano il Tirreno, il diploma di TFA ( Tirocinio formativo attivo) lo hanno ottenuto in un’università straniera, spesso campus privati, abilitati e riconosciuti dal ministero in paesi come la Romania , la Spagna o l’Albania nei quali gli studenti con disabilità sono inseriti in classi differenziali e dove non esistono esperienze di tirocinio in un contesto di integrazione scolastica.
Una riflessione sulla formazione degli insegnanti di sostegno
Questa notizia ci porta a fare una riflessione più ampia su come una delle riforme più rivoluzionarie che l’Italia ha proposto al mondo, a fianco di quella psichiatrica della legge 180, sia stata poco curata nel tempo, se non ,in molti casi, abbandonata a se stessa. Eppure la storia della formazione in questo campo viene da lontano, proponendoci nomi ben noti a chi si sia occupato di scuola e disabilità, da Montessori a Montesano (fondatore della prima scuola di formazione Ortofrenica, come si chiamava allora) a De Santis, fondatore della Neuropsichiatria Infantile.
Com’è cambiata la formazione nel tempo
Le scuole di formazione ortofrenica, con un corso che durava due anni, hanno prodotto cultura e in alcune città, come Genova, hanno addirittura affiancato ed anticipato, per alcuni versi, le lotte antimanicomiali contro l’emarginazione. Anche in questo caso, di fronte al proliferare di scuole private, spesso non adeguate, si scelse di affidare il compito della formazione alle Università , riducendo la durata del corso , ma mantenendo centrale la formazione esperenziale attraverso i tirocini nelle scuole.
Naturalmente, a fianco delle riflessioni sulla formazione ci sarebbero tanti altri ragionamenti sugli investimenti scolastici necessari alla creazione di un contesto nel quale l’integrazione sia resa possibile, a partire dal numero degli alunni per classe e dal numero degli alunni portatori di un problema inseriti, ciò non toglie che le problematicità che esistono verranno esaltate da sanatorie riguardo alla formazione dell’insegnante di sostegno ,contribuendo alla mortificazione della sua professionalità.