Commento alla notizia “Poliziotto uccide familiari: inquirenti, aveva debiti di gioco”
Ritengo del tutto plausibile che le difficoltà economiche siano insufficienti a spiegare la tragica scelta del protagonista del fatto. In realtà, abbiamo diversi elementi che fanno ritenere strutturale il legame fra gioco patologico e pulsione suicida.
L’epidemiologia ci dice che i giocatori patologici hanno un rischio lifetime di suicidio pari al 20%.
Una notevole parte di essi presenta alterazioni della personalità rientranti in linea di massima nel cluster B, quello che include i tipi borderline, antisociale, istrionico, narcisistico, con tratti prevalenti di incostanza e inaffidabilità, tendenza a drammatizzare, instabilità emotiva, impulsività. E’ stato prospettato anche un collegamento con il disturbo dell’attenzione con iperattività. In ogni caso, si associano frequentemente sintomi ansioso – depressivi e uso di sostanze.
Ma quali sono le dinamiche che si attivano nel gioco patologico?
DOSTOEVSKIJ in quel romanzo breve o lungo racconto con aspetti autobiografici che è “Il giocatore” ci offre un insuperabile spaccato dello stato d’animo del giocatore incallito davanti alla roulette, e vale la pena offrirne alcuni stralci: “proprio lì si sarebbe immancabilmente prodotto un qualche mutamento radicale e definitivo nel mio destino. Sentivo che così doveva essere e così sarebbe stato…. La voglia come di sfidare la sorte, di darle uno schiaffo o mostrarle la lingua…. So soltanto che mi è indispensabile vincere; è questa la sola via d’uscita. E forse è proprio per questo che mi sembra che devo immancabilmente vincere…. Vorrà uscire o no quello zero maledetto? Non voglio più vivere se non lo vedo uscire… Non voglio più vivere se non mi rifaccio…. Insieme a quell’oro puntavo tutta la mia vita…. Totalmente dominato da una folle sete di rischio”.
Vissuti di onnipotenza dunque, in un drammatico e persino tragico chiaroscuro con l’inevitabile scacco dell’onnipotenza stessa: un gioco che può avere per posta la vita. L’atteso mutamento radicale e definitivo non ammette vie di mezzo: o l’apoteosi o la catastrofe. Si rinuncia a quella sicurezza che tutti noi abitualmente perseguiamo.
Il contesto è cambiato da allora: il gioco è oggi possibile anche a mezzo di strumenti come gli smartphone, che lo consentono nelle più diverse condizioni e in un contesto non gruppale come quello proprio del classico casino. Anche le macchinette di così largo uso, anch’esse impiegate in contesto asociale, hanno cambiato le cose: le varie stimolazioni quali l’esibizione di disegni e grafici e le risposte sonore sono inviti a giocare di più. Un altro aspetto specifico della attuale situazione è l’aumento dei rischi a probabilità ignote rispetto a quelli a probabilità note: nella roulette classica le probabilità sono ben note, poichè si sa quali siano le probabilità che un dato numero prescelto o una data combinazione esca (anche se un fraintendimento del calcolo delle probabilità può contribuire a illusioni pericolose); tutto questo, per quel poco che ne so, nei giochi automatizzati è difficile.
Queste differenze possono aumentare la diffusione del gioco patologico e la sua rischiosità; anche se lo scenario prevalente del gioco attuale è in apparenza meno drammatico di quello di una sala di casino, forse proprio per questo è ancora più insidioso e diffuso. Recenti ricerche fanno ammontare la prevalenza del gioco patologico a oltre il 4%; particolarmente delicato il capitolo riguardante gli adolescenti, esposti a questo rischio soprattutto se il nucleo familiare è disturbato.
Ma come in ogni evoluzione o involuzione storica, tutto cambia e tutto rimane uguale: credo non abbiamo motivo di pensare che le dinamiche di base del gioco patologico siano diverse da quelle di un tempo.