Vaso di Pandora

Educhiamo i giovani all’uso dello smartphone, non vietiamolo

Federico Tonioli, psicoterapeuta ed esperto nel campo, in un’intervista di oggi, disapprova recisamente la proposta di legge su un divieto di uso degli smartphone agli under 14: sarebbe deresponsabilizzante e di fatto alienante, e decisamente contrastante con gli orientamenti pedagogici ormai consolidati, contrari alle imposizioni e a rigide regole limitative.

Federico Tonioli sull’uso degli smartphone

Nello specifico del problema, sottolinea che virtuale non significa irreale: è anche un modo di interlocuzione e di inter-reazione con la realtà quotidiana, divenuto ormai importante. E’ un canale che non andrebbe ostruito. 

Concorda invece sulla necessità di intervenire sui social e specificamente sull’anonimato che  può aprire, ed ha aperto di fatto, la strada ad ogni nefandezza.

Personalmente mi sento totalmente d’accordo. Basta riflettere un momento: la nostra cultura come si è sviluppata è fatta anche, e forse soprattutto, di momenti di distacco dalla concreta realtà materiale e dal rapporto interpersonale diretto, in favore invece dell’informazione e del  simbolo; certo a detrimento dell’interazione emotivo – affettiva.   

Il distacco dalla realtà è sempre esistito

È quanto accade quotidianamente quando leggiamo o scriviamo: attività, se non sbaglio, non proprio nuove. E ciò non toglie che anche tali attività, assolutamente fondamentali, abbiano dato luogo a eccessi e a forme di alienazione: ci sono i topi di biblioteca, e per un personaggio di Pirandello vivere voleva dire leggere, il mondo era solo quello descritto nei libri. 

Naturalmente, il parallelo non va spinto fino in fondo: i nuovi mezzi sono particolarmente pervasivi, suggestivi, seduttivi anche perché, a differenza di lettura e scrittura, non richiedono un faticoso ed educativo apprendistato. Quindi gli eccessi tendono ad essere più frequenti di quello pirandelliano e soprattutto interessano in larga misura i giovani.

Le alternative allo smartphone

Più che divieti, potrebbe funzionare la disponibilità di alternative nella vita “reale”: sport, svaghi, socialità: il dare – soprattutto ma non soltanto, ai giovani – concrete e attrattive possibilità di scelta.  

Anche quanto ai social, pienamente d’accordo, non deve esistere la deresponsabilizzazione del poter scrivere qualsiasi cosa senza metterci la faccia. Perché non si fa nulla per rendere tracciabili gli autori (con la minuscola)? Difficoltà tecniche o qualche interesse dei gestori?

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