Definiamo disturbo da lutto prolungato – o, più correttamente, disturbo da lutto persistente e complicato – una condizione di dolore inusuale, a causa della sua lunga durata. Tutti siamo a conoscenza di che cosa significhi una perdita. Nel momento in cui viene a mancare una persona alla quale eravamo uniti, e particolarmente legati, soffriamo molto. Si tratta di una eventualità inevitabile. Le emozioni ci rendono umani e la scomparsa di un caro ci ferisce e fa stare male, anche in maniera profonda. Nel caso di questo disturbo, troppo profonda.
Elaborare e saper accettare un lutto
Le manifestazioni tipiche del lutto, ovvero le peculiari sensazioni che lo accompagnano, sono generalmente tristezza, senso di colpa, invidia, rabbia, angoscia e depressione. Ruminazioni e insistenti riflessioni relativamente a cause, circostanze e conseguenze della perdita contribuiscono ad aumentare il malessere. La durata del periodo di lutto è variabile. Vi sono infatti alcune incognite che rendono ogni singola situazione differente e particolare. Tendenzialmente, la fase peggiore, più acuta del lutto, dura da alcuni giorni (una settimana o poco più) a qualche mese (intorno ai 70 giorni scarsi, poi generalmente il dolore si riassorbe e la perdita viene metabolizzata). Nel caso di persone affette da disturbo da lutto prolungato, questa finestra si allunga, in maniera più che considerevole.
Quando muore una persona a noi vicina, proviamo un trauma. Questo vale per ogni essere umano. Anche la persona meno sensibile e più distaccata dagli affetti si sentirà in questo modo, quando perderà un proprio caro. Certo, non tutti lo diamo a vedere e qualcuno gestirà in maniera più neutra e fredda il proprio dolore, ma nessuno potrà dire di non provarne, in una simile circostanza. Quando siamo in lutto, ci troviamo in uno stato di alterazione del nostro benessere psico-fisico. Solitamente, attraversiamo diverse fasi, caratterizzate da specifici aspetti cognitivi ed emotivi. Questi vanno da una iniziale negazione dell’evento, caratterizzata da angoscia profonda, tristezza e ansia. A queste sensazioni associamo mancanza di motivazione, almeno fino alla progressiva accettazione della perdita. Da questa fase in avanti, iniziamo gradualmente a recuperare abitudini quotidiani e relazioni.
Lutto e disturbo da stress post-traumatico
Ogni persona attraversa le fasi del lutto, successive alla scomparsa di un proprio caro, in modo diverso. La forma della manifestazione del dolore è individuale. L’elaborazione della perdita è un’esperienza estremamente soggettiva e mutevole. Si tratta di un iter normale e fisiologico. Sorge però un problema, anche serio, quando ciò non avviene nei tempi e modi consueti. Se la persona continua a manifestare gli stati angoscianti dei primi periodi anche con il passare del tempo, magari accusando disturbi del sonno – e condotte pericolose – come uso di alcool o droghe, ci troviamo di fronte a qualcuno che stia convivendo con il disturbo da lutto prolungato. Nei casi più gravi, alla perdita possono conseguire reazioni emotive molto simili a quelle del disturbo da stress post traumatico. È proprio per questo motivo che, fino a qualche anno fa, quando la condizione su cui siamo concentrati era poco nota, le due condizioni venivano spesso confuse o sovrapposte.
Come si manifesta il disturbo da lutto prolungato
Per arrivare a una diagnosi di disturbo da lutto prolungato si cercano i sintomi nella persona che ha perso il proprio caro. Come segnala lo stesso aggettivo, parliamo di questa condizione soltanto se i segnali tipici del lutto permangono dopo diverso tempo dal decesso. I terapeuti hanno stabilito due soglie, superate le quali si può parlare di stato persistente e prolungato. Esse si devono all’età dell’interessato. Nei bambini, l’intervallo considerato preoccupante è pari a 6 mesi. Negli adulti a 12. Se dopo un simile periodo di tempo colui, o colei, che ha perso un proprio caro manifesta almeno uno dei sintomi correlati, si può diagnosticare il disturbo. I segnali cui si presta attenzione sono i seguenti:
- nostalgia continua e desiderio persistente di trascorrere tempo con la persona deceduta;
- intenso dolore emotivo e tristezza prolungata;
- preoccupazione per il deceduto e reminiscenze delle circostanze della morte;
- marcata difficoltà nell’accettazione della scomparsa;
- amarezza, rabbia e/o autocolpevolizzazione relativamente al decesso;
- incredulità e torpore;
- evitamento di persone, luoghi o circostanze legate a chi sia scomparso;
- difficoltà a ricordare elementi positivi relativi a chi non c’è più o al rapporto tra esso e chi conviva con il disturbo da lutto prolungato;
- sensazione di solitudine immotivata e/o difficoltà incomprensibile nel provare fiducia verso gli altri;
- percezione di una vita priva di senso, vuota e impossibile di affrontare senza la presenza del proprio caro o della propria cara;
- confusione circa la propria identità e il proprio scopo;
- compromissione della vita sociale, lavorativa o relazionale;
- difficoltà di pianificazione per il futuro;
- problemi nel riprendere a perseguire i propri interessi come prima;
- desiderio di morte per potersi sentire vicini a chi è già scomparso.
Una volta riconosciuto il disturbo da lutto prolungato, occorre affrontarlo di petto. La strategia è differente di persona in persona e va stabilita in collaborazione con uno specialista. L’obiettivo sarà comunque sempre quello di andare a tagliare quella sorta di cordone ombelicale che collega ancora chi convive con questa condizione al proprio caro scomparso da qualche tempo.