Vaso di Pandora

Danza Movimento Terapia & adolescenza

Esperienza di gruppo nella Comunità Terapeutica Riabilitativa Tuga 1

1. La DanzaMovimentoTerapia in Adolescenza

L’adolescenza rappresenta il periodo di transizione dall’infanzia all’età adulta ed è proprio in questa fase della vita che avvengono numerosi cambiamenti a livello fisico, psicologico, emotivo e sociale.
È un periodo caratterizzato da tensioni contrastanti, potenzialità molteplici e coesistenti modi di essere in cui l’adolescente tenta di comporre in modo armonico le diverse linee di sviluppo verso l’acquisizione di uno soddisfacente stato adulto.

Winnicott afferma che “l’adolescenza è una scoperta personale e ogni soggetto in questo periodo evolutivo è impegnato in un’esperienza, quella di vivere e, in un problema, quello dell’esistere (1).

Il mezzo che maggiormente esprime questi cambiamenti è rappresentato dal corpo, sede dei conflitti e dei turbamenti, terra dove risiedono le emozioni contrastanti e le paure del cambiamento. L’immagine corporea dell’adolescente non è più quella dell’infanzia, eppure è lontana da quella del corpo adulto: si tratta di una fase di transizione che tende a generare tensione nell’adolescente, il quale si ritrova a dover fare i conti con le trasformazioni legate alla perdita del corpo infantile.

Il corpo rappresenta uno degli elementi principali per la costruzione della propria identità, il primo oggetto di attenzione, l’elemento che proietta e presenta il mondo interiore all’esterno. Galimberti in tal senso afferma che “il corpo non esiste nella realtà come qualsiasi altro oggetto; il corpo è al mondo come quella apertura originaria in cui sono possibili sensi e significati, e chiamiamo questa apertura originaria che procede ogni distinzione fra soggetto e oggetto, tra interiorità ed esteriorità, tra conscio ed inconscio: presenza (2).
È questo il motivo per cui reputo importante che l’adolescente riesca ad entrare in familiarità con il proprio corpo, accettandone e valorizzandone la stessa immagine. In una fase della vita caratterizzata da insicurezze e cambiamenti, il lavoro verso la percezione, l’ascolto e la consapevolezza del corpo può rappresentare un valido strumento verso un rapporto meno distruttivo con il proprio corpo.

Una terapia di evidente efficacia, che ha tra gli obiettivi la capacità di osservare il proprio corpo e di apprezzarlo nella sua bellezza e semplicità, scoprendone i limiti e le potenzialità, è la DanzaMovimentoTerapia.

La DanzaMovimentoTerapia permette alle persone che ne usufruiscono una possibilità di positiva ricerca del benessere e dell’evoluzione personale, rappresenta un trattamento specifico di una pluralità di manifestazioni della patologia psichica, somatica e relazionale. Come racconta l’Apid (3), la DanzaMovimentoTerapia si è sviluppata nel continente americano, in Europa e in altre parti del mondo, diversificandosi in una pluralità di modelli e orientamenti teorici, tecnici e applicativi.

Nel nostro paese le prime esperienze, sin dall’inizio presenti anche in ambito istituzionale, risalgono agli anni settanta. Da quell’epoca molta strada è stata percorsa, ad opera di numerose Associazioni e Scuole di Formazione.

“La DanzaMovimentoTerapia mira a ristabilire l’unità tra corpo e psiche, implica il prestare attenzione ai segnali che provengono dal corpo e quindi la capacità di osservarli, interpretarli e riprodurli, in un contesto completamente diverso, dove assumono il valore di messaggi simbolici, con movimenti che comunicano effettivamente le emozioni e nei quali ci si può riconoscere e farsi riconoscere”(4).

A questo proposito la DanzaMovimentoTerapia può rappresentare per gli adolescenti uno strumento di cura piacevole, ludico e comunque di evidente efficacia, che utilizza il linguaggio del corpo laddove vi sia difficoltà ad esprimere il proprio disagio attraverso le parole. Il nostro corpo rappresenta chi siamo, saper cogliere i segnali che provengono dal corpo rappresenta il punto di partenza del lavoro all’interno del processo di cura. Può capitare che le persone con cui lavoriamo abbiano difficoltà ad esprimersi: è nostro dovere cercare di raccogliere i messaggi provenienti dalla comunicazione non verbale e saperli interpretare in una visione del corpo come “testo”, metafora, potente forma simbolica (5).

2. Presentazione dell’esperienza

L’esperienza di gruppo che sto attualmente portando avanti presso la Comunità Terapeutica Riabilitativa Tuga 1 che ospita ragazzi adolescenti, nasce a seguito delle riflessioni da me precedentemente esposte e dalla mia attuale formazione come DanzaMovimentoTerapeuta presso la Scuola di Formazione Professionale in DanzaMovimentoTerapia Espressivo e Psicodinamica di Genova (6).

All’interno degli incontri il mio obiettivo principale è quello di offrire uno spazio nel quale gli adolescenti possano connettersi con i loro stessi corpi, farne esperienza in un modo nuovo e utilizzarlo come punto di partenza per poter accedere in un secondo momento ad emozioni più profonde. Il principale strumento è quindi rappresentato dal corpo, potente fattore di cambiamento, porta di accesso immediata del “sentire”, ma allo stesso tempo elemento contenitivo e unificatore.

La parola chiave che mi ha accompagnata nei primi passi di questa esperienza è “accoglienza”: ho provato a costruire con i ragazzi un setting dinamico, ludico e creativo che potesse suscitare in loro curiosità, ma allo stesso tempo potesse trasmettergli sicurezza, serenità e contenimento; ho cercato di renderli protagonisti e di valorizzarli sin dal primo incontro, modificando anche le mie proposte in relazione ai loro personali interessi.

A questo proposito, un elemento che è a stato a mio parere decisivo, è stato la scelta di musiche moderne e attuali nelle quali essi stessi potessero ritrovarsi e identificarsi.

Un altro strumento che ha contribuito in modo significativo al mio lavoro è stato l’utilizzo di alcuni materiali che si sono rivelati per i ragazzi un elemento di curiosità e di scoperta continua, un mezzo mediatore con il quale “giocare” e lavorare insieme.
Tra questi, in particolare, un semplice telo elastico e colorato, che ci ha permesso di lavorare sul tema della cura e che è presto diventato il “rituale di chiusura” dei nostri incontri. Dai materiali più semplici come il telo elastico, siamo passati poi all’utilizzo di piccoli strumenti musicali. Il gruppo si svolge tutti i giovedì pomeriggio all’interno della sala attività della Comunità e vede coinvolti i ragazzi non impegnati in altre attività esterne. A seguire illustrerò brevemente la Metodologia Applicata, gli Obiettivi, le Tecniche e la Teoria della Tecnica da me utilizzate per questo progetto.

2.1 Metodologia Applicata

La Metodologia prescelta fa riferimento principalmente al modello di DanzaMovimentoTerapia Espressiva e Psicodinamica di Cinzia Saccorotti (7).

Tale metodologia, che nasce intorno agli anni ’90 in seguito all’attività di ricerca, scambio e riflessione all’Aidep (8), presenta una propria complessità e autonomia offrendo una struttura solida all’interno della quale operare con un alto grado di flessibilità ed esplorazione.

Questo modello è fortemente influenzato dalla psicodinamica, teoria basata sulla conoscenza delle dinamiche inconsce, la comprensione e l’elaborazione dei vissuti intrapsichici ed interpersonali.

L’aspetto espressivo ed antropologico è invece portato dall’approfondimento nell’ambito di Expression Primitive, fondato da Herns Duplan, danzatore e musicista haitiano, e successivamente reinterpretato da France Schott-Billmann, psicanalista e danzaterapeuta francese. In Expression Primitive la danza propone l’immagine del corpo come esperienza individuale ma allo stesso tempo collettiva. Un paradosso dato dal fatto che il corpo, pur rappresentando un punto di incrocio e sintesi dinamica di gruppi che lo attraversano, è un luogo unico e singolare, spazio della persona.

Expression Primitive “racchiude la possibilità di utilizzare la risorsa prima, il corpo, nutrirsene, per esprimersi dal punto zero all’infinito. E cioè dal minimo necessario al massimo delle proprie possibilità” (9).

Laddove la psicodinamica rappresenta il contenitore teorico, l’utilizzo del movimento e dell’espressività rappresentano uno strumento di elaborazione emotiva, istanze trasformatrici che danno origine al processo creativo.
L’utilizzo dell’ipotesi processuale del movimento permette di individuare quattro contenitori, funzioni tendenziali del movimento, che possano orientarci nel processo terapeutico dalla fase della valutazione ed osservazione iniziale al raggiungimento degli stessi obiettivi.

Le quattro tipologie di movimento possono essere così brevemente riassunte:

• Movimento Abituale: spontaneo, automatico, abitualmente inconscio;
• Movimento Primitivo: arcaico, totalmente inconscio, universalmente condiviso;
• Movimento Tecnico: si riferisce a qualità tecniche precise (danza, arti marziali..);
• Movimento Creativo: simbolico, conscio, elicitato da esperienze creative.

Le diverse tecniche utilizzate dal DMT possono utilizzare uno o più tipologie di movimenti a seconda degli obiettivi che vi sono prefissati.
L’obiettivo terapeutico in modo simbolico è rappresentato dal contenitore del Movimento Creativo in quanto significativo dell’armoniosità e della completezza espressiva dell’essere umano.

Per arrivare a questo sono state identificate tre fasi fondamentali del percorso:

1. Accoglienza e Osservazione
2. Comprensione empatica e scelta degli obiettivi
3. Trasformazione

Queste fasi rappresentano contenitori flessibili che ci permettono di tendere verso il processo creativo in un’ottica di trasformazione, amplificazione e creazione di risorse vitali.
All’interno di ogni fase le sedute stesse sono generalmente suddivise in quattro parti: rituale di inizio, riscaldamento, parte centrale e rituale di chiusura.

Tale modalità permette ai ragazzi di conoscere la struttura della seduta, elemento prevedibile e quindi rassicurante, ma allo stesso tempo di lavorare sull’esplorazione di contenuti sempre nuovi o in evoluzione.

2.2 Obiettivi

Uno dei primissimi obiettivi che mi sono posta, ancor prima di cominciare questa nuova esperienza, è stato quello di creare insieme ai ragazzi un ambiente che potesse permetterci semplicemente di “stare”.

“Stare” insieme a condividere uno spazio, per un tempo definito, uno spazio ludico, di condivisione, ascolto e non giudizio. Far sì, almeno inizialmente, di riuscire semplicemente a intrattenerli in un’attività nuova e così diversa che potesse comunque entusiasmarli.

Parallelamente mi sono posta degli obiettivi specifici sui quali lavorare:

1. Attivazione e stimolazione del corpo con coinvolgimento progressivo di tutti i distretti corporei, aumentando la mobilità articolare, la funzione cardiocircolatoria, la coordinazione e la capacità di controllo del movimento analitico dei vari settori;
2. Acquisizione di una maggiore consapevolezza corporea, esplorazione del corpo legata ai limiti e alle risorse personali, sensibilizzazione del corpo e percezione positiva del proprio sé corporeo;
3. Attenzione al gruppo e alla dinamiche prevalenti: lavoro sui diversi stili di relazione e sulla comunicazione non verbale;
4. Accrescere la dimensione della responsabilità verso se stessi ed il gruppo. Utilizzo di feedback positivi e correttivi;
5. Sperimentare l’utilizzo della forza, canalizzando l’energia e utilizzando l’aggresività in modo positivo, in un ambiente capace di contenere forti pulsioni;
6. Esplorazione dello spazio, ricerca di uno spazio personale dove poter “stare” con il proprio corpo e incontrare l’altro;
7. Materializzazione e ritualizzazione del tempo, ricerca e lavoro sul ritmo;
8. Esplorazione delle diverse qualità del movimento: flusso, peso, tempo e spazio;
9. Stimolazione della creatività individuale e della capacità di “riorganizzare” esteticamente la danza creata tramite la realizzazione di un prodotto.

2.3 Tecniche utilizzate e Teoria della Tecnica

Ogni proposta da me presentata durante le sedute prevede una specifica tecnica. A sua volta ogni tecnica contiene al suo interno una teoria della tecnica che rappresenta “l’elemento che nutre una continua, fertile, costante riflessione sulla nostra prassi” (10).
Le diverse proposte vengono adattate in modo flessibile e dinamico all’interno della seduta stessa, anche a seconda del feedback ricevuto dal gruppo.

Ho deciso di raccoglierle e spiegarle brevemente nell’ordine in cui vengono presentate all’interno della seduta, dal rituale di inizio a quello di chiusura. Mi soffermerò su quelle da me maggiormente utilizzate e che ritengo siano più funzionali al raggiungimento dei miei obiettivi.

Il rituale di inizio rappresenta il momento di apertura della seduta ed ha la funzione principale di accogliere ed aprire il canale comunicativo. Nonostante i ragazzi conoscano i rispettivi nomi, ho deciso di utilizzare un rituale di inizio in cerchio che preveda che, associato ad un ritmo o ad un movimento, ognuno dica il proprio nome e a seguire quello dell’altro. L’assetto circolare mi consente la costruzione di uno spazio rituale che favorisca la comunicazione attraverso un codice simbolico condiviso e mi permette di lavorare sull’appartenenza e sull”apertura del canale comunicativo. Allo stesso tempo il cerchio rappresenta un elemento contenitivo e rassicurante. L’enunciazione del proprio nome e di quello degli altri partecipanti favorisce l’espressione del singolo in un’ottica di unicità ed individuazione all’interno di una dimensione gruppale ed il riconoscimento e la valorizzazione dell’altro.

L’utilizzo del ritmo permette infine di cominciare a lavorare sulla materializzazione del tempo evocando dimensioni regressive ma allo stesso tempo favorendo la circolazione di energia vitale.

Spesso, durante il rituale di apertura, ho introdotto alcuni oggetti da me utilizzati in seguito nella parte centrale, con la finalità di suscitare curiosità e ludicità ma soprattutto di introdurre il lavoro successivo favorendo un primo contatto con il materiale da me prescelto.

Dopo il rituale di inizio ha inizio il Riscaldamento, con la funzione generale di risvegliare il corpo e prepararlo alla parte centrale della seduta. Il Riscaldamento da me principalmente utilizzato, anche grazie all’entusiasmo mostrato dai ragazzi stessi nel praticarlo, è il Riscaldamento Imitativo (11).

Il Riscaldamento Imitativo (12) prevede che i partecipanti siano disposti frontalmente al conduttore, la consegna è quella di “imitare” a specchio i movimenti proposti. La configurazione dello spazio può in seguito subire variazioni: il gruppo può essere portato in ordine sparso o assumere configurazioni spaziali come il cerchio e la fila.

Inoltre, dopo il conduttore, sono gli stessi ragazzi a condurre il riscaldamento (Imitativo a conduzione multipla).
La Teoria della Tecnica di questo riscaldamento è legata in primis all’imitazione, processo di apprendimento primitivo che permette il “lasciarsi andare” attraverso e dentro la struttura proposta amplificando contemporaneamente la possibilità di interpretazione personale.

Inoltre stimola la reattività, la capacità e la velocità di reazione motoria allo stimolo visivo ed educa all’ergonomia del movimento. L’obiettivo principale di questo riscaldamento è di “evocare, attraverso i movimenti e la loro qualità, il contatto con particolari “aree emotive” o con particolari fasi e/o momenti, bisogni che si attraversano nell’evoluzione umana e il contatto con dimensioni transpersonali mitologiche collettive”(13). Nelle sedute iniziali ho deciso di coinvolgere principalmente aree emotive legate a sentimenti piacevoli quali la gioia, la tenerezza e l’affetto. Questo mi ha permesso di creare un clima positivo e rassicurante. Nel corso delle successive sedute ho inserito emozioni come l’aggressività, la competizione e la forza. Altre tecniche che caratterizzano questo riscaldamento sono la progressione, continuità, ripetitività e archetipicità del movimento e il rispecchiamento corporeo.

Quest’ultimo è un fenomeno che si manifesta a livello gruppale: guardo gli altri per vedere me stesso, sugli altri metto cose e scene del mio mondo interno per poterle vedere.

A seguito del riscaldamento imitativo e in varie occasioni anche all’interno dello stesso, utilizzo un riscaldamento che predilige movimenti tecnici, derivante dalla mia esperienza come danzatrice. Questo lavoro mi permette di lavorare sullo schema motorio, sul tono musolare e sull’equilibrio. Ai ragazzi vengono proposti movimenti specifici che seguono un preciso schema funzionale e che devono quindi essere eseguiti in modo corretto. All’interno di quest’ultimo posso inserire l’automassaggio e il massaggio reciproco in coppie o in piccoli gruppi, in alcuni casi da me proposto anche come chiusura della seduta. La valenza è quella di stimolare un livello propriocettivo ed analizzare il proprio corpo e quello degli altri ricercando anche una sensazione di piacevole benessere e rilassamento.

Al riscaldamento segue la Parte Centrale, durante la quale propongo diversi esercizi a seconda degli obiettivi sui quali voglio lavorare in quella seduta. Elencherò brevemente i lavori da me proposti più di frequente e che spesso riscontrano anche maggiore interesse e partecipazione all’interno del gruppo dei ragazzi stessi:

• Danza libera intervallata da stop: prevede la consegna da parte del conduttore di improvvisare una danza libera a ritmo di musica e arrestarsi in una posizione di immobilità a seguito dell’interruzione della musica o del battito di tamburo.
Questo permette, nel momento di immobilità, l’appropriarsi di una forma che canalizza l’energia, regola il livello di tensione e contiene le pulsioni. Consente di mettersi in contatto con il proprio corpo e con le sensazioni esterne ed interne che ne derivano e richiede il prestare attenzione all’esterno e agli altri. Inoltre, la danza libera, ha la funzione di stimolare la creatività del singolo individuo e del gruppo.

• Esplorazione delle diverse qualità del movimento: attraverso la guida del conduttore i ragazzi sperimentano diverse qualità del movimento: il flusso libero o trattenuto, il peso leggero o pesante, il tempo improvviso o veloce e lo spazio diretto o indiretto. Spesso utilizzo delle immagini per facilitare l’accesso alla specifica qualità del movimento (ad es. “leggero come una farfalla”).
La Teoria della Tecnica risiede nella possibilità di contattare le diverse qualità del movimento sperimentando quelle più vicine al proprio essere, identificando e osservando quelle utilizzate più frequentemente nella vita quotidiana. Permette di fare esperienza e analizzare il movimento secondo la Laban Movement Analysis (14) che identifica l’effort come la modalità con la quale ciascuna persona utilizza la propria energia cinetica esprimendo così l’attitudine interna nei confronti del flusso, del peso, del tempo e dello spazio. Il flusso rappresenta il fattore emozionale, il peso il fattore dell’intenzione, il tempo dell’intuizione e infine lo spazio dell’attenzione e del pensiero.

• Lavoro sul ritmo: il tempo è “inafferrabile, è caos, è il nulla, senza forma nè volume fino alla sua materializzazione in pulsazione, che gli conferisce un contenuto leggibile e codificabile. La denominazione minimale della materializzazione del tempo nello spazio è una pulsazione, la vita nella sua più semplice espressione” (15).
• La pulsazione permette, grazie al suo ciclo perfetto (appare, vive, scompare) di ripetersi a intervalli regolari, fissare il tempo e dargli una consistenza. Il ritmo, che si può tenere in differenti modalità, è contemporaneamente sia fonte esterna, che invita a muoversi e che spinge alla differenziazione, sia un battito che proviene dall’interno come il cuore, rassicurante, che contiene e unisce tutti ricordando la perduta fusionalità. Queste due funzioni sono riconducibili alle funzione paterna e materna.
A partire da queste considerazioni, ritengo che lavorare sulla materializzazione del tempo sia un fattore utile e necessario all’interno di una seduta di DanzaMovimentoTerapia. Tra le mie proposte chiedo ai ragazzi di materializzare il tempo in differenti modalità: dall’utilizzo di diverse parti del corpo, all’utilizzo di piccoli strumenti musicali. Questi esercizi si sono rivelati per loro, oltre che divertenti, utili e fondamentali per contattare il corpo nel qui ed ora: il corpo esiste ed è collocato in un punto ben preciso dell’universo.
La sincronizzazione delle diverse parti nel ritmo permette di percepire il corpo in modo unificato e non solo: il corpo unificato funge da contenitore canalizzando le forti pulsioni.
“L’appropriazione di forme che canalizzano l’energia, mantengono e regolano il livello di tensione, contengono le pulsioni, proteggono dagli eccessi emozionali, impediscono l’esplosione” (16). In una fase dirompente come quella dell’adolescenza questo lavoro di canalizzazione delle energie può rappresentare una risorsa utile e imprescindibile.

• Utilizzo di materiali che fungono da oggetti mediatori: tramite l’utilizzo di un oggetto intermediario ho proposto numerose tecniche a seconda della tipologia del materiale stesso e dell’interazione che desideravo creare.
L’ uso dell’ oggetto mediatore ha una duplice funzione: “conoscere un’ esperienza attraverso i sensi e sentire, attraverso l’ oggetto che media, le emozioni che si provano, i limiti, l’ affettività, la dolcezza e l’ aggressività, comunicandole attraverso la danza” (17).
Da subito ho osservato come gli oggetti favorissero l’instaurarsi di un clima di gioco, complicità ma anche competizione ed esplorazione di stili relazionali. L’oggetto mediatore infatti può essere utilizzato dalla singola persona, ma anche dalla coppia, dal piccolo o dal grande gruppo. Le proposte da me presentate sono molteplici: dalla danza creativa individuale con l’oggetto, alla danza che stimola la relazione interpersonale duale fino alla danza libera di gruppo legata in qualche modo dall’oggetto mediatore. Ogni oggetto ha delle caratteristiche specifiche che derivano dalla materia dalla quale è composto, che può indurre nel corpo differenti sensazioni e qualità di movimento.
L’oggetto mediatore che uso più frequentemente è il telo elastico. Il lavoro con il tessuto del telo ha la funzione di sensibilizzare il sistema della pelle, conferire leggerezza ed elasticità. Il telo è utilizzato dai ragazzi per creare movimenti e brevi danze individuali, per “vestire” se stessi e gli altri creando delle forme, per facilitare la relazione ed il contatto interpersonale.

• Creazione di piccole sequenze di movimenti: questa tecnica prevede la consegna di creare dei movimenti sulla base di una parola chiave o di un tema precedentemente proposto. I movimenti creati dal singolo, dalla coppia o dal gruppo vengono poi presentati al terapeuta e lavorati in modo dinamico. Ad esempio possono essere ripetuti in sequenza più o meno velocemente, utilizzando diversi dinamismi processuali (18). Tra questi la Ripetizione, la Delimitazione e l’Amplificazione. La Ripetizione consente di interiorizzare il movimento ed avere maggiore consapevolezza di ciò che ci attraversa a livello emotivo sui livelli individuali, interpersonali e transpersonali. La Delimitazione ci permette di definire l’inizio e la fine del movimento così che quest’ultimo possa assumere una forma chiara e definita, un suo senso e significato. Infine l’Amplificazione, con la consegna di amplificare il movimento nello spazio, ci consente di “lasciare andare” il movimento in un flusso più libero e sentito. Spesso, dopo la creazione delle piccole sequenze di movimenti, propongo anche la tecnica della Riorganizzazione Coreografica.

• Riorganizzazione Coreografica: prevede la consegna di rendere il movimento “danza e coreografia”. Con i ragazzi utilizzo la metafora del palcoscenico: “chiudiamo il sipario, dovete creare qualcosa che poi rappresenteremo al pubblico tra poco, quando il sipario si riaprirà..”.
La Teoria della Tecnica ci insegna come “il gioco delle immagine simboliche evocate sposta l’accento dal personale al transpersonale, costruisce un “luogo” estetico transizionale, contenitivo. Incorpora le logiche emotive, riproponendole attraverso il movimento, che costruisce “forme” nella dialettica tra spazio, corpo, tempo (19).

Infine abbiamo il rituale di chiusura che ha la funzione di chiudere la seduta in un’atmosfera accogliente e partecipativa.
A seguito dell’entusiasmo mostrato dai ragazzi rispetto al telo elastico, quest’ultimo ha rappresentato per molte sedute l’oggetto mediatore protagonista del cerchio finale. Ogni ragazzo ha il compito di tenerlo ad un’estremità a formare un cerchio, il telo funge così da facilitatore della relazione. A turno ognuno mostra la sua danza sotto il telo, in vari livelli dello spazio. Nel frattempo le persone che tengono il telo dall’esterno rappresentano gli occhi rassicuranti che osservano, apprezzano, valorizzano e incitano la danza. La singola danza termina con la persona che si “accuccia” sotto il telo e immobile viene ringraziata con delle “carezze” da resto del gruppo e dal conduttore. A turno eseguiranno tutti a turno la loro danza.

3. Conclusioni

L’esperienza da me presentata nasce a seguito di tante riflessioni e domande che mi pongo quotidianamente nel lavoro con gli adolescenti e nella mia esperienza come DanzaMovimentoTerapeuta in formazione. Il lavoro che ho descritto vuole contenere solo le prime riflessioni di un percorso da poco cominciato, che sicuramente porterò avanti all’interno della CTR Tuga 1 poiché è forte in me la convinzione che la DanzaMovimentoTerapia rappresenti davvero un valido strumento di cura.
Sostengo infatti che essa possa costituire una risorsa terapeutco-riabilitativa importante per il lavoro con gli adolescenti, soprattutto se inserita all’interno di un processo di cura integrato capace di tenere conto della soggettività del singolo, dagli aspetti più patologici, alle implicazioni sociali e culturali fino a ciò che ritengo ancora più importante: le potenzialità e la creatività di ognuno.

“Il paradosso del corpo è che esso è, per eccellenza, la definizione dell’alterità, l’immagine di una cultura, di una etnia, di una appartenenza gruppale ma contemporaneamente il corpo è l’elemento più arcaico e più universale dell’uomo (20).

Note

(1) Winnicott D. W.: “La capacità di essere solo, in sviluppo affettivo ed ambiente” – Armando Roma
(2) Galimberti U.: “Il corpo” – Feltrinelli – Milano 1982
(3) Associazione Professionale Italiana DanzaMovimentoTerapia; Cfr www.apid.it
(4) Gajani D., 1995, “Disagio di sé, esperienza di sé. Dancetherapy”, in Progetto Uomo-Musica, 7
(5) Cfr. http://www.laboratoriosociologiavisuale.it/
(6) Responsabile Didattico Dr.ssa Cinzia Saccorotti, Genova
(7) Saccorotti C. , Materiale didattico della Scuola di Formazione Professionale in Danzamovimentoterapia Espressiva Psicodinamica, 2004
(8) Associazione Italiana DanzaMovimentoTerapia Espressiva e Psicodinamica
(9) Duplan H. , Expression Primitive in Mustacchi, C., Nel corpo e nello sguardo, Unicopli, 2001
(10) Saccorotti C. , Materiale didattico della Scuola di Formazione Professionale in Danzamovimentoterapia Espressiva Psicodinamica, 2015
(11) Messo a punto da Saccorotti C. , cfr Materiale didattico della Scuola di Formazione Professionale in Danzamovimentoterapia Espressiva Psicodinamica, 2015 (In corso di stampa)
(12) Saccorotti C. , cfr Materiale didattico della Scuola di Formazione Professionale in Danzamovimentoterapia Espressiva Psicodinamica, 2015 (In corso di stampa)
(13) Saccorotti C. , Materiale didattico della Scuola di Formazione Professionale in Danzamovimentoterapia Espressiva Psicodinamica, 2015 (In corso di stampa)
(14) Sistema di analisi “qualitativa” del movimento introdotto da R. LABAN tra il 1920 e il 1940
“Arte e Movimento”
(15) Duplan H. (2001)
(16) Bellia V. (2000) Danzare le origini, Edizione Magi, Roma, 2007
(17) Peserico M. , Danzaterapia, Carocci Faber, Roma, 2004, pp. 172-173.
(18) Saccorotti C., Materiale didattico della Scuola di Formazione Professionale in Danzamovimentoterapia Espressiva Psicodinamica, 2015 (In corso di stampa)
(19) Saccorotti C., Materiale didattico della Scuola di Formazione Professionale in Danzamovimentoterapia Espressiva Psicodinamica, 2015 (In corso di stampa)
(20) Saccorotti C., Monteverde M. , “ Viaggio dentro gli Dei: le potenzialità terapeutiche del rituale ” Atti del Convegno “ Un faro nel mare” . Viaggio attraverso il corpo: dmt, culture e intercultura- Edizioni Erga Genova, 2006

Bibliografia

Bellia V. , “Danzare le origini”, Edizione Magi, 2007
Galimberti U.: “Il corpo” – Feltrinelli – Milano 1982
Gajani D. , “Disagio di sé, esperienza di sé. Dancetherapy”, in Progetto Uomo-Musi, 1995
Duplan H. , “Expression Primitive” in Mustacchi, C., “Nel corpo e nello sguardo”, Unicopli, 2001
Peserico M. , Danzaterapia, Carocci Faber, Roma, 2004
Saccorotti C. , Materiale didattico della Scuola di Formazione Professionale in Danzamovimentoterapia Espressiva Psicodinamica, 2015
Saccorotti C. ,
Saccorotti C., Monteverde M. , “ Viaggio dentro gli Dei: le potenzialità terapeutiche del rituale ” Atti del Convegno “ Un faro nel mare” . Viaggio attraverso il corpo: dmt, culture e intercultura- Edizioni Erga Genova, 2006
Winnicott D.W.: “La capacità di essere solo, in sviluppo affettivo ed ambiente” – Armando Roma

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