Vaso di Pandora

Terapia espositiva: cavalcare i trigger per rompere il ciclo della dipendenza

Immagina un ex alcolista che passa davanti al bar dove ha trascorso anni della sua vita. La visione del bancone, le risate degli amici e il tintinnio dei bicchieri risvegliano in lui un desiderio travolgente, quasi incontrollabile. Questo è il potere dei “cue”, gli stimoli ambientali che riaccendono il craving e minacciano di farlo ricadere nelle pregresse malsane abitudini. La terapia espositiva o per fare i moderni la “Cue exposure therapy (CET)” è uno strumento potente e scientificamente validato per aiutare le persone a riprendere il controllo della propria vita, affrontando i trigger e i rinforzi ambientali. 

Cue exposure therapy: come funziona

La CET è una tecnica psicoterapeutica comportamentale che espone gradualmente i pazienti agli stimoli associati alla dipendenza, che siano essi oggetti, luoghi o situazioni, senza permettere di cedere al comportamento abituale. Ogni sessione è un viaggio guidato e condiviso tra terapeuta e paziente, un momento in cui si costruisce fiducia e si lavora insieme per “spegnere” l’associazione condizionata tra il cue e il comportamento problematico. Questo processo tende a ridurre progressivamente il craving e aumenta la capacità di resistere agli impulsi.

Ottimi risultati si stanno ottenendo con l’esposizione in realtà virtuale, con recenti studi che ne validano l’impatto clinico. [1] 

Le fasi della cue exposure therapy

  • Identificazione dei trigger: in questa fase iniziale, il terapeuta aiuta il paziente a esplorare gli stimoli specifici che scatenano il craving. È un momento di ascolto profondo e comprensione reciproca.
    Esempio: un paziente racconta come ogni sera, tornando dal lavoro, il profumo del bar vicino casa lo spingeva a entrare per “rilassarsi”. Questo diventa uno dei suoi principali cue.
  • Esposizione graduale: gli stimoli vengono presentati progressivamente, dal meno al più ansiogeno, in un setting sicuro e protetto.
    Esempio: un fumatore potrebbe iniziare osservando una sigaretta da lontano, poi tenerla in mano e infine sentirne l’odore senza accenderla. Ogni passo è guidato con delicatezza per rispettare i tempi del paziente.
  • Prevenzione della risposta: durante l’esposizione, il terapeuta supporta il paziente affinché non metta in atto il comportamento abituale (es. fumare o bere), insegnandogli a tollerare l’impulso senza giudizio né pressione.
    Esempio: una persona con dipendenza da alcol potrebbe essere esposta all’odore del vino durante una sessione clinica senza consumarlo.
  • Generalizzazione: dopo aver affrontato i trigger in terapia, si lavora per applicare le abilità apprese nella vita quotidiana. Questo passaggio è fondamentale per consolidare i progressi e restituire al paziente la fiducia nelle proprie capacità.

Triangolo di Zimberg 

Il Triangolo di Zimberg è un modello concettuale utile per comprendere e affrontare le dipendenze. Questo triangolo descrive tre fattori principali che interagiscono nel determinare il comportamento disfunzionale: l’individuo, la sostanza e l’ambiente.

  • Individuo: include aspetti biologici, psicologici e sociali, come vulnerabilità genetiche, tratti di personalità e storia personale. 
  • Sostanza: riguarda le caratteristiche della sostanza stessa, come la capacità di indurre dipendenza (ad esempio, alcol o nicotina) e la velocità con cui agisce nell’organismo.
  • Ambiente: comprende fattori esterni come il contesto sociale, culturale ed economico che possono influire sull’accesso alla sostanza e sulle norme sociali che ne regolano l’uso.

Il triangolo di Zimberg si integra perfettamente con la cue exposure therapy (CET). La CET può essere vista come uno strumento per modificare l’interazione tra questi tre elementi, in particolare riducendo la risposta condizionata agli stimoli ambientali.

Inoltre, ricerche neurobiologiche hanno evidenziato cambiamenti nella connettività funzionale cerebrale dopo la CET, suggerendo un impatto diretto sui circuiti neurali coinvolti nella salienza degli stimoli e nel controllo degli impulsi. [2]

Conclusione

La cue exposure therapy non è solo una tecnica terapeutica: è una possibilità concreta di rinascita per chi lotta contro le dipendenze

Integrarla con il concetto del Triangolo di Zimberg nella pratica clinica può fornire un quadro più completo per personalizzare gli interventi terapeutici, combinando tecniche come la CET con strategie mirate a ciascun lato del triangolo. 

Ovviamente ogni percorso è unico e richiede empatia, calore umano e dedizione. 

La lotta alle dipendenze è spesso una battaglia contro una società consumistica basata sulla vendita di prodotti e dipendenze ma non potendo agire sull’intera società, come terapeuti, abbiamo il dovere morale di fortificare i singoli.

Note Bibliografiche
1

Zhang J, Chen M, Yan J, Wang C, Deng H, Wang J, Gu J, Wang D, Li W, Wang C. Effects of virtual reality-based cue exposure therapy on craving and physiological responses in alcohol-dependent patients-a randomised controlled trial. BMC Psychiatry. 2023 Dec 18;23(1):951. doi: 10.1186/s12888-023-05426-z. PMID: 38110900; PMCID: PMC10726483.

2

Farré-Colomés À, Tan H, Gerhardt S, Gerchen MF, Kirsch M, Hoffmann S, Kirsch P, Kiefer F, Vollstädt-Klein S. Cue-exposure treatment influences resting-state functional connectivity-a randomized controlled fMRI study in alcohol use disorder. Psychopharmacology (Berl). 2024 Mar;241(3):513-524. doi: 10.1007/s00213-024-06531-x. Epub 2024 Jan 23. PMID: 38261011; PMCID: PMC10884177.

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