Commento all’articolo apparso su La Repubblica il 23 Novembre 2016
Così cancelliamo i ricordi più brutti
La realtà esiste perché è osservata
attraverso lo sguardo dell’occhio umano.
La memoria è la capacità dell’individuo di conservare tracce della propria esperienza passata e di servirsene per entrare in rapporto con la realtà presente e futura ed interviene in tutti i processi mentali: la percezione, l’attenzione, l’apprendimento e il pensiero.
I ricordi, per quanto spiacevoli, sono un aspetto essenziale dell’identità personale, sono eventi o percezioni di eventi che ci hanno permesso di costruirci, che ci permettono di affrontare il presente e il futuro.
Può sembrare affascinante cancellare dalla memoria esperienze negative, forse ognuno di noi avrebbe qualcosa da cancellare, ma dove può portare una manipolazione tale della realtà e degli aspetti emotivi legati agli eventi che abbiamo vissuto, se proprio quegli eventi ci hanno reso quelli che siamo?
Cancellare il passato e crearne uno nuovo, eliminando dalla memoria il negativo?
Come se con la scienza si potesse ovviare alla storia personale, forgiando uomini senza memoria ed emozioni, come i replicanti di Blade Runner, “vere e proprie “repliche” dell’uomo, sintesi delle migliori virtù fisiche e psichiche, come un’evoluzione dell’individuo ormai malato e morente”.
Secondo gli antropologi, la tecnologia è stata da sempre il mezzo utilizzato dall’uomo per supplire alle sue carenze fisiche e mentali e quindi è il prolungamento dei nostri sensi. In altre parole la tecnologia costituisce per l’uomo un’estensione del suo corpo, delle sue capacità fisiche e psichiche, è una protesi che permette la costituzione di una realtà aumentata.
L’uomo nel corso della storia si è progressivamente artificializzato e arricchito di strumenti tecnologici; nel presente, a causa dell’ingresso delle tecnologie digitali, dell’accelerazione dello sviluppo tecnologico e del pervasive computing, si prevede un nuovo scenario di evoluzione verso un Homo technologicus, sempre più adattato alla nuova ambientazione tecnologica e culturale. Fino ad agire sulla memoria trasformandola a nostro piacimento.
Ma dove può portare la cancellazione dei ricordi?
La memoria non è solamente una classificazione di eventi statica e disconnessa dalla personalità. Ciò che si vive, anche negativo, si porta dietro un’infinità di emozioni, concetti, storie utili a comprendere il presente e ad affrontare il futuro.
Quando una prassi comunicativa ha per oggetto il passato e la storia, essa non riguarda semplicemente la trasmissione di singoli contenuti che, come elementi mobili di una narrazione, possono essere combinati in vari modi; piuttosto, coinvolge anche e sempre la struttura organizzativa di tali combinazioni, una struttura che definisce preventivamente quali attori possano comparire e in quale ruolo, nonché in che modo debba essere valutato il contenuto della loro esperienza. Per questa ragione, condizioni situazionali, nessi causali o svolgimenti vengono ricordati così come “ha più senso” per chi ascolta.
Di conseguenza, sia la biografia del singolo sia la storia della comunità vengono continuamente riscritte alla luce di nuove esperienze ed esigenze, ma anche alla luce dei nuovi quadri interpretativi offerti dal presente. Potremmo dire che ogni generazione, ogni epoca, ogni presente si confeziona il proprio passato scegliendo la versione che risulta maggiormente valida, a livello funzionale, rispetto ai propri orientamenti e alle proprie possibilità strategiche per il futuro. Ciò non sarebbe possibile se la memoria ricordasse sempre la stessa cosa e sempre nello stesso modo.
La funzionalità della memoria umana ha da sempre dimostrato che il vissuto richiamato non è altro che un inestricabile groviglio di percezioni, modelli interpretativi, interpretazioni, fonti e criteri di validità sociale.
Da qui la sterilità di cancellare eventi negativi, o addirittura la dannosità di modificare i ricordi.
Avvicinarsi ai ricordi traumatici, riviverli ed elaborarli, affrontare le paure legate ad eventi negativi, è un lavoro fondamentale in psicoterapia. Cancellare gli eventi, quali importanti implicazioni avrebbe per il trattamento clinico?
Dalla psicoanalisi alle terapie cognitivo-comportamentali, il lavoro su ciò che siamo non può esimere dall’affrontare i ricordi, pur se negativi e le paure.
Per non parlare del fatto che le paure hanno una natura evoluzionistica fondamentale ed esistono ormai da molti anni tecniche cognitivo-comportamentali abbastanza meccaniche e di rapida riuscita come l’esposizione in vivo, l’esposizione in immagine e la desensibilizzazione sistematica che hanno lo scopo non di cancellare il ricordo di quanto uno stimolo faccia paura, ma di eliminare l’emozione “paura” associata allo stimolo stesso.
Quindi, pur accettando la potenzialità di cancellare un ricordo, credo che questa possibilità sia da considerarsi, come ogni ricerca in ambito neuropsicologico, importante per permettere di sapere qualcosa in più sul cervello e sul suo funzionamento e di comprendere sempre di più alcuni meccanismi cognitivi come quello della memoria, senza finire per creare replicanti che “osservano il mondo con il loro sguardo triste e puro, alla ricerca di una verità negata”