Venire a sapere di punto in bianco che, dall’oggi al domani, si dovrà cambiare il proprio stile di vita, che alimentazione e attività fisica non saranno più una scelta libera e che quotidianamente ci si dovrà sottoporre a costanti controlli ed alla somministrazione di una terapia. È lo tsunami che travolge chi ha appena scoperto di dover convivere con il diabete, un impatto psicologico spesso sottovalutato, a fronte delle conseguenze fisiche che la malattia può comportare. Eppure, tutto questo può interferire nella vita sociale, portando la persona a non sentirsi più spontanea e a proprio agio nelle situazioni di svago e comunque costretta a continue rinunce e in generale a seguire determinati dettami. Fattori che portanto un terzo delle persone affette da diabete a soffrire di disagi di natura psicologica, dalla depressione al burnout, ai disturbi del comportamento alimentare. Una sfida difficile.
Convivere con il diabete, la gestione dello stress
Un buon punto di partenza per imparare a convivere con il diabete è farsi coraggio per rendere visibili i lati invisibili di quello che è il peso della gestione quotidiana di questa patologia. Una fonte di stress che paradossalmente non giova a una malattia che proprio lo stress soffre in maniera particolare. Gli sforzi che si compiono ogni singolo giorno per tenere sotto controllo il diabete, infatti, possono peggiorare la situazione. Sotto pressione il fisico rilascia ormoni che provocano sbalzi glicemici, complicando il mantenimento dei livelli di range ottimale.
Questo è solo uno degli aspetti che non vengono presi in considerazione sull’impatto psicologico del diabete, perché lo stress nel lungo periodo può causare conseguenze di vario genere, quali:
- influenza negativa sulla gestione della patologia a causa degli elevati livelli di stress del paziente
- sentimento di vergogna o paura di sentirsi giudicato, biasimato e in generale trattato in modo diverso per la propria condizione
- burnout, la sensazione che a nulla valgano gli sforzi e che induce al rifiuto della cura
- gestione superficiale della propria glicemia
- diabulimia, con il rischiosissimo sottoutilizzo dell’insulina, e bulimia nervosa
- depressione, riscontrata con una probabilità doppia rispetto alla popolazione generale
Convivere con il diabete, depressione e burnout
Come numerose altre patologie croniche, duque, anche il diabete comporta alcune conseguenze psicologiche. Tra queste, due in particolare sono attenzionate dai terapeuti, lo stato di depressione e il burnout.
Depressione
La depressione è complicata da rilevare nei pazienti diabetici, in quanto le stesse fluttuazioni della glicemia hanno l’effetto di influenzare in maniera profonda i comportamenti e gli stati d’animo del malato. Ragione per la quale ci si affida ai sintomi individuati dal DSM V, incrociati con un periodo di almeno due settimane, e che possono manifestarsi con:
- irrequietezza
- distrazione
- eccesso o carenza di cibo
- difficoltà a dormire
- ansia eccessiva
- senso di inutilità
- pensieri suicidi
Burnout
L’effetto burnout è, però, quello che rende maggiormente l’idea della fatica che costa convivere con il diabete. Con questo termine, infatti, si indica l’esaurimento fisico, mentale ed emotivo del malato, che vive come una sensazione di frustrazione, scaturita dal dover assolvere alle esigenze quotidiane di gestione della patologia, che lo induce a tenere dei comportamenti di autogestione talvolta discutibili.
Convivere con il diabete, qualche consiglio
Per affrontare o prevenire le conseguenze psicologiche del dover convivere con il diabete, può essere utile l’aiuto di uno specialista, necessario a stimolare l’attivazione di comportamenti di adattamento, i cosiddetti “coping”, e per mettere il paziente nelle condizioni di contenere e gestire le reazioni di rabbia, ansia e depressione, che inevitabilmente insorgono.
L’intervento di uno psicologo è però soprattutto consigliato per consentire al diabetico e ai suoi familiari di esteriorizzare liberamente emozioni, paure e incertezze riguardanti il futuro. È questo il primo step da compiere affinché il terapeuta possa guidare il malato di diabete verso quel percorso di cambiamento dei propri stili di vita che la sua patologia impone, cercando di coinvolgere il paziente affinché possa essere partecipe e propositivo.
Impresa che si rivela più dura con i più giovani, purtroppo sempre più colpiti, secondo le statistiche, dal diabete. Se la consapevolezza e la comprensione della patologia vengono meno o non sono totali, l’accettazione della nuova realtà della malattia può risultare difficoltosa. Proprio per questo è importante che al percorso psicologico consigliato partecipino anche i familiari e nello specifico i genitori, spesso più preoccupati e angosciati di fronte ad una diagnosi di diabete. Il peso di dover spiegare ai propri figli lo stravolgimento del loro stile di vita, il dover porre limiti e controlli puntuali, spesso si va a miscelare con il rifiuto tipico dell’età e dell’accettamento della malattia, creando una sensazione di impotenza.
L’importanza dello psicologo
Ecco allora diventare fondamentale il ruolo dello psicologo, che si pone come obiettivo il raggiungimento di un punto di equilibrio, nel quale sia paziente che familiari riescano ad introiettare quegli strumenti cognitivi ed emotivi necessari a gestirsi. Ricevere più informazioni possibili è utile a farli sentire rassicurati, avendo la possibilità di capire cosa sta accadendo e di conseguenza di riuscire a tenere la situazione sotto controllo, ma allo stesso tempo imparando a tollerare gradualmente tutto ciò che dal controllo sfugge.
Questi pazienti trovano utile ricevere molte informazioni, in modo da avere la possibilità di sapere cosa sta accadendo. Devono essere rassicurati sulla possibilità di tenere la situazione sotto controllo, così come sono stati sempre abituati a fare. Nello stesso tempo, è necessario lavorare affinché riescano gradualmente a tollerare delle aree di non controllo.
Sconfiggere la rabbia, promuovere la convivenza
La conquista più grande per un malato di diabete è riuscire a cambiare la sua prospettiva ed il suo atteggiamento nei confronti della malattia. La percezione di avere a che fare con una sorta di “nemico” da combattere, ma che non potrà mai essere sconfitto, è spesso generatrice di rabbia nei confronti della patologia stessa e in generale per l’ingiustizia della propria condizione. Il cambiamento avviene allora quando il paziente muta la sua visione, smettendo di spendere energie nervose nel tentativo vano di sconfiggere il diabete, per imparare a conviverci, all’insegna del compromesso.