La derealizzazione è una condizione psicologica complessa e disorientante, in cui la realtà sembra perdere consistenza. Chi ne soffre descrive la sensazione di vivere in un sogno, di osservare il mondo attraverso un velo, come se le cose intorno avessero perso colore, suono o profondità. È un’esperienza che genera paura e confusione, perché mette in discussione il senso di realtà e la percezione stessa della vita quotidiana. Comprendere questo stato e sapere come affrontarlo è fondamentale per ritrovare equilibrio e serenità.
Che cos’è la derealizzazione
La derealizzazione è un sintomo dissociativo, spesso associato a stress, ansia o traumi. Si manifesta come una sensazione di estraneità rispetto all’ambiente circostante: tutto appare irreale, artificiale, distante. A differenza delle psicosi, però, chi vive una derealizzazione sa che ciò che percepisce non è reale, e proprio questa consapevolezza la rende ancora più angosciante.
Si tratta di un meccanismo di difesa della mente. Quando le emozioni o lo stress diventano troppo intensi, il cervello “si disconnette” parzialmente per proteggersi dal sovraccarico. È come se spegnesse il contatto diretto con la realtà per evitare di essere travolto dalle sensazioni. Il risultato è una calma apparente, ma accompagnata da un senso profondo di distacco e confusione.
I sintomi più comuni
Riconoscere uno stato di derealizzazione è il primo passo per uscirne. I sintomi possono variare da persona a persona, ma condividono un senso costante di irrealtà e disconnessione.
Tra i segnali più frequenti:
- percezione distorta dell’ambiente, come se il mondo fosse ovattato, rallentato o irreale;
- alterazione dei sensi, con luci più forti, suoni distorti o perdita della percezione del tempo;
- sensazione di vivere “in un sogno”, con difficoltà a sentire emozioni o coinvolgimento;
- paura di impazzire o di perdere il controllo, anche se in realtà non accade mai.
Questa condizione può comparire improvvisamente, spesso durante momenti di forte ansia o stress acuto, e può durare minuti, ore o, nei casi più persistenti, settimane.
Perché accade: le cause psicologiche
La derealizzazione è spesso una risposta temporanea a un sovraccarico emotivo. Quando la mente non riesce più a reggere il peso delle emozioni, “stacca la spina” per difendersi. È una forma estrema di autoprotezione che, paradossalmente, genera paura proprio perché distacca la persona dalla realtà che conosce.
Due cause psicologiche principali:
- l’ansia intensa o gli attacchi di panico, in cui l’organismo entra in uno stato di allerta tale da alterare la percezione;
- esperienze traumatiche o stress cronico, che consumano lentamente le risorse mentali e spingono la mente a dissociarsi per sopravvivere.
Anche la mancanza di sonno, la stanchezza emotiva o un periodo di forte preoccupazione possono contribuire a scatenarla. In tutti i casi, la derealizzazione non è un segno di follia, ma il risultato di un sistema nervoso sovraccarico che cerca sollievo.
Come uscirne: strategie e percorso di cura
La buona notizia è che la derealizzazione, nella maggior parte dei casi, è una condizione reversibile. Uscirne richiede tempo, pazienza e un lavoro di ri-connessione con il corpo e con il momento presente.
Due strategie fondamentali per iniziare a gestire la crisi:
- tecniche di grounding, come concentrarsi sul respiro, toccare oggetti intorno a sé, notare colori, odori e suoni. Questi esercizi aiutano a “ricordare” al cervello che si è nel qui e ora;
- regolarità e cura del corpo, dormendo a sufficienza, mangiando in modo equilibrato e riducendo caffeina, alcol e stimolanti, che possono amplificare i sintomi.
È importante anche non spaventarsi del sintomo stesso. Cercare di “forzare” il ritorno alla normalità aumenta l’ansia e peggiora la sensazione di distacco. Meglio accettare che la derealizzazione è una risposta temporanea, destinata a sciogliersi man mano che la mente recupera equilibrio.
Il ruolo della psicoterapia
Quando la derealizzazione diventa persistente o si accompagna a forte ansia, un percorso terapeutico può fare la differenza. La psicoterapia cognitivo-comportamentale è tra le più efficaci: aiuta a riconoscere i pensieri che alimentano la paura (“sto impazzendo”, “non tornerò più normale”) e a sostituirli con interpretazioni più realistiche e rassicuranti.
Anche gli approcci basati sulla mindfulness e sulla regolazione emotiva risultano utili, perché insegnano a osservare le sensazioni senza giudicarle, riducendo così il livello di allarme del sistema nervoso. Nei casi legati a traumi, la terapia EMDR (Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) può aiutare a elaborare le esperienze che hanno innescato la dissociazione.
Ritrovare il contatto con la realtà
Uscire dalla derealizzazione significa, prima di tutto, ritrovare fiducia nel proprio corpo e nella propria mente. È un processo graduale, in cui ogni piccolo passo – tornare a provare emozioni, a percepire il tempo, a riconoscere familiarità negli oggetti – è un segnale di guarigione.
Il ritorno alla realtà non è un evento improvviso, ma una ricostruzione: si impara a sentire di nuovo, a credere di nuovo nelle proprie percezioni. E in questo percorso, la calma e la gentilezza verso sé stessi diventano strumenti fondamentali.
La derealizzazione è una forma di difesa, non una condanna. Quando la mente smette di sentirsi minacciata, la realtà torna a farsi nitida, calda, riconoscibile. E in quel momento, ciò che sembrava perduto – il contatto con sé e con il mondo – ritorna, più autentico e consapevole di prima.



