Pare che tra le ultime frasi di Dino Buzzati ci sia stata una stupita osservazione di sé stesso in quel momento: “strano…non arriverò a sera, ma, se il direttore mi chiedesse un articolo … glielo farei!”
Definito da qualche critico “cronista fino al midollo” : cronista della storia minuta della città, una cronaca del reale che pare tuttavia…. pedinare il mistero (si veda il racconto Ombra del Sud).
Vorrei partire da Dino Buzzati, quale personaggio dal carattere schivo di cui recentemente ho appreso la storia personale : ne ho sentito il racconto e mi ha colpito che nei “corridoi” al Corriere, il suo giornale, fosse definito “il cretinetti”.
Il carattere schivo così crudamente messo alla berlina fa pensare… cosa può nascondere la riservatezza e in che modo risulta irritante , penosa o provocatoria? Nei suoi racconti compare un’umanità tracotante che pecca di hubris a confronto con gli umili, i poveri, i bambini che invano “bussano alla porta dei grandi” avendo colto “il messaggio” e spesso invano tentano di avvisare…sta arrivando la fine del mondo, ma i padroni di casa sono troppo prepotenti per avvedersene…una servetta si accorge dell’imminente inondazione, ma viene insultata e messa a tacere dalla padrona di casa…
Straordinaria la descrizione nel racconto “Turismo” del gruppo frettoloso e tracotante che vuole andar via in fretta da Samarcanda non sapendo cogliere l’implicito invito dello Chaffeur a guardare e quando ormai sul Bus i turisti sprovveduti si accorgono della bellezza del luogo e vorrebbero tornare indietro, l’occasione è persa.
Molto suggestivo anche il suo modo di definire “faccenda” qualcosa di inquietante come quando dice…un altro non se ne sarebbe neppure accorto invece il Plenilunio è faccenda spaventosa …. ma sarebbe bello naufragare per sempre in questo infinito.
O mentre riesce a raccontare del funerale di sua madre… nel racconto “I due autisti “.
Sarebbe bello poterle regalare un supplemento di autentica vita ….ma (per riparare) adesso è tardi , spaventosamente tardi.
Altri esempi dell’Altrove:
Paolo Nori, recentemente agli onori della cronaca per la gaffe dell’Università Bicocca di Milano che ha sospeso il suo corso su Dostoevskij in relazione all’invasione russa dell’ Ucraina, nei giorni scorsi ha risposto ad un giornale russo che gli inviava una serie di domande per un’intervista, declinando l’invito perché a tutte avrebbe risposto “non lo so , non sono competente di geopolitica, mi occupo di cose meno importanti: di letteratura russa”.
Ecco, sono convinta (forse lo ha anche detto) che Nori ritenga di occuparsi di cose tra le più importanti …
Anche lui (me lo ha fatto notare Paola de Stefani) scrive della morte della madre perchè argomento di cui non vuole parlare, far sapere , ma lo mette in un romanzo ”perché è l’unico posto dove riesco a dire certe cose al volume al quale è necessario dirle “.( Sanguina ancora Ed. Mondadori p155)
L’ultimo esempio di altrove che desidero citarvi riporta al paesaggio visto e sentito “da dentro” . La visione poetica dell’Haiku ce ne parla da una prospettiva assai diversa , prospettiva che tuttavia ci rende più consapevoli del paesaggio, del luogo nella sua essenza interiore.
Ecco qui come BACHŌ, il grande maestro di Haikai, visionario , vagabondo può faci rivivere un momento del suo percorso nel profondo nord giapponese tra le rovine di un tempio.
Nel silenzio
Penetra nella pietra
Il canto delle cicale
Mi sembra interessante riflettere su come tutto ciò abbia a che fare anche con “l’empatia della natura“. In un precedente articolo avevo accennato al “eppur si commuove” di Bruno Latour per prendere un appunto a proposito di una sorta di rivisitazione attualissima, che mi ha profondamente toccato, riguardo l’animismo. Revisione che sostanzialmente rivaluta la visione animistica (a lungo “bollata” di primitività tout court) prendendo atto di come l’animismo contenga ed esprima la capacità di mettersi in relazione con quanto ci circonda attraverso l’attenzione e la cura che solo un’affettuosità che si accende verso tutto quanto è intorno a noi può veicolare proprio come accade spontaneamente ai bambini che entrano in contatto con l’ambiente, i luoghi, gli oggetti,le pietre, i luoghi e gli animali “alla pari” cercando di comunicare con loro.
Per completare questi pensieri sparsi vorrei tornare a “il cretinetti”, l’epiteto di qualche collega a Buzzati, come un rifiuto a riconoscere una differenza che viene cortocircuitata nel ridicolo. Mi piace proporvi, prendendo spunto dalla Pasqua, di ripensare assieme alla metafora del racconto dell’apparizione di Cristo risorto nel pellegrinaggio verso Emmaus che mette a fuoco il “peccato” di non riconoscere “l’altro” con gli occhi del cuore , ma anche l’apertura della mente che come nel racconto evangelico può progredire in un percorso insieme ai compagni e al maestro anch’egli in cammino .