Ho riletto questa mattina, con più calma, la notizia dell’uccisione, mentre con generosità e coraggio visitava un signore decisamente male intenzionato e probabilmente delinquente abituale, della Collega Paola Labriola di Bari… sposata con due figli…..
Mah le cose che vengono in mente sono tante. Quando ero arrivato da Jervis a Reggio Emilia, noi psichiatri rinunciavamo all’indennità rischio, che allora c’era, per negare il concetto ” a priori ” della pericolosità dei pazienti, uno dei pregiudizi sui quali erano ancora in vigore gli osp. Psich.
Nei diari e nei primi numeri della rivista di Freniatria edita a R.E, già nell’ 800 Carlo Livi, direttore dell’ ospedale psichiatrico di Reggio Emilia e patriota risorgimentale, scriveva:
” quando passo per i viali del S. Lazzaro, l’ O.P., e vedo questi “alienati” lavorare con falci, zappe, la terra vengo preso da grandi paure ma poi penso che allora si dovrebbe tornare a chiudere tutto e questo non sarà più, perché le cose vanno molto meglio di prima e loro migliorano” .
Ho ricostruito un po’ il suo testo, che comunque esiste negli “Annali di Freniatria “.
Era il “trattamento morale” di Connolly, di Turner, Chiarugi altri ancora, intellettuali umanitari ed umanisti che operavano così bene, pensate, senza il sostegno delle attuali, utilissime, terapie psicofarmacologiche.
Basaglia fu anche egli uno psichiatra umanitario ed umanista e così il mio maestro Giovanni Jervis che insegnarono tuttavia a non ignorare mai la complessità delle sofferenze psichiche dove, non frequentemente ma qualche volta si, componenti sadiche, mortifere, rabbie mostruose contro “oggetti” ( esperienze internalizzate) interni possono esplodere, in modo proiettivo contro “l’altro da se”, preso come il ricettacolo di tutti i mali “subiti”.. Insomma ben sappiamo come non siano i pazienti psichiatrici più pericolosi, più a rischio di commettere crimini, violenze rispetto ai cosiddetti normali che attualmente, come sempre peraltro, ne commettono di tutti i colori….. per tutti pensate ai delitti perpetuati sulle donne da uomini, cosiddetti normali, che non tollerano l’autonomia “forte” delle donne, oggi.
Tuttavia con i pazienti che abbiamo in cura, abbiamo più possibilità di prevenire… ma dobbiamo tollerare l’insuperabile ambiguità dell’operare psichiatrico tra giuste, giustissime (io ho scelto questo lavoro tanti anni fa proprio per questo……. non solo ma soprattutto) “ali della libertà” e committenza sociale di controllo. Committenza che non possiamo, a priori, negare ma con la quale dobbiamo fare i conti senza però divenire sciocchi ed analfabeti “agenti” del mandato istituzionale, più retrivo ma ancora attuale, di controllare ed anche di manipolare “l’altro da noi ” .
Detto questo, ma molte altre cose potrei e vorrei dire, c’ e il mio dolore per Paola Labriola uccisa, collega che avevo conosciuto anche a dei convegni, dolore e rabbia .
Nulla può giustificare l accaduto…… dove, a mio avviso, la collega non è stata tutelata nell’ esercizio della sua professione, lasciata in modo ingiustificato allo sbaraglio.
Non so come operino i colleghi ma non di rado gli operatori psichiatrici, inevitabilmente operatori di frontiera, sono troppo soli a gestire contraddizioni sociali, disastri psicopatologici, miserie umane che ci vengono “gettati” addosso, reclamando risposte impossibili.
Sono richieste paradossali, perché non veniamo messi in grado di affrontarle.
Qui conta molto la nostra professionalità, ma anche il nostro potere contrattuale nel ridefinire queste “domande impossibili”. Sono sicuro che la cara e dolce collega fosse stata lasciata troppo sola e questo mi fa arrabbiare molto.
Ho poi l impressione che l’assassino fosse persona violenta abitualmente, dedito ad abuso di sostanze, se ho letto bene, e fosse “a priori” intenzionato a fare del male….. spero che non trovi aiuti assurdi e anche clinicamente insostenibili nella presunta infermità mentale .
Spero, per Paola, per il rispetto che dobbiamo a Lei ed alla sua memoria, per i suoi cari ,per tutti noi, per tutti i pazienti psichiatrici, che combattono difficili battaglie conto il loro soffrire, che egli venga processato e risponda del tutto del suo crimine, anche se nulla ridarà la nostra collega al vivere ed ai suoi cari.
Siamo in una Italia dove tutto sembra trovar giustificazione ma spero che non sia così questa volta……. e poi spero che ci sarà una tutela maggiore nel nostro operare e nella possibilità di curare meglio i nostri pazienti che così saranno maggiormente nostri alleati nei progetti di cura, visti come un operare comune, difficile, anche tecnicamente difficile ma possibile.
Perché sia possibile e anche necessaria una costante attenzione all’attività di formazione, di aggiornamento perché il nostro e un lavoro, una professione molto difficile.. e questo viene scordato troppo spesso anche dagli stessi psichiatri..
Ecco vorrei sapere come i colleghi di Bari siano difesi, tutelati e sostenuti anche nella loro possibilità di aggiornarsi, formarsi, discutere, fruire di supervisioni per sostenere l’impatto con situazioni tanto difficili… se hanno sufficiente personale per ben operare.
..Mi fermo qui, ho scritto di getto e non ho voluto rileggere per non modificare nulla del mio pensare immediato e, forse primitivo ma questa vicenda mi ha addolorato molto.
Antonio Maria Ferro