Vaso di Pandora

A proposito di riuscire ad essere figli dopo aver letto l’articolo di Massimo Recalcati

Questo articolo vuole essere un commento dell’articolo di Massimo Recalcati dal titolo “Tutta la poesia dell’essere figli” pubblicato da la Repubblica il 22 maggio 2025.

Massimo Recalcati, come sempre lucido e profondo, ci parla del paradosso dell’evoluzione del rapporto tra genitori e figlio/a: che un figlio/a potrà riuscire ad essere tale nella misura in cui egli/ella cercherà, da un lato e, dall’altro, gli sarà consentito dai suoi genitori, di poter essere come a lui/lei va di essere e non come loro si aspettavano che egli/ella divenisse.

Per quanto riguarda questo aspetto della questione, sono totalmente d’accordo con l’Autore.

Però mi sembra che manchi qualcosa di essenziale, che riguarda la possibile instaurazione dei disturbi più gravi, quelli di cui non si occupano gli psicoanalisti. In realtà non se ne occupano nemmeno gli psichiatri, ancora alla ricerca della magagna chimico biologica che ad un certo punto è sopraggiunta dentro il paziente. Dimenticando la lezione delle Neuroscienze, che hanno dimostrato che tutto dipende da quello che accade tra il bambino e chi se ne prende cura nei primissimi anni di vita, quelli di cui, poi, non ricordiamo più nulla: i primi tre. E che tutto quello che conta di più avviene a livello inconscio, nell’emisfero destro, che si sviluppa molto prima del sinistro, per quanto riguarda le emozioni e gli affetti.

Il punto, come sottolineava Recalcati è legato ad un gioco tra due entità: i genitori e il figlio.

Penso che, però, non possiamo fare a meno di mettere a fuoco che non siano soltanto i grandi a prendersi cura, nel modo più o meno giusto, dei piccoli, ma che possono essere anche i piccoli ad occuparsi dei grandi, fin da piccolissimi e senza potersi rendere conto se la sofferenza che si manifesta nel legame che lo fa vivere, che egli sente circolare in lui stesso e in chi si prende cura di lui/lei, appartenga a lui/lei o all’altro/a.

La sofferenza del genitore può diventare quella del figlio che se ne comincerà a preoccupare fin da piccolo e riuscirà ad escogitare una serie di modi, sotto forma di sintomi, che conseguano l’obiettivo di monopolizzare l’attenzione di quel genitore che, così, può fare a meno di occuparsi del suo dolore. 

In questi casi, la separazione e la conseguente individuazione non si verificherà mai: le persone, genitori e figli inizieranno a vivere in simbiosi o, meglio, seguiteranno a vivere in simbiosi, dato che tutti veniamo da una situazione simbiotica, visto che ci attraversa lo stesso sangue di chi ci ospita inizialmente al suo interno.    

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