Il programma della destra è chiaro: incarcerare i poveri, le donne rom e pazienza se la stessa sorte tocca ai bambini. Un mix di razzismo utilizzando l’aggravante della recidiva (art.99 del Codice Penale) e il retaggio lombrosiano della qualifica di delinquenza abituale, professionale e per tendenza è stato utilizzato dalla Lega e da Fratelli d’Italia per bloccare una proposta di legge che si limitava a proporre la possibilità di scontare la pena in una cosiddetta casa famiglia protetta.
Questa battaglia di civiltà è nata 25 anni fa e nonostante fossi sottosegretario alla Giustizia intrapresi un digiuno per impedire l’affossamento della proposta di legge e così la legge Finocchiaro fu pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’8 marzo del 2001.
Allora i bambini in carcere erano 83 e nel tempo si dimezzarono, ma l’applicazione severa delle norme non ha eliminato il fenomeno anche se oggi il numero è sceso a 21 donne di cui sette italiane con 9 figli e 14 straniere con 15 figli. Di queste 9 donne con 11 figli sono nell’ICAM di Lauro, quindi in una situazione non carceraria.
In carcere sono tre donne italiane (1 a San Vittore, 1 a Lecce, 1 a Venezia) e nove straniere (San Vittore, Rebibbia, Torino, Perugia).
Una dimensione ridotta che un sistema di welfare potrebbe assorbire facilmente con soluzione di misure alternative individuali, senza costruire strutture dal tratto solidarista e paternalista. Di questo ho già scritto mesi fa sull’Espresso.
Già nel 2011 fu approvata una nuova legge (n. 62) e ora si insiste per una nuova legge.
Alcuni limiti sono inevitabili, ad esempio per la custodia cautelare per esigenze di eccezionale rilevanza o perché un campo rom non è ritenuto un domicilio adeguato.
Questo scontro vergognoso dovrebbe servire per un confronto allo scopo di ipotizzare una riforma del carcere a cominciare dalla detenzione femminile che ha numeri ridotti, poco più di duemila persone, il 4%, del totale incarcerato. L’obiettivo dovrebbe essere la limitazione del carcere, come extrema ratio, solo per i gravi crimini contro la persona. Le proposte esistono, occorre ingaggiare una battaglia culturale. Suggerisco la lettura del volume “La prigione delle donne” di Susanna Ronconi e Grazia Zuffa con la prefazione di Tamar Pitch (Ediesse, 2020) per un approfondimento teorico su idee e pratiche per i diritti.
Che fare subito? Mettere a fuoco i pochi casi e capire perché i giudici o la magistratura di sorveglianza non ha concesso i domiciliari o le misure alternative.
Probabilmente ridurremmo quasi a zero questo scandalo.