L’articolo rappresenta in parte una sintesi del programma presentato dall’autore alle elezioni alla Presidenza della Società Italiana di Psichiatria a Genova nell’Ottobre 2022
In alcuni casi è stata soprattutto l’esperienza maturata in ambito psichiatrico a produrre l’esigenza e il processo di riforma (la Legge 180 del 1978), ed in altri ne è stata coinvolta quale attore di un sistema complesso (Riforma della sanità penitenziaria e chiusura degli OPG).
Dalla considerazione del diverso grado di protagonismo o di coinvolgimento nei processi di riforma, nasce l’esigenza di definire programmi e strategie dei Dipartimenti di salute mentale che siano in grado di leggere le forme della contemporaneità, della psicopatologia, dei fenomeni sociali, della domanda di salute e recuperare una capacità di interlocuzione forte a livello nazionale.
In altri termini, i DSM daranno un contributo sempre maggiore al miglioramento dei servizi resi ai pazienti e alla popolazione generale nella misura in cui sapranno continuare ad essere pienamente credibili e rappresentativi sul piano culturale, clinico, scientifico, organizzativo, politico ed offrire competenze innovative ed esperienza professionale.
L’aggiornamento delle competenze cliniche, la ricerca scientifica, la realizzazione di prassi Evidence Based costituiscono il bagaglio di saperi che le diverse discipline presenti nei DSM mettono a disposizione della collettività. Tale bagaglio può contribuire ad assicurare un’appropriata ed equa risposta ai bisogni della popolazione se riesce ad assumere quale cornice di riferimento teorico e operativo la salute mentale, concetto più ampio di quello relativo ai processi di diagnosi, cura e riabilitazione del disturbo mentale.
In sintesi, i DSM dovranno contribuire a promuovere e rappresentare l’equilibrio tra una prospettiva forte di salute mentale e lo sviluppo di una competenza clinico-scientifica altrettanto ampia ed aggiornata.
Cosa si intende per prospettiva di salute mentale?
Nei documenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sono molteplici e sempre più ricorrenti i riferimenti alla salute mentale quale pilastro non solo per la salute pubblica, ma anche quale base dello sviluppo sostenibile (17 Sustainable Development Goals SDGs, previsti dalla The 2030 Agenda for Sustainable Development, adottata dall’ONU nel 2015).
In tale contesto è dato rilievo all’importanza di agire sulle determinanti di salute che impattano negativamente sulla salute mentale, di dare priorità alla salute mentale dei bambini, adolescenti e giovani adulti particolarmente colpiti nei processi evolutivi dalla pandemia, di garantire la qualità e le risorse per i servizi dedicati. Inoltre, viene data rilevanza alla necessità di prevenire il consumo di sostanze ed i comportamenti additivi e di garantirne un trattamento precoce in caso di presenza di patologia.
In questa cornice, vanno trovate risposte ad alcune domande tra loro interagenti:
- quale è la popolazione target, in funzione delle culture, dei luoghi di vita, dei linguaggi e delle relazioni?
- quali sono i profili clinici che manifestano disturbi e patologie e che forme queste assumono?
- quale è il compito cui è chiamato il servizio sanitario anche in collaborazione con altre agenzie sociali?
Risulta oggi imprescindibile per il mondo della salute mentale potersi interrogare su queste questioni, offrire risposte competenti ed adeguate alla evoluzione dei fenomeni e dei quadri clinici e contribuire in tal modo allo sviluppo sociale e culturale.
La visione: scenari ed elementi salienti
- Modello organizzativo dei DSM – Inclusivo, multidisciplinare, multiprofessionale
I Dipartimenti di Salute Mentale rappresentano lo strumento operativo per la realizzazione dei programmi di salute mentale ed il modello organizzativo adottato risponde, e deve rispondere, alla visione e agli obiettivi strategici che ci si pone.
Nel corso degli ultimi anni, l’organizzazione più diffusa dei servizi per la salute mentale è stata orientata dalla tipologia prevalente del disturbo (disturbo mentale in senso stretto, acuzie, dipendenza da sostanze, disturbi del comportamento alimentare, ecc.). Tale organizzazione è stata coerente, da un lato con la tipologia di disturbi che si presentavano, dall’altra con la necessità del sistema di acquisire competenze specifiche nei diversi settori di intervento.
Attualmente e sempre più si assiste ad una sovrapposizione di fattori che interagiscono nel determinare l’emergere e la persistenza di disturbi, tanto più se connessi con i processi di neuro-sviluppo. Inoltre, l’attuale casistica presenta quadri complessi, multiformi e con diffusa co-occorrenza (co-occuring disorders). La pervasività dell’uso di sostanze, con le attuali composizioni delle stesse e le modalità di loro utilizzo, l’evoluzione in età adulta dei disturbi del neuro-sviluppo sono tra i casi per i quali diventa indispensabile comprendere, valutare e trattare il caso clinico non frammentando la presa in carico in relazione ai singoli, seppur molteplici, disturbi, bensì comprendendo il quadro complessivo, ben diverso dalla somma e interazione di singole patologie.
Tale cambiamento determina la necessità di fornire risposte altrettanto complesse e articolate, rendendo indispensabile un differente modello organizzativo che includa e metta in relazione le diverse partiture dedicate ai diversi target. Il Dipartimento di Salute Mentale deve poter offrire adeguate risposte cliniche agli attuali pazienti, senza che questi siano rimandati da un servizio/dipartimento all’altro in un gioco che spesso sconfina in reciproche deleghe e/o in duplicazioni, frammentazioni e incoerenze interne. Tanto più che la coerenza della risposta terapeutica è essa stessa fondamentale fattore di esito positivo del trattamento.
In un Dipartimento inclusivo, attento alle diverse problematiche presenti nelle diverse fasce di età, dalla nascita all’età anziana, devono concorrere anche i saperi e le competenze di altre discipline e professioni che concorrano alla realizzazione del trattamento.
Multi-disciplinarietà e multi-professionalità sostanziano un funzionamento del servizio non basato solo sulla competenza dei singoli professionisti, ma anche sull’adozione di paradigmi comuni, di protocolli condivisi, di procedure efficienti. Pertanto, esse sono alla base di un servizio che supporta il lavoro di èquipe, che favorisce la comunicazione interna e la circolazione delle informazioni.
- Restituzione sociale
Un aspetto fondamentale del lavoro clinico in una logica di salute mentale coincide con il considerare le diverse istanze che ogni individuo/paziente porta con sé. Il tempo, lo spazio e la relazione della terapia non esauriscono e non sono nella maggioranza dei casi sufficienti al raggiungimento di autonomie nella vita quotidiana. La terapia assume invece valenza centrale se supporta il percorso individualizzato per l’acquisizione di una dignitosa qualità della vita.
Il Dipartimento di Salute Mentale deve favorire e facilitare il soddisfacimento dei bisogni di base rappresentati dall’abitare, dal lavoro e dalle relazioni sociali, garantendo trattamenti articolati, anche di valenza sociosanitaria e psicoeducativi. Sono ormai pratiche consolidate nei DSM le esperienze di inserimenti lavorativi, di supporto all’abitare, di attivazione di luoghi di socializzazione.
Nuova spinta può giungere dall’ampliare e potenziare la logica di intervento individuale, tipica dell’approccio clinico tradizionale, adottando sempre più la logica e le competenze di intervento con la comunità e con le reti sociali. Le molteplici buone pratiche acquisite in questa direzione devono diventare prassi comuni di tutti i servizi di salute mentale.
- Prossimità dell’intervento e presa in carico
È stata una importante acquisizione storica anche della Psichiatria la valorizzazione della volontarietà del trattamento. Tale acquisizione però è stata spesso confusa con l’attesa del paziente nei luoghi tradizionali di cura: ambulatorio o ospedale, nei casi di acuzie. Il paziente che richiede un trattamento ambulatoriale si presuppone che abbia già raggiunto una consapevolezza del proprio stato di malattia e una motivazione alla cura. Ma consapevolezza e motivazione spesso costituiscono, o dovrebbero costituire, obiettivi stessi del percorso di trattamento. Una sfida continua tra il prendersi cura e l’imporre cure richieste da altri.
Inoltre, prendersi cura di chi? Del paziente, della sua stretta rete familiare che sollecita interventi, della scuola che segnala ragazzi di difficile gestione nei gruppi, della comunità locale insofferente di soggetti marginali? Ormai spesso anche di soggetti segnalati dall’Autorità Giudiziaria?
La pressione di richieste formulate da altri soggetti aumenta sempre più, tanto quanto si aspetta che il paziente sia in grado di formulare la sua autonoma richiesta di trattamento. La capacità di formulare tale richiesta non può coincidere, nel nostro campo, con la necessità ed il bisogno di cura.
Molti settori hanno da anni colto l’importanza di uscire sul campo e di lavorare nei contesti di vita ordinari: l’attività promossa dalla Unità di Strada per le dipendenze o il lavoro nelle scuole per i bambini e gli adolescenti sono esempi che, seppur diversi, indicano questa direzione. L’uscire dagli spazi tradizionali della cura e portare la cura nei luoghi ordinari di vita coincide anche con la possibilità di garantire interventi precoci e di intercettazione delle gravi forme di disagio correlate a determinanti sociali e culturali.
La presa in carico, in altri termini, è nei confronti del paziente, ma anche della collettività in cui un individuo vive e manifesta la sua patologia.
- Presidio dei confini e dei cambiamenti sociali ed epidemiologici
I mutamenti sociali, culturali ed economici degli ultimi decenni incidono ovviamente sui processi relazionali, affettivi, di sviluppo di ogni individuo. Il riferimento familiare utilizzato per comprendere molte forme di patologia necessita di essere integrato con altri riferimenti, che richiamano le relazioni amicali, gruppali, virtuali. Relazioni, quest’ultime, che hanno spesso maggiore pregnanza ed impatto sulla vita degli individui di quelle su cui basiamo gran parte dei nostri riferimenti clinici tradizionali.
Apprendere nuovi linguaggi e comprendere nuovi significati si impone per la comprensione dei bisogni di salute provenienti dalla crescente popolazione migrante: in ambito internazionale 1 abitante su 30 è un migrante. È una popolazione che rispecchia condizioni di vita molto diversificate, tra stranieri regolari (a volte con precedenti periodi di irregolarità) e migranti forzati, tra minorenni non accompagnati e nuclei familiari coesi, tra persone in centri di accoglienza e persone inserite in contesti ambientali stabili. Ma tutti con culture, modelli relazionali, stili di vita differenti da quelli della popolazione nazionale con disturbo mentale. È necessario comprendere forme differenti di patologia e fornire trattamenti terapeutici accettabili e appropriati per un target differente.
Apprendere nuovi linguaggi e nuovi significati si impone anche per la comprensione della popolazione consumatrice di sostanze o con comportamenti da addiction. Il disturbo indotto da sostanze, che con maggior frequenza si presenta all’attenzione dei servizi psichiatrici soprattutto ospedalieri, riguarda una piccola percentuale dei soggetti con disturbo da uso di sostanze o da addiction. Alcuni dei quali non presentano una psicopatologia pregressa al comportamento di consumo, ma possono sviluppare una condizione post morbosa anche di elevata gravità. Inoltre, anche tra i pazienti, soprattutto giovani, che si rivolgono ai servizi di salute mentale la percentuale di consumatori di sostanze è sempre più elevata; e ciò rende indispensabile saper effettuare, non solo valutazioni diagnostiche accurate, ma anche modulare i piani di trattamento in funzione delle differenti occorrenze.
Altra importante area di confine, che richiede nuovi apprendimenti, è data dai disturbi del neuro-sviluppo (non solo autismo e ADHD, ma anche schizofrenia e disturbo bipolare), arricchiti dalle conoscenze e dalle ricerche degli ultimi decenni. Tali disturbi, caratterizzati dalla difficoltà del funzionamento personale e sociale che si manifesta già dalle prime fasi di vita, costituiscono un ampio insieme di patologie neurologiche e psichiatriche, spesso concomitanti. La complessità di questi disturbi, causati da molteplici fattori, determina la necessità di articolare percorsi di cura prolungati durante l’arco di vita. Il costrutto del neuro-sviluppo consente di avere in mente, da un lato una visione prospettica sulle possibili traiettorie evolutive e dall’altro una visione retrospettiva sul continuum evolutivo, entrambe esaminate in termini di modificabilità. La frequente co-morbilità con il ritardo mentale, poi, non permette più l’esclusione di questi disturbi dall’orizzonte dello psichiatra.
È da sottolineare un’altra area di confine, sempre più presente nella pratica clinica e nella organizzazione dei servizi, che riguarda i soggetti autori di reato con il conseguente interfacciamento tra la funzione della cura propria del sistema sanitario e dello specialista e la funzione del controllo sociale, della pena e della rieducazione proprie del sistema della Giustizia. Le riforme della sanità penitenziaria, la chiusura degli OPG, la maggior attenzione ai disturbi correlati all’uso di sostanze hanno determinato la necessità (e obbligatorietà) di continue interrelazioni con Magistrati, Periti, Amministrazioni Penitenziarie, Forze dell’Ordine con cui sviluppare rapporti di reciproca collaborazione (nel comune obiettivo di riabilitazione e di garanzia della cura ai singoli, di promozione e garanzia della salute della collettività), senza sottostare a deleghe di controllo sociale o ad accettare responsabilità professionali avulse da ogni evidenza scientifica.
Un’ulteriore sfida è data dalla diversificazione dei luoghi della vita sociale e relazionale, con il loro impatto sulla salute mentale. Soprattutto nelle nuove generazioni, tali luoghi non sono più solo luoghi fisici, che richiedono rispetto di regole di convivenza e di reciproca regolazione, ma sono luoghi virtuali, che richiedono diversa percezione ed utilizzo sia dello spazio che del tempo. Luoghi che richiamano la possibilità di realtà virtuali con proliferazione delle diverse identità che ogni soggetto può liberamente assumere. Tali dimensioni si affiancano a quelle dei non-luoghi, quali spazi urbani, sempre più diffusi, scollegati da struttura sociale organizzata, che non prevedono radicamento nel contesto e nelle culture. Il non-luogo, espressione della contemporaneità, determina a sua volta uno spazio di vita in cui la costruzione delle identità e delle relazioni si sviluppano con logiche differenti e non trasferibili da quelle tradizionali.
Abbiamo appreso dalla crisi scaturita dalla pandemia, che i servizi per la salute mentale devono saper affrontare le diverse tipologie di emergenze, nonché i cambiamenti ambientali, che determinano, come visto nell’ultimo anno, importanti ripercussioni, non solo sullo stato di salute individuale, ma anche sulla salute collettiva nonché sulla percezione dei rischi, delle malattie e degli esiti delle cure.
Infine, dobbiamo considerare il grande cambiamento demografico che ci impone di sviluppare strategie e competenze rivolte alla popolazione anziana.
Quali obiettivi qualificanti per i Dipartimenti di Salute Mentale?
- Promuovere l’innovazione clinica, scientifica ed organizzativa necessaria a garantire risposte competenti, autorevoli ed adeguate alle attuali forme di patologia
- Promuovere la diffusione della cultura e delle competenze professionali per la realizzazione dei servizi orientati alla logica della salute mentale e alla riduzione dello stigma
Le principali strategie e azioni da produrre sono quindi:
- Promuovere e sostenere lo sviluppo un nuovo Progetto Obiettivo Tutela Salute Mentale, a valore nazionale, pur con i limiti dell’autonomia regionali derivati dalla riforma del Titolo V
- Finalizzare la ricerca e la formazione specialistica all’innovazione del modello italiano di salute mentale di comunità con la produzione di raccomandazioni e/o linee guida e altri strumenti qualificati
- Stabilire una forte interlocuzione istituzionale con i Ministeri della Salute, dell’Università e della Ricerca, dell’Economia e Finanza, e con la Magistratura
- Promuovere un nuovo Progetto Obiettivo
È necessario sviluppare un Progetto Obiettivo Salute Mentale 2021-2030 che, partendo dall’analisi dello stato di salute della popolazione, indichi gli obiettivi per l’attuale decennio, con uno sguardo attento e sensibile agli attuali scenari precedentemente descritti.
Un Progetto Obiettivo, basato sulle evidenze scientifiche, che superi quindi le posizioni ideologiche che segnano purtroppo il campo della salute mentale e che descriva una strategia di intervento per il pieno rilancio dei servizi per la salute mentale, con il riequilibrio e il superamento delle diversità regionali tuttora esistenti, e dell’attenzione dedicata alla sanità generale e alla salute psichica.
Deve essere indicata la quota di spesa destinata alla salute mentale, con l’introduzione di indicatori regionali e vincoli di spesa per le singole direzioni aziendali, analogamente ai criteri di accreditamento. Così come gli elementi essenziali per garantire i Livelli Essenziali di Assistenza omogenei sul territorio nazionale e, al contempo, il rispetto delle autonomie organizzative locali e regionali.
Nel Progetto Obiettivo devono essere riportati espliciti riferimenti a:
ORGANIZZAZIONE
- Modelli organizzativi che assicurino il supporto strutturale alla realizzazione di un Dipartimento inclusivo, il potenziamento della continuità territorio-ospedale, la continuità della presa in carico nelle diverse fasi di vita
- Territorialità che assicuri la presenza di un DSM in ogni Azienda Sanitaria, ma anche la garanzia di servizi di prossimità
RETI
- Ruolo del DSM all’interno delle ASL, con la definizione dei livelli e dei modelli di integrazione con il Distretto per disabilità, anziani, Casa della Salute, MMG e PLS
- Integrazione sociosanitaria, con indicazione degli elementi essenziali degli Accordi con Comuni/Municipi, Associazionismo e Terzo Settore; con la definizione del Budget di salute e del Dopo di Noi; con indicazioni specifiche per il supported housing e il supported employment
- Rapporto con il privato accreditato, con una programmazione generale omogenea su scala nazionale, epidemiologicamente fondata e con una definizione condivisa ed unitaria dei requisiti per le SRP; il privato accreditato inoltre dovrà concorrere ad assicurare risposte sanitarie e sociosanitarie per gli specifici target costituiti dagli autori di reato e dai pazienti con Disturbo del Comportamento Alimentare
DIGITALIZZAZIONE
- Sistema Informativo nazionale sviluppato anche in funzione della produzione di Report regionali e nazionali aggiornati e confrontabili (possibilità di implementare azioni di miglioramento anche a seguito di benchmarking)
- Telemedicina, con lo sviluppo e la migliore conoscenza degli strumenti e delle valenze cliniche delle terapie e dell’assistenza da remoto, introdotta su larga scala (ma senza livelli di riflessione e di studio pregressi) con la pandemia; utilizzo di piattaforme informatiche per la collaborazione della presa in carico con i servizi di emergenza (DEA) e con la medicina di base (MMG e PLS)
DOTAZIONE RISORSE UMANE
- Personale, con la definizione di standard nazionali di dotazione quali- quantitativi per tipologia di servizio e con una modifica dei sistemi di reclutamento
- Formazione e Università (con specifiche elencate nel punto successivo)
INCLUSIONE DI NUOVI TARGET DI POPOLAZIONE
- Età Evolutiva, assicurando la continuità nella presa in carico; con la presenza di Servizi dedicati ai disturbi del neuro-sviluppo (DSA, ADHD, ecc.) e di Servizi dedicati all’adolescenza e agli interventi precoci; previsione di inserimento di professionalità specifiche per tale fascia di età
- Dipendenze, con lo studio e la conoscenza dell’evoluzione del fenomeno dei consumi, soprattutto in età giovanile, al fine di assicurare il riconoscimento precoce e i trattamenti tempestivi multidisciplinari EB; la formazione di èquipe unitarie che superino la suddivisione organizzativa determinata da categorie diagnostiche nosografiche, con la individuazione di spazi e trattamenti dedicati a pazienti in fase critica in accoglienza ospedaliera
- Autori di reato e AA.GG., con lo sviluppo di competenze professionali sanitarie specifiche, con la previsione della partecipazione diretta ai Tavoli permanenti nazionali e regionali con l’AA.GG. per accordi inter-istituzionali, con la definizione dei percorsi di cura in REMS, negli Istituti Penali e nei servizi territoriali
- Finalizzare ricerca e formazione specialistica all’innovazione del modello italiano di salute mentale di comunità
I servizi sanitari e, ancor più i servizi per la salute mentale, si basano prioritariamente sulla qualità della competenza professionale (poco su quella tecnologica e logistica). Una competenza che si acquisisce e che si sviluppa durante tutto il percorso formativo e lavorativo e che, quindi, rende indispensabile considerare la formazione e l’aggiornamento una priorità dell’intero sistema.
Il percorso formativo universitario, già attento alle esigenze e istanze provenienti dai servizi territoriali, potrà sempre più sviluppare un sapere condiviso e aderente alla pratica clinica svolta in ambito di istituzioni pubbliche.
Il percorso di aggiornamento successivo è in larga misura garantito dalle Aziende Sanitarie per i propri dipendenti e costruito individualmente per gli altri professionisti. In questi ambiti è necessario contribuire a promuovere la diffusione di conoscenze, evidenze e pratiche cliniche, assumendo così il ruolo di una vera e propria Comunità di Pratica che possa incidere e contribuire al continuo sviluppo delle competenze e identità professionali.
Altro aspetto da sottolineare è la funzione svolta dalla ricerca scientifica per la crescita del sapere in genere; nello specifico è per noi importante che la ricerca si sviluppi anche a partire dagli studi della popolazione in carico ai servizi, che presenta caratteristiche differenti (e di maggiore complessità) da quelle delle popolazioni selezionate per i trial clinici. In questo ambito, la collaborazione tra centri universitari, più specificatamente dedicati anche alla ricerca oltre che alla didattica, e servizi sanitari può offrire vantaggi sia in termini di arruolamento di campioni di popolazione, sia in termini di effettiva fruibilità della conoscenza per la pratica clinica ordinaria. In altri termini, la ricerca può essere maggiormente indirizzata e appropriata ai bisogni di cura.
- Stabilire una forte interlocuzione istituzionale
Le innovazioni assumono valenza nel tempo tanto quanto possono tradursi in una reale modifica delle norme, degli assetti organizzativi, delle culture.
Per tale scopo è indispensabile rivestire un ruolo riconosciuto, autorevole e credibile di interlocuzione con le Istituzioni e gli Organismi preposti ad assumere decisioni che impattano sul sistema sanitario per la salute mentale. Le principali e prioritarie istituzioni dalle quali è necessario essere riconosciuti quali soggetti della rete professionale con cui avviare confronti sistematici, anche attraverso una costante interlocuzione con il mondo dei mass-media e della comunicazione, sono:
- il Ministero della Salute e la Conferenza Stato Regioni, per la definizione di standard di finanziamento e risorse, per l’individuazione di modelli organizzativi aggiornati e omogenei, per la condivisione del prossimo Progetto Obiettivo
- la Magistratura, per la revisione e il confronto sulla normativa relativa alla pericolosità sociale, per la revisione dei percorsi di trattamento e la collaborazione nella gestione dei casi inseriti nelle REMS, per la definizione di percorsi di trattamento e di esecuzione penale, anche in sospensione della pena o in misura alternativa della stessa, a favore di pazienti autori di reato
- il Parlamento, per la messa in discussione ed il superamento delle norme sull’infermità e seminfermità mentale.
La storia degli ultimi decenni dei servizi per la salute mentale in Italia si intreccia con la storia delle riforme che hanno direttamente orientato e determinato obiettivi e strategie.
In alcuni casi è stata soprattutto l’esperienza maturata in ambito psichiatrico a produrre l’esigenza e il processo di riforma (la Legge 180 del 1978), ed in altri ne è stata coinvolta quale attore di un sistema complesso (Riforma della sanità penitenziaria e chiusura degli OPG).
Dalla considerazione del diverso grado di protagonismo o di coinvolgimento nei processi di riforma, nasce l’esigenza di definire programmi e strategie dei Dipartimenti di salute mentale che siano in grado di leggere le forme della contemporaneità, della psicopatologia, dei fenomeni sociali, della domanda di salute e recuperare una capacità di interlocuzione forte a livello nazionale.
In altri termini, i DSM daranno un contributo sempre maggiore al miglioramento dei servizi resi ai pazienti e alla popolazione generale nella misura in cui sapranno continuare ad essere pienamente credibili e rappresentativi sul piano culturale, clinico, scientifico, organizzativo, politico ed offrire competenze innovative ed esperienza professionale.
L’aggiornamento delle competenze cliniche, la ricerca scientifica, la realizzazione di prassi Evidence Based costituiscono il bagaglio di saperi che le diverse discipline presenti nei DSM mettono a disposizione della collettività. Tale bagaglio può contribuire ad assicurare un’appropriata ed equa risposta ai bisogni della popolazione se riesce ad assumere quale cornice di riferimento teorico e operativo la salute mentale, concetto più ampio di quello relativo ai processi di diagnosi, cura e riabilitazione del disturbo mentale.
In sintesi, i DSM dovranno contribuire a promuovere e rappresentare l’equilibrio tra una prospettiva forte di salute mentale e lo sviluppo di una competenza clinico-scientifica altrettanto ampia ed aggiornata.
Cosa si intende per prospettiva di salute mentale?
Nei documentidell’Organizzazione Mondiale della Sanità sono molteplici e sempre più ricorrenti i riferimenti alla salute mentale quale pilastro non solo per la salute pubblica, ma anche quale base dello sviluppo sostenibile (17 Sustainable Development Goals SDGs, previsti dalla The 2030 Agenda for Sustainable Development, adottata dall’ONU nel 2015).
In tale contesto è dato rilievo all’importanza di agire sulle determinanti di salute che impattano negativamente sulla salute mentale, di dare priorità alla salute mentale dei bambini, adolescenti e giovani adulti particolarmente colpiti nei processi evolutivi dalla pandemia, di garantire la qualità e le risorse per i servizi dedicati. Inoltre, viene data rilevanza alla necessità di prevenire il consumo di sostanze ed i comportamenti additivi e di garantirne un trattamento precoce in caso di presenza di patologia.
In questa cornice, vanno trovate risposte ad alcune domande tra loro interagenti:
- quale è la popolazione target, in funzione delle culture, dei luoghi di vita, dei linguaggi e delle relazioni?
- quali sono i profili clinici che manifestano disturbi e patologie e che forme queste assumono?
- quale è il compito cui è chiamato il servizio sanitario anche in collaborazione con altre agenzie sociali?
Risulta oggi imprescindibile per il mondo della salute mentale potersi interrogare su queste questioni, offrire risposte competenti ed adeguate alla evoluzione dei fenomeni e dei quadri clinici e contribuire in tal modo allo sviluppo sociale e culturale.
La visione: scenari ed elementi salienti
- Modello organizzativo dei DSM – Inclusivo, multidisciplinare, multiprofessionale
I Dipartimenti di Salute Mentale rappresentano lo strumento operativo per la realizzazione dei programmi di salute mentale ed il modello organizzativo adottato risponde, e deve rispondere, alla visione e agli obiettivi strategici che ci si pone.
Nel corso degli ultimi anni, l’organizzazione più diffusa dei servizi per la salute mentale è stata orientata dalla tipologia prevalente del disturbo (disturbo mentale in senso stretto, acuzie, dipendenza da sostanze, disturbi del comportamento alimentare, ecc.). Tale organizzazione è stata coerente, da un lato con la tipologia di disturbi che si presentavano, dall’altra con la necessità del sistema di acquisire competenze specifiche nei diversi settori di intervento.
Attualmente e sempre più si assiste ad una sovrapposizione di fattori che interagiscono nel determinare l’emergere e la persistenza di disturbi, tanto più se connessi con i processi di neuro-sviluppo. Inoltre, l’attuale casistica presenta quadri complessi, multiformi e con diffusa co-occorrenza (co-occuring disorders). La pervasività dell’uso di sostanze, con le attuali composizioni delle stesse e le modalità di loro utilizzo, l’evoluzione in età adulta dei disturbi del neuro-sviluppo sono tra i casi per i quali diventa indispensabile comprendere, valutare e trattare il caso clinico non frammentando la presa in carico in relazione ai singoli, seppur molteplici, disturbi, bensì comprendendo il quadro complessivo, ben diverso dalla somma e interazione di singole patologie.
Tale cambiamento determina la necessità di fornire risposte altrettanto complesse e articolate, rendendo indispensabile un differente modello organizzativo che includa e metta in relazione le diverse partiture dedicate ai diversi target. Il Dipartimento di Salute Mentale deve poter offrire adeguate risposte cliniche agli attuali pazienti, senza che questi siano rimandati da un servizio/dipartimento all’altro in un gioco che spesso sconfina in reciproche deleghe e/o in duplicazioni, frammentazioni e incoerenze interne. Tanto più che la coerenza della risposta terapeutica è essa stessa fondamentale fattore di esito positivo del trattamento.
In un Dipartimento inclusivo, attento alle diverse problematiche presenti nelle diverse fasce di età, dalla nascita all’età anziana, devono concorrere anche i saperi e le competenze di altre discipline e professioni che concorrano alla realizzazione del trattamento.
Multi-disciplinarietà e multi-professionalità sostanziano un funzionamento del servizio non basato solo sulla competenza dei singoli professionisti, ma anche sull’adozione di paradigmi comuni, di protocolli condivisi, di procedure efficienti. Pertanto, esse sono alla base di un servizio che supporta il lavoro di èquipe, che favorisce la comunicazione interna e la circolazione delle informazioni.
- Restituzione sociale
Un aspetto fondamentale del lavoro clinico in una logica di salute mentale coincide con il considerare le diverse istanze che ogni individuo/paziente porta con sé. Il tempo, lo spazio e la relazione della terapia non esauriscono e non sono nella maggioranza dei casi sufficienti al raggiungimento di autonomie nella vita quotidiana. La terapia assume invece valenza centrale se supporta il percorso individualizzato per l’acquisizione di una dignitosa qualità della vita.
Il Dipartimento di Salute Mentale deve favorire e facilitare il soddisfacimento dei bisogni di base rappresentati dall’abitare, dal lavoro e dalle relazioni sociali, garantendo trattamenti articolati, anche di valenza sociosanitaria e psicoeducativi. Sono ormai pratiche consolidate nei DSM le esperienze di inserimenti lavorativi, di supporto all’abitare, di attivazione di luoghi di socializzazione.
Nuova spinta può giungere dall’ampliare e potenziare la logica di intervento individuale, tipica dell’approccio clinico tradizionale, adottando sempre più la logica e le competenze di intervento con la comunità e con le reti sociali. Le molteplici buone pratiche acquisite in questa direzione devono diventare prassi comuni di tutti i servizi di salute mentale.
- Prossimità dell’intervento e presa in carico
È stata una importante acquisizione storica anche della Psichiatria la valorizzazione della volontarietà del trattamento. Tale acquisizione però è stata spesso confusa con l’attesa del paziente nei luoghi tradizionali di cura: ambulatorio o ospedale, nei casi di acuzie. Il paziente che richiede un trattamento ambulatoriale si presuppone che abbia già raggiunto una consapevolezza del proprio stato di malattia e una motivazione alla cura. Ma consapevolezza e motivazione spesso costituiscono, o dovrebbero costituire, obiettivi stessi del percorso di trattamento. Una sfida continua tra il prendersi cura e l’imporre cure richieste da altri.
Inoltre, prendersi cura di chi? Del paziente, della sua stretta rete familiare che sollecita interventi, della scuola che segnala ragazzi di difficile gestione nei gruppi, della comunità locale insofferente di soggetti marginali? Ormai spesso anche di soggetti segnalati dall’Autorità Giudiziaria?
La pressione di richieste formulate da altri soggetti aumenta sempre più, tanto quanto si aspetta che il paziente sia in grado di formulare la sua autonoma richiesta di trattamento. La capacità di formulare tale richiesta non può coincidere, nel nostro campo, con la necessità ed il bisogno di cura.
Molti settori hanno da anni colto l’importanza di uscire sul campo e di lavorare nei contesti di vita ordinari: l’attività promossa dalla Unità di Strada per le dipendenze o il lavoro nelle scuole per i bambini e gli adolescenti sono esempi che, seppur diversi, indicano questa direzione. L’uscire dagli spazi tradizionali della cura e portare la cura nei luoghi ordinari di vita coincide anche con la possibilità di garantire interventi precoci e di intercettazione delle gravi forme di disagio correlate a determinanti sociali e culturali.
La presa in carico, in altri termini, è nei confronti del paziente, ma anche della collettività in cui un individuo vive e manifesta la sua patologia.
- Presidio dei confini e dei cambiamenti sociali ed epidemiologici
I mutamenti sociali, culturali ed economici degli ultimi decenni incidono ovviamente sui processi relazionali, affettivi, di sviluppo di ogni individuo. Il riferimento familiare utilizzato per comprendere molte forme di patologia necessita di essere integrato con altri riferimenti, che richiamano le relazioni amicali, gruppali, virtuali. Relazioni, quest’ultime, che hanno spesso maggiore pregnanza ed impatto sulla vita degli individui di quelle su cui basiamo gran parte dei nostri riferimenti clinici tradizionali.
Apprendere nuovi linguaggi e comprendere nuovi significati si impone per la comprensione dei bisogni di salute provenienti dalla crescente popolazione migrante: in ambito internazionale 1 abitante su 30 è un migrante. È una popolazione che rispecchia condizioni di vita molto diversificate, tra stranieri regolari (a volte con precedenti periodi di irregolarità) e migranti forzati, tra minorenni non accompagnati e nuclei familiari coesi, tra persone in centri di accoglienza e persone inserite in contesti ambientali stabili. Ma tutti con culture, modelli relazionali, stili di vita differenti da quelli della popolazione nazionale con disturbo mentale. È necessario comprendere forme differenti di patologia e fornire trattamenti terapeutici accettabili e appropriati per un target differente.
Apprendere nuovi linguaggi e nuovi significati si impone anche per la comprensione della popolazione consumatrice di sostanze o con comportamenti da addiction. Il disturbo indotto da sostanze, che con maggior frequenza si presenta all’attenzione dei servizi psichiatrici soprattutto ospedalieri, riguarda una piccola percentuale dei soggetti con disturbo da uso di sostanze o da addiction. Alcuni dei quali non presentano una psicopatologia pregressa al comportamento di consumo, ma possono sviluppare una condizione post morbosa anche di elevata gravità. Inoltre, anche tra i pazienti, soprattutto giovani, che si rivolgono ai servizi di salute mentale la percentuale di consumatori di sostanze è sempre più elevata; e ciò rende indispensabile saper effettuare, non solo valutazioni diagnostiche accurate, ma anche modulare i piani di trattamento in funzione delle differenti occorrenze.
Altra importante area di confine, che richiede nuovi apprendimenti, è data dai disturbi del neuro-sviluppo (non solo autismo e ADHD, ma anche schizofrenia e disturbo bipolare), arricchiti dalle conoscenze e dalle ricerche degli ultimi decenni. Tali disturbi, caratterizzati dalla difficoltà del funzionamento personale e sociale che si manifesta già dalle prime fasi di vita, costituiscono un ampio insieme di patologie neurologiche e psichiatriche, spesso concomitanti. La complessità di questi disturbi, causati da molteplici fattori, determina la necessità di articolare percorsi di cura prolungati durante l’arco di vita. Il costrutto del neuro-sviluppo consente di avere in mente, da un lato una visione prospettica sulle possibili traiettorie evolutive e dall’altro una visione retrospettiva sul continuum evolutivo, entrambe esaminate in termini di modificabilità. La frequente co-morbilità con il ritardo mentale, poi, non permette più l’esclusione di questi disturbi dall’orizzonte dello psichiatra.
È da sottolineare un’altra area di confine, sempre più presente nella pratica clinica e nella organizzazione dei servizi, che riguarda i soggetti autori di reato con il conseguente interfacciamento tra la funzione della cura propria del sistema sanitario e dello specialista e la funzione del controllo sociale, della pena e della rieducazione proprie del sistema della Giustizia. Le riforme della sanità penitenziaria, la chiusura degli OPG, la maggior attenzione ai disturbi correlati all’uso di sostanze hanno determinato la necessità (e obbligatorietà) di continue interrelazioni con Magistrati, Periti, Amministrazioni Penitenziarie, Forze dell’Ordine con cui sviluppare rapporti di reciproca collaborazione (nel comune obiettivo di riabilitazione e di garanzia della cura ai singoli, di promozione e garanzia della salute della collettività), senza sottostare a deleghe di controllo sociale o ad accettare responsabilità professionali avulse da ogni evidenza scientifica.
Un’ulteriore sfida è data dalla diversificazione dei luoghi della vita sociale e relazionale, con il loro impatto sulla salute mentale. Soprattutto nelle nuove generazioni, tali luoghi non sono più solo luoghi fisici, che richiedono rispetto di regole di convivenza e di reciproca regolazione, ma sono luoghi virtuali, che richiedono diversa percezione ed utilizzo sia dello spazio che del tempo. Luoghi che richiamano la possibilità di realtà virtuali con proliferazione delle diverse identità che ogni soggetto può liberamente assumere. Tali dimensioni si affiancano a quelle dei non-luoghi, quali spazi urbani, sempre più diffusi, scollegati da struttura sociale organizzata, che non prevedono radicamento nel contesto e nelle culture. Il non-luogo, espressione della contemporaneità, determina a sua volta uno spazio di vita in cui la costruzione delle identità e delle relazioni si sviluppano con logiche differenti e non trasferibili da quelle tradizionali.
Abbiamo appreso dalla crisi scaturita dalla pandemia, che i servizi per la salute mentale devono saper affrontare le diverse tipologie di emergenze, nonché i cambiamenti ambientali, che determinano, come visto nell’ultimo anno, importanti ripercussioni, non solo sullo stato di salute individuale, ma anche sulla salute collettiva nonché sulla percezione dei rischi, delle malattie e degli esiti delle cure.
Infine, dobbiamo considerare il grande cambiamento demografico che ci impone di sviluppare strategie e competenze rivolte alla popolazione anziana.
Quali obiettivi qualificanti per i Dipartimenti di Salute Mentale?
- Promuovere l’innovazione clinica, scientifica ed organizzativa necessaria a garantire risposte competenti, autorevoli ed adeguate alle attuali forme di patologia
- Promuovere la diffusione della cultura e delle competenze professionali per la realizzazione dei servizi orientati alla logica della salute mentale e alla riduzione dello stigma
Le principali strategie e azioni da produrre sono quindi:
- Promuovere e sostenere lo sviluppo un nuovo Progetto Obiettivo Tutela Salute Mentale, a valore nazionale, pur con i limiti dell’autonomia regionali derivati dalla riforma del Titolo V
- Finalizzare la ricerca e la formazione specialistica all’innovazione del modello italiano di salute mentale di comunità con la produzione di raccomandazioni e/o linee guida e altri strumenti qualificati
- Stabilire una forte interlocuzione istituzionale con i Ministeri della Salute, dell’Università e della Ricerca, dell’Economia e Finanza, e con la Magistratura
- Promuovere un nuovo Progetto Obiettivo
È necessario sviluppare un Progetto Obiettivo Salute Mentale 2021-2030 che, partendo dall’analisi dello stato di salute della popolazione, indichi gli obiettivi per l’attuale decennio, con uno sguardo attento e sensibile agli attuali scenari precedentemente descritti.
Un Progetto Obiettivo, basato sulle evidenze scientifiche, che superi quindi le posizioni ideologiche che segnano purtroppo il campo della salute mentale e che descriva una strategia di intervento per il pieno rilancio dei servizi per la salute mentale, con il riequilibrio e il superamento delle diversità regionali tuttora esistenti, e dell’attenzione dedicata alla sanità generale e alla salute psichica.
Deve essere indicata la quota di spesa destinata alla salute mentale, con l’introduzione di indicatori regionali e vincoli di spesa per le singole direzioni aziendali, analogamente ai criteri di accreditamento. Così come gli elementi essenziali per garantire i Livelli Essenziali di Assistenza omogenei sul territorio nazionale e, al contempo, il rispetto delle autonomie organizzative locali e regionali.
Nel Progetto Obiettivo devono essere riportati espliciti riferimenti a:
ORGANIZZAZIONE
- Modelli organizzativi che assicurino il supporto strutturale alla realizzazione di un Dipartimento inclusivo, il potenziamento della continuità territorio-ospedale, la continuità della presa in carico nelle diverse fasi di vita
- Territorialità che assicuri la presenza di un DSM in ogni Azienda Sanitaria, ma anche la garanzia di servizi di prossimità
RETI
- Ruolo del DSM all’interno delle ASL, con la definizione dei livelli e dei modelli di integrazione con il Distretto per disabilità, anziani, Casa della Salute, MMG e PLS
- Integrazione sociosanitaria, con indicazione degli elementi essenziali degli Accordi con Comuni/Municipi, Associazionismo e Terzo Settore; con la definizione del Budget di salute e del Dopo di Noi; con indicazioni specifiche per il supported housing e il supported employment
- Rapporto con il privato accreditato, con una programmazione generale omogenea su scala nazionale, epidemiologicamente fondata e con una definizione condivisa ed unitaria dei requisiti per le SRP; il privato accreditato inoltre dovrà concorrere ad assicurare risposte sanitarie e sociosanitarie per gli specifici target costituiti dagli autori di reato e dai pazienti con Disturbo del Comportamento Alimentare
DIGITALIZZAZIONE
- Sistema Informativo nazionale sviluppato anche in funzione della produzione di Report regionali e nazionali aggiornati e confrontabili (possibilità di implementare azioni di miglioramento anche a seguito di benchmarking)
- Telemedicina, con lo sviluppo e la migliore conoscenza degli strumenti e delle valenze cliniche delle terapie e dell’assistenza da remoto, introdotta su larga scala (ma senza livelli di riflessione e di studio pregressi) con la pandemia; utilizzo di piattaforme informatiche per la collaborazione della presa in carico con i servizi di emergenza (DEA) e con la medicina di base (MMG e PLS)
DOTAZIONE RISORSE UMANE
- Personale, con la definizione di standard nazionali di dotazione quali- quantitativi per tipologia di servizio e con una modifica dei sistemi di reclutamento
- Formazione e Università (con specifiche elencate nel punto successivo)
INCLUSIONE DI NUOVI TARGET DI POPOLAZIONE
- Età Evolutiva, assicurando la continuità nella presa in carico; con la presenza di Servizi dedicati ai disturbi del neuro-sviluppo (DSA, ADHD, ecc.) e di Servizi dedicati all’adolescenza e agli interventi precoci; previsione di inserimento di professionalità specifiche per tale fascia di età
- Dipendenze, con lo studio e la conoscenza dell’evoluzione del fenomeno dei consumi, soprattutto in età giovanile, al fine di assicurare il riconoscimento precoce e i trattamenti tempestivi multidisciplinari EB; la formazione di èquipe unitarie che superino la suddivisione organizzativa determinata da categorie diagnostiche nosografiche, con la individuazione di spazi e trattamenti dedicati a pazienti in fase critica in accoglienza ospedaliera
- Autori di reato e AA.GG., con lo sviluppo di competenze professionali sanitarie specifiche, con la previsione della partecipazione diretta ai Tavoli permanenti nazionali e regionali con l’AA.GG. per accordi inter-istituzionali, con la definizione dei percorsi di cura in REMS, negli Istituti Penali e nei servizi territoriali
- Finalizzare ricerca e formazione specialistica all’innovazione del modello italiano di salute mentale di comunità
I servizi sanitari e, ancor più i servizi per la salute mentale, si basano prioritariamente sulla qualità della competenza professionale (poco su quella tecnologica e logistica). Una competenza che si acquisisce e che si sviluppa durante tutto il percorso formativo e lavorativo e che, quindi, rende indispensabile considerare la formazione e l’aggiornamento una priorità dell’intero sistema.
Il percorso formativo universitario, già attento alle esigenze e istanze provenienti dai servizi territoriali, potrà sempre più sviluppare un sapere condiviso e aderente alla pratica clinica svolta in ambito di istituzioni pubbliche.
Il percorso di aggiornamento successivo è in larga misura garantito dalle Aziende Sanitarie per i propri dipendenti e costruito individualmente per gli altri professionisti. In questi ambiti è necessario contribuire a promuovere la diffusione di conoscenze, evidenze e pratiche cliniche, assumendo così il ruolo di una vera e propria Comunità di Pratica che possa incidere e contribuire al continuo sviluppo delle competenze e identità professionali.
Altro aspetto da sottolineare è la funzione svolta dalla ricerca scientifica per la crescita del sapere in genere; nello specifico è per noi importante che la ricerca si sviluppi anche a partire dagli studi della popolazione in carico ai servizi, che presenta caratteristiche differenti (e di maggiore complessità) da quelle delle popolazioni selezionate per i trial clinici. In questo ambito, la collaborazione tra centri universitari, più specificatamente dedicati anche alla ricerca oltre che alla didattica, e servizi sanitari può offrire vantaggi sia in termini di arruolamento di campioni di popolazione, sia in termini di effettiva fruibilità della conoscenza per la pratica clinica ordinaria. In altri termini, la ricerca può essere maggiormente indirizzata e appropriata ai bisogni di cura.
- Stabilire una forte interlocuzione istituzionale
Le innovazioni assumono valenza nel tempo tanto quanto possono tradursi in una reale modifica delle norme, degli assetti organizzativi, delle culture.
Per tale scopo è indispensabile rivestire un ruolo riconosciuto, autorevole e credibile di interlocuzione con le Istituzioni e gli Organismi preposti ad assumere decisioni che impattano sul sistema sanitario per la salute mentale. Le principali e prioritarie istituzioni dalle quali è necessario essere riconosciuti quali soggetti della rete professionale con cui avviare confronti sistematici, anche attraverso una costante interlocuzione con il mondo dei mass-media e della comunicazione, sono:
- il Ministero della Salute e la Conferenza Stato Regioni, per la definizione di standard di finanziamento e risorse, per l’individuazione di modelli organizzativi aggiornati e omogenei, per la condivisione del prossimo Progetto Obiettivo
- la Magistratura, per la revisione e il confronto sulla normativa relativa alla pericolosità sociale, per la revisione dei percorsi di trattamento e la collaborazione nella gestione dei casi inseriti nelle REMS, per la definizione di percorsi di trattamento e di esecuzione penale, anche in sospensione della pena o in misura alternativa della stessa, a favore di pazienti autori di reato
- il Parlamento, per la messa in discussione ed il superamento delle norme sull’infermità e seminfermità mentale.
tutto molto chiaro ed esauriente. Auspichiamo noi familiari che tutto questo possa venire applicato nella pratica anche per i casi più difficili e recidivi e cosìdetti cronici, ma con agito, progetti e programmi sempre con orientamenti riabilitativi per un inclusione sociale per non perdere mai le speranze nè per i pazienti nè per le famiglie. Con l’occasione ringrazio oltre al dott. Ducci anche i curanti del DSM ASL ROMA UNO MODULO DUE, il dott. Alessandro Grispini direttore, il dott. Antonio Gabriele Maone ed il dott. Paolo Quinzi.