L’aumento esponenziale delle tecnologie digitali è accompagnato da un parallelo incremento della solitudine interpersonale: una sorta di desertificazione affettiva dell’anima ci allontana sempre più dagli altri, come galassie che si espandono e si distanziano nello spazio infinito.
Sviluppo tecnologico e solitudine
È ormai evidente la correlazione tra solitudine e sviluppo tecnologico. Noi esseri umani trascorriamo sempre più tempo di fronte alle macchine e sempre meno tempo impegnati in relazioni affettive interpersonali. Il prezzo della solitudine in termini di benessere psicofisico è elevatissimo: negli Stati Uniti, metà della popolazione si sente sola, e lo stesso vale per gli stati europei. In Gran Bretagna e in Giappone è stato addirittura istituito un ministero della solitudine.
Il rischio di sviluppare depressione, ansia, insonnia, senso di isolamento, demenza, ictus e malattie cardiache è molto più elevato per chi vive in solitudine.
Se la solitudine diventa una condizione esistenziale abituale l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene dello stress, provoca una iperproduzione permanente di cortisolo e altri ormoni dello stress.
Il sistema immunitario ed endocrinologo si sregola cronicamente con danni diffusi a molte funzioni corporee.
I costi economici della solitudine in Gran Bretagna sono stati stimati in oltre 9.000 sterline annue pro capite.
Siamo destinati alla solitudine?
Arrestare lo sviluppo tecnologico è ormai impossibile, e forse disconnettere tutti i nostri dispositivi elettronici sarebbe controproducente. La tecnologia è utile ed è un elemento indispensabile per l’evoluzione della specie umana. Quindi, se la tecnologia deve sempre progredire ma al contempo ci rende sempre più soli, siamo irreversibilmente destinati alla solitudine?
Nel corso dell’evoluzione si sono affermati i mammiferi animali che hanno scoperto che è più vantaggioso vivere in gruppi piuttosto che soli, specialmente durante l’infanzia, quando i cuccioli sono indifesi. Ogni specie dei mammiferi ha un suo comportamento prosociale per creare legami di gruppo e combattere i pericoli della solitudine: leccarsi per i felini ed i roditori, spulciarsi per le scimmie, accarezzarsi per gli umani. Queste azioni creano un senso di attaccamento, appartenenza e connessione al gruppo, grazie alla sintesi di ossitocina, che riduce la produzione degli ormoni dello stress.
Il potere delle Touch Medicine
Negli ultimi 20 anni, la capacità della carezza di attivare il tatto affettivo, aumentando la produzione di ossitocina e regolando lo stress, è stata ampiamente studiata dalla ricerca scientifica. Tuttavia, le applicazioni del tatto affettivo nella pratica clinica sono ancora poche. McGlone, uno dei principali ricercatori in questo campo, ha proposto il termine “touch medicine”, una nuova branca della medicina che dovrebbe essere inclusa nelle linee guida per molte malattie psichiatriche, neurodegenerative e cardiovascolari accomunate dall’attivazione cronica dell’asse dello stress.
È necessario ridurre il gap tra la ricerca clinica sul tatto affettivo e la sua applicazione pratica. Molti medici, secondo McGlone, non conoscono le proprietà del tatto affettivo. È importante diffondere maggiormente le conoscenze in questo ambito e aumentare i finanziamenti per ricerche cliniche che dimostrino l’efficacia di metodi naturali basati sul tatto affettivo (ad esempio la terapia Amniotica) nelle patologie da stress, come quelle provocate dalla solitudine. Inoltre, è essenziale promuovere e recuperare una cultura del contatto fisico, del massaggio, della carezza utilizzando sempre più il linguaggio della tenerezza.
Conclusioni sulla Touch Medicine
Non possiamo combattere la tecnologia che ci rende sempre più soli, possiamo però utilizzarla e programmarla in modo da favorire i contatti interpersonali profondi e significativi.
Ma soprattutto possiamo aumentare le occasioni di contatto fisico, riscoprendo l’importanza del tatto che nell’infanzia è stato il più semplice e naturale metodo per socializzare e ci può aiutare a ritrovare il benessere psicofisico che deriva dalle relazioni affettive significative.