Quando Marco Cavallo prendeva forma io avevo 10 anni. Nel manicomio di Trieste, Tinta guardava con occhi di bambino la sagoma di cartapesta che prendeva forma nelle mani degli artisti e dei volontari che ci credevano, insieme a Basaglia.
Tinta non toccava niente, così come tutti gli altri internati in manicomio. Avevano conosciuto il cavallo in carne ed ossa che portava la biancheria ed i rifiuti di cucina, che quando diventò vecchio fu sostituito da un motocarro. Avevano chiesto di tenerlo con loro, anche se non era più capace di rendersi utile, ma non glielo permisero.
Dopo qualche anno , le lotte politiche del 68 portavano le idee di liberazione anche in Manicomio e così qualcuno pensò di ridare vita a Marco come immagine di ciò che resta e cresce, con altri significati che porta con se’.
Marco Cavallo aveva le ruote e la pancia piena di desideri. Per i pazienti i desideri erano un orologio, un paio di scarpe, vedere la propria casa o vedere il mare; per gli operatori rappresentava qualcosa di meno concreto, il simbolo di un processo di liberazione per tutti quelli che soffrivano la vita manicomiale( le condizioni di lavoro in manicomio allora erano estremamente disagiate, vi era scarsità di personale, turni di lavoro faticosi ed alienanti, mancanza di igiene e di dignità per chi custodiva e per chi era custodito. La differenza non era così marcata).
Quando il cavallo di cartapesta fu terminato, fu spinto fuori dalla porta del laboratorio e fuori dal recinto delle mura del manicomio; dietro a lui un corteo di centinaia di persone si riversava nelle vie di Trieste.
Era giugno del 1973
Il cavallo era di colore azzurro, come voleva Tinta, che è stato accontentato.
Questo simbolo esiste ancora ed ogni tanto ritorna, a ricordarci la storia.
Ritorna in questi giorni a Genova, negli spazi dell’ex manicomio di Quarto, rispolverato come vecchio simbolo di liberazione ora che si parla di “chiusura degli OPG”.
Da allora tante cose sono cambiate, tante aspirazioni si sono realizzate. Altri fantasmi sono drammaticamente presenti.
Conoscere la storia del nostro lavoro è essenziale, ma credo sia importante inserire Marco Cavallo nel momento in cui viviamo, altrimenti rischia di diventare una grottesca macchina teatrale.
Non credo si debba più pensare alla segregazione ed alla chiusura , perché’ i nostri pazienti non sono più spettatori come Tinta , ma sono i protagonisti del lavoro, insieme a noi che operiamo tutti i giorni con ideologia più sfumata, ma sicuramente con una maggior coscienza di appartenere al mondo.
Il simbolo per una nuova psichiatria ideato da Franco Basaglia sarà il testimonial della due giorni di iniziative per chiedere la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari e avviare la riconversione dell’area di Quarto [Repubblica.it GE: http://genova.repubblica.it/cronaca/2013/11/12/news/marco_cavallo_-70846118/]