Una data che non dimenticherò per gli eventi accaduti a chi mi è caro.
Una data che, al di là della retorica e dei luoghi comuni, ha trasformato il mio modo di vedere la vita e il mio approccio alle relazioni umane.
Autenticità, resilienza e lotta hanno caratterizzato questo mio ultimo anno.
Trovo calzante celebrare il giorno attraverso l’accorato ricordo di Franco Corleone della sua compagna di vita, Grazia Zuffa.
L’articolo pubblicato alcuni giorni fa su L’Espresso, riassume in modo semplice il progetto di una vita dedicata agli altri, alla umanità repressa, mercificata e sofferente.
Grazie Franco.
Un filo importante unisce i progetti di vita e di lavoro di Grazia al modello di lavoro del nostro gruppo.
Buon 8 marzo a chi prende il testimone e continua a correre.
Monica Carnovale
Non è facile commentare ciò che hai scritto o almeno non è facile per me senza andare troppo sul personale. Quel che so è che l’unica strada possibile è continuare a correre perché il testimone arrivi dove ci è stato insegnato debba arrivare. E nessun otto marzo cancellerà quello che ormai sappiamo. Grazie per il tuo esempio.
A volte può capitare che , pur avendo la voglia di correre, si può sbattere contro un ostacolo che ci rallenta, che può anche farci cadere. Ma è qui che entra in gioco la forza del gruppo, forza che ci sostiene e ci offre quella rete di sicurezza che ci motiva e ci ricorda il grande valore dell’obiettivo comune. Continuiamo a correre …..
stasera con dolore pensavo a quanto c’è in sospeso, da fare, da ridiscutere, da combattere, da portare avanti. Con dolore perchè sento l’onda della supeficialità che condiziona adesioni a modelli raccrappiccianti.ma che non si vedono tali. Come se storia memoria svanissero in slogan superficiali. Come se non c’entrassimo noi tutti nel non separare la nostra libertà dalla libertà di tutti, degli altri. nel rispetto nella ricerca nella denuncia nel soccorso dell’altra persona.
Non ho conosciuto Grazia
ma ricordarla oggi è essere responsabili di un discorso etico che deve essere nel nostro quotidiano, nel nostro agire, nella cultura che trasmettiamo, nei compiti che il nostro mestiere comporta, negli inganni che comporta, negli ostacoli che dobbiamo affrontare.
Che l’8 marzo significhi riflettere per combattere
Difficile dire che cosa ci rende ciò che siamo.Difficile anche dire perchè ci occupiamo della sofferenza,e della speranza che questa si attenui,si plachi.
Leggendo le parole di Monica ,che ricorda le parole di Franco Corleone nel ricordo della moglie sembra però possibile intravedere una risposta.
Siamo ciò che siamo perchè siamo con coloro che abbiamo incontrato e che hanno scolpito bassorilievi nelle nostre vite.
Ci occupiamo della sofferenza e della speranza che questa trovi cura perchè abbiamo fatto esperienza del nostro incessante cercare presenza anche dentro l’assenza,talvolta,di amore.
Siamo dentro questo dialogo tra noi e gli altri perchè crediamo che questo sia il senso della nostra natura umana.
Così mi unisco a Monica, a Franco, a Grazia, a tutti coloro che sono presenti anche dentro di noi,a confermarci la testimonianza del senso del nostro impegno ad occuparci del senso del vivere anche di coloro che sembrano averlo perduto.
Come i nostri pazienti.
Come capita,talvolta,a ciascuno di noi.
Grazie Paola di esprimere un senso a cose dentro di noi inespresse
Correre…correre, momenti di consapevolezza e riconoscimento e ancora andare avanti e testimoniare
Ecco cosa mi unisce all’ 8 Marzo
Grazie Monica !!
Condivido in pieno l’articolo di Monica Carnovale.
Il valore del messaggio che proviene da quello che fanno le persone diviene chiaro quando quello che fanno abitualmente, improvvisamente non lo fanno più.
Il vuoto che lasciano, speriamo per un tempo limitato e che si concluderà, come nel caso di Gianni, diviene lo stimolo a proseguire le azioni a cui ci avevano abituato. Anzi, si trasforma in un propellente che ci impegna a proseguirne le mosse, proprio per seguitare a sostenere le “idee di attenzione all’altro” che Gianni ci ha sempre proposto.
Non è stato un anno facile per nessuno del gruppo, in primis per Fabio, Monica, Milena e tutti gli altri dirigenti di Redancia, però credo di poter dire che il Gruppo ha tenuto: le idee che Gianni ci ha messo dentro risultano più attuali che mai, tanto che credo che il problema, secondo me, oggi, sia riuscire a far capire agli altri quanto siano buone.
Oggi ho fatto il Gruppo di Psicoanalisi Multifamiliare presso la CT Reverie, vicino a Roma, idealmente una delle più vicine alla filosofia Redancia. I dirigenti storici sottolineavano, alla fine, a proposito della qualità degli interventi dei pazienti e dei loro genitori, come facessero toccare con mano tutto il lavoro fatto in CT in precedenza: sembravano una cartina di tornasole del lavoro svolto.
Esattamente come quello che avviene nelle CT Redancia, in cui ho la fortuna di poter partecipare al Gruppo, come avvenuto recentemente a Villa Maura, che, in seguito, commentiamo insieme a tutti gli altri operatori, nella riunione plenaria.
Il livello di consapevolezza, di pazienti e genitori, che emerge dalle riflessioni che si sviluppano nei gruppi di psicoanalisi multifamiliare è direttamente proporzionale al livello di qualità raggiunto all’interno delle CT stesse.
Grazie Monica, l’8 marzo è impresso nella vita di tutti noi che stiamo provando a non far cadere il testimone. Ognuno sa che cosa stesse facendo quel giorno, in quelle ore. E’ stato un anno di corsa difficile, altri ne verranno solo se sapremo agire come squadra. Chi ha scelto donne e uomini di questa staffetta sa che ha messo tutti nella giusta posizione, perché sa scegliere i valori di ognuno come nessuno di noi sa fare. Dobbiamo rispettare questo ordine nel disordine, per noi incomprensibile a volte perché organizzato da una mente geniale: solo così le nostre corse quotidiane avranno ancora un senso. Non c’è una meta, non c’è un traguardo: solo il faticoso piacere di una corsa quotidiana con un testimone pesante che ognuno di noi, con l’aiuto degli altri, non deve far cadere. Insieme a Monica, con l’aiuto di Franco e di tutti quelli che credono nella corsa di questo progetto che è diventato un modo di pensare e di vivere
Date che sussurrano
Date che parlano
Date che urlano
Scritte in un destino che gioca col tempo
Che vede l’io diventare noi
Le risposte trasformarsi in domande
La sofferenza che genera nuove risposte
L’amore restituisce senso al nostro cammino
Amore solo
Solo amore
Correre, crederci, esserci. Grazie a chi ce lo ha insegnato e grazie a chi ogni giorno ce lo ricorda con forza e perseveranza, nonostante tutto
Le date, le ricorrenze, tanti ricordi, un solo ricordo. Storie di donne e uomini.
La memoria vivifica la storia vissuta, consegnata agli altri, a noi. Testimoni di un affetto, di un percorso condiviso, che aspetta ora in un tempo sospeso.
Alcune ricorrenze ci costringono a “sentire” dolorosamente, come ci ricorda Roberta. Ed è proprio questo sentire, che spesso ci disorienta e ci rende più vulnerabili, che ci dà altresì la possibilità di provare ad andare avanti, nonostante un presente difficile, impegnativo, duro…proprio nel rispetto di chi ci ha insegnato a resistere, insieme.
E allora questo presente mi ricorda di volgere il mio sguardo alle origini e a provare a comprendere profondamente le motivazioni e gli intenti di Gianni Giusto che hanno dato vita a un gruppo rivolto, come scrive Andrea Narracci, a non perdere mai di vista l’attenzione all’altro.
Tutto questo con l’atteggiamento di chi era ed è alla ricerca non di un sapere assoluto ma di una visione condivisa che scaturisce dal confronto di persone con percorsi e conoscenze diversi ma accumunate da un sentire comune: credo che questo sia il filo invisibile che non solo unisce i percorsi ma anche le lotte per l’unicità delle persone, di cui ci ha parlato Monica.
Dopo il primo moto di sorpresa e compassione alle parole di Monica, per la data che non ricordavo e la condivisione di un resistenza difficile da dire per la sua qualità di contenitore di qualsiasi emozione, fatica e ricordo, sono rimasta interdetta dal “coccodrillo” di Franco Corleone…e ho pensato che solo in quella struttura giornalistica così tecnica del necrologio anche lui avesse potuto contenere…
Le riflessioni sono state tante, come tutte quelle che ho letto nei commenti e di cui sono grata ma la parola “correre” mi ha invece fermata: a pensare che non sapremo mai il senso della nostra vita umana e del nostro dolore ma neppure della nostra meraviglia e gioia e che imparare i cicli della vita, “lasciar vivere ciò che deve vivere e morire ciò che deve morire “, tema caro a Pinkola Estes, cicli così conosciuti dalle donne, madri e “accabadore”, dovrebbe farci camminare al ritmo del nostro passo, raccogliere eredità e digerirle nella nostra unicità, rispettando quella altrui senza prevaricarla o rubarla, onorandola con la tendenza ad eccellere, che non è primeggiare, consapevoli che ogni passo ha un ritmo proprio e diverso e che lascia sempre un impronta dietro e oltre noi, che le strade sono molteplici. “Siamo questo traslare, cambiare posto e nome…di sostanza da nome a nome..” M. Gualtieri