Restare a casa.
É l’esatto contrario dello slogan con cui abbiamo iniziato questa avventura, dieci anni fa.
Avevamo tanti pazienti in gamba che passavano la vita in casa.
La nostra idea di riabilitazione fu da subito quella di guardare fuori. La nostra idea di riabilitazione fu da subito quella di guardare fuori.Fuori da casa, fuori persino dal centro diurno, fuori da qualsiasi luogo che tenda a rinchiudersi in se stesso, a diventare tana, caverna, buco.
Il festival doveva essere un luogo aperto, partecipato, da realizzarsi all’esterno, in una sede prestigiosa, rivolto al grande pubblico e non solo agli addetti ai lavori. Per questo si chiama Lo Spiraglio.
Oggi, che stiamo tutti chiusi a casa, come mi ha detto Giuseppe, uno dei tanti utenti che hanno lavorato al festival, in una specie di Trattamento Sanitario Obbligatorio di massa, abbiamo ancora più bisogno di uno Spiraglio.Per questo ci siamo piegati anche noi al lavoro agile, abbiamo messo in campo tutta l’esperienza acquisita in questi dieci anni su file video, condivisioni, mail, chat, e abbiamo riorganizzato la squadra di lavoro del Festival per fare uscire fuori alcuni contributi del festival e per restare in contatto con il nostro pubblico.
Oggi doveva essere il giorno di apertura della decima edizione de Lo Spiraglio.
Avremmo avuto gli studenti delle scuole romane e poi il grande gruppo cittadino di psicoanalisi multifamiliare, dove si incontrano le storie più dolorose ma anche di successo, dove le persone parlano dei fatti più intimi di fronte a tanta gente.Oggi avremmo cominciato le proiezioni di tanti film che hanno accompagnato il nostro inverno, durante le selezioni.
Perché anche questo anno di film ne sono arrivati tanti, bellissimi, struggenti, appassionati.
In questi giorni avremmo stretto centinaia di mani, scambiato abbracci, bevuto decine di caffè, chiacchierato con gente diversa che, in qualche modo, è accumunata da una idea di salute mentale in campo aperto.
Avremmo parlato con Saverio Costanzo, con Franco Montini, con Jacopo Mosca, con il pubblico, con tanti autori che avrebbero attraversato i cieli per venire al MAXXI ad incontrarsi e a scambiare visioni.Avremmo visto alla serata di premiazioni il cortometraggio che Nicola Ferri ha montato raccogliendo le immagini di 10 anni di festival.
Con un pò di magone invece restiamo a casa, speranzosi che la nuttata ha da’ passà, che i musei tornino aperti e pieni di gente, che il festival possa riprendere la sua delicata marcia verso la luce.
La nostra sigla di questo anno era ispirata al salvataggio.
L’aveva proposta Jacopo quando nessuno s’immaginava che ci saremmo sentiti tutti così fragili, in mano a pochi salvatori, medici, infermieri, operatori sanitari, amministrativi, addetti alle pulizie (perché tutti dimenticano che un ospedale ha bisogno di tante figure professionali?) che dedicano la loro vita alla salute della collettività.
GUARDA IL CORTO: UNA STRAODINARIA DECINA: https://vimeo.com/401643761