Un giorno di ordinaria follia
un commento di Giovanni Giusto
La liturgia degli interventi tesi a definire, catalogare, spiegate, stigmatizzare un atto come quello della persona che ha sparato in piazza Montecitorio mi porta ad una serie di considerazioni .
1) ogni liturgia ha bisogno dei propri officianti che ne convalidino l’esistenza ed il senso. In questo caso gli psichiatri vengono a proposito; non più medici specialisti che devono curare persone sofferenti, ma garantì del bene e del male della società, alienisti perfetti: ma il manicomio non era forse pieno di medici alienisti? Ecco che ritorna la tentazione di spiegare e indottrinare, l’ascia della follia viene dissotterrata pronti a rivolgerla verso chi più conviene in modo premeditato o meno.
2) bisogna recuperare rigore e coerenza di scopo, ha ben ragione Mencacci ad invocare la paranoia come substrato di un malessere sociale diffuso, ma attenzione a non cadere nel tranello di interpretare il ruolo di sacerdoti di un tempo che non riesce a definire modelli culturali ed ideali credibili che corrispondano a valori umanamente in grado di generare benessere valorizzando la persona per quello che è piuttosto che riconducibile a schemi predefiniti.
3) guardando la televisione e ascoltando la radio e leggendo i giornali appare peraltro evidente il gusto ed il bisogno persino perverso di mettere brutalmente in scena emozioni violente per nulla filtrate o elaborabili .
Ed allora ecco la figlia del povero carabiniere costretta alla conferenza stampa, ecco lo psichiatra che tra il prete,lo stregone ed il gentil salottiero ci spiega chi è sacro e chi è profano.
4) Allora evviva le messe in scena, forse utili certamente drammatiche ma se non gestite opportunamente, tragiche