Vaso di Pandora

Storicità e attualità della dimensione del conflitto

La nozione di conflitto attraversa l’intero sviluppo del pensiero freudiano, sia  nelle elaborazioni riguardo il  funzionamento mentale e anche nello sviluppo delle ipotesi patogenetiche: il prorompere della pulsione erotica scatena potenti razioni a “scopo difensivo “ nell’Io ,  in principio con il termine Conflitto  Intrapsichico l’autore intende che tali reazioni difensive di riposta sono attivate da istanze dello stesso Io che si oppongono alla realizzazione del desiderio sessuale: si parla di Io, Super Io, Pulsione conservativa.

La medesima nozione di conflitto tra spinte inconciliabili è alla base del “conflitto Edipico” presupposto che nella metapsicologia freudiana rappresenta il punto più importante ed originale, nozione su cui si basa lo sviluppo della personalità nella teoria freudiana: segna il passaggio dal conflitto intrapsichico al quello transgenrazionale.

La naturale tendenza al pensiero dialettico induce l’autore a non concepire una teoria con una dicotomia inconciliabile tra le due tensioni principali, anzi ipotizza che l’espressione del vissuto pulsionale nel singolo individuo come un melange di varie e personali sfumature d’ interazioni tra pulsione di vita Eros e di morte Tanatos che anzi risultano complementate l’una all’altra.

Nel ’20 Freud elabora la nozione di “coazione a ripetere” attribuendo a questa istanza psichica  i comportamenti distruttivi e regressivi dell’individuo, tale nozione assume un funzione chiarificatrice riguardo alla difficolta di apprendere.

 Dopo il ’20 in  aldilà del principio del Piacere viene introdotta la “Pulsione di Morte” come istanza naturale che tende a ristabilire li status quo nella materia vivente, ovvero a riportare allo stato inorganico la materia.

Nel ’15 in “considerazioni attuali sulla guerra e la morte” Freud afferma che la condizione della guerra provoca un turbamento emotivo con un annebbiamento delle facoltà psichiche, infrange tutte le barriere acquisite del diritto tra i popoli e persino per la scienza comporta una “ perdita di imparzialità” che si rivolge a elaborare sistemi di distruzione sempre più sofisticati , “la guerra a cui non volevamo credere è scoppiata ci ha profondamente deluso”, frase di tragica  attualità in cui viene inoltre espressa la preoccupazione per gli strascichi di rancore tra i popoli che resteranno anche dopo il conflitto e del  sentimento di  delusione che inevitabilmente la coscienza di disastri e massacri comporterà nelle generazioni future.

Il pensiero freudiano è pervaso da un pessimismo razionale che non lascia spazio a concezioni utopistiche o romantiche delle caratteristiche della specie umana.

Non meno importante è il pensiero di M.Kleine che riconosce  all’odio una connotazione innata che solo una spinta amorevole e riparativa può alleviare durante lo sviluppo, particolare importanza viene assegnata alle cure materne.

La scoperta dell’identificazione proiettiva e delle contemporanee istanze riparative hanno aperto la strada alla comprensione dei meccanismi primitivi del funzionamento mentale che hanno costituto la base delle ipotesi per la comprensione della modalità del pensiero psicotica.

I recenti eventi ci costringono a interrogarci sulla natura dei meccanismi basici del funzionamento mentale in condizioni di belligeranza con il verificarsi di massicce e reiterate violazione dei diritti umani fondamentali che continuano a perpetrarsi nell’attualità.

 Siamo sottoposti a costanti pressioni mediatiche che ci espongono massivamente a immagini di distruzioni e massacri con il rischio di una sorta di assuefazione all’orrore che genera indifferenza e distanziamento emotivo; appare opportuno assumere una posizione che potremmo definire di “depressine forte” che ci consenta di mantenere un necessario distacco con la possibilità di mantenere un contatto emotivo con le vittime riuscendo a sostenere sentimenti di pietà e empatia necessari a mantenere un contatto emozionale sufficientemente buono .

Winnicott propone che nell’area intermedia tra fantasia e realtà, si possa attuare una mediazione tra il dominio delle pulsioni e la necessità delle regole, costituendo uno spazio emozionale che possa permettere di vivere il manifestarsi del complesso intreccio tra pulsione di vita e di morte grazie al gioco e all’espressione artistica, una possibilità di articolazione creativa che non sia soggetta al prevalere delle pulsioni o alla necessità d’isterilimento della ragione sociale.

RECALCATI ipotizza che la violenza sia un‘area del funzionamento mentale in cui non vi è spazio per la parola: “dove c’è violenza non c’è parola” e la legge della parola non può trascendere dall’elaborazione del lutto, GUERRA vuol dire eludere ogni speranza riguardo all’illusione dell’umano, rivela la tensione criminogena insita nella natura umana rivelata da una “lunga serie di uccisioni tra i popoli” : siamo tutti assassini la guerra assomiglia ad un’allucinazione collettiva, nel senso di prediligere una “via breve” per la soddisfazione dei bisogni, la fuga dalle frustrazioni e dall’elaborazione del lutto di un’idea narcisistica prevalente: l’illusione della violenza  per  una “soluzione rapida” rivela un nesso tra pandemia e guerra: ambivalenza nei confronti dell’”altro”, nozione ambivalente che vede nell’altro come elemento d’estraneità e pericolo ma, al tempo stesso sostenuta dalla  “pulsione di vita “ l’indispensabile  difesa della presenza dell’altro: distruggere il nemico equivale alla autodistruzione.

FORNARI propone che una elaborazione paranoica del lutto, rappresenti una “vittoria mutilata del fascismo” la conclusione della prima guerra mondiale con gli umilianti Patti di Verdan, denuncia assume su di se la responsabilità della reazione emotiva che tende a costituire un modalità di attesa di Pensiero unico: una sola lingua, un solo stato, pensiero onnipotente , destinato al fallimento, di cui è una rappresentazione universale il mito della  torre di Babele presunzione dell’uomo di diventare DIO agire per sottrazione della complessità scatena  la punizione divina : dispersione delle lingue e delle genti, necessità del traduttore, democraticità accettazione della pluralità della lingua.

BOLLAS propone la possibilità di accedere a una “mente democratica “che non funzioni per scissioni ma è in grado di soggettivare i fenomeni di elaborazione del lutto delle proprie ragioni, e agisce quindi per “sommazione” in opposizione al pensiero unico che funziona per eliminazione del diverso attraverso meccanismi di svalorizzazione scissione e negazione dell’altro del suo linguaggio fino all’eliminazione fisica. Creazione del nemico

HILLMAN riconosce alla guerra lo stato di condizione innata all’umanità una sorta di area di particolare sacralità che l’ha sempre contraddista.

Ares pur rappresentando una divinità del tutto particolare: figlio di Era, nato per partenogenesi per la rabbia vendicativa della dea ai continui tradimenti del divino consorte è presente in tutte le versioni del mito classiche il più temuto e pericoloso degli dei, portatore del “furor“ cieco e incontenibile .

Pur essendo una delle divinità più antiche della cosmogonia classica Hillman osserva che non gli sono mai stati dedicati templi o rituali propiziatori, la furia cieca che annuncia la sua presenza è quanto di più temibile possa esser rappresentato, eppure il perdurare della sua eternità dimostra la ineluttabile necessità della sua presenza nella storia della umanità.

L’inumanità della guerra è per Hilmann la prova della presenza del “divino” in questa esperienza umana universale: l’umano è limitato e mortale, la coscienza della limitatezza della nostra esistenza è innata e probabilmente sta all’origine delle religioni, dei riti funerari e delle liturgie.

Gli esseri divini sono immortali “gli dèi della guerra continuano a rivelarsi lungo tutto il corso della storia, provocando battaglie, versando sangue, bruciando la terra; e infatti ad essi è stata attribuita la responsabilità della nostra storia di guerre, una replica fin troppo precisa dell’Iliade”.

 BION durate gli anni 43/47 si è dedicato al trattamento delle nevrosi di guerra: la famosa  l’esperienza di Nortfield da  cui elabora la sua teoria sul funzionamento emotivo dei gruppi  e avverte della possibilità di un funzionamento di “attacco e fuga” in cui la configurazione emotiva  costruisce una condizione di preoccupazione attiva nei confronti dell’esterno che viene vissuto come minaccioso e presuppone la necessità di difendersi, si costituiscono in queste circostanze leader che guidano il gruppo verso la sua “missione”-

Successivamente Bion ha trattato della relazione fra il mistico ed il gruppo sostenendo che il primo, assimilato al genio, ha bisogno della istituzione, più specificamente del gruppo di riferimento, come quest’ultimo ha bisogno di lui; per il mistico è infatti necessario che il gruppo riceva ed applichi le sue rivelazioni, e per la istituzione che il mistico le esporti nel suo seno.

Una relazione che può essere “simbiotica” e cioè che, anche se intrisa di sospetto e di ostilità, sia potenzialmente benevola e come tale reciprocamente vitale; oppure può essere “parassitaria” se il gruppo è primariamente polarizzato a distruggere il mistico o le sue idee, o quanto meno ad imporre le proprie verità. In questo caso le idee precipitano in un coagulo non più suscettibile di pensiero.

L’autore avverte circa la possibilità che la figura del mistico possa portare se stesso e il suo gruppo alla distruzione affondando sotto il peso delle onorificenze.

Quando nelle C. T. prevalgono situazioni di blocco emotivo, incomprensioni, rivalità e scissioni si determinano le condizioni per la creazione di “capri espiatori” vittime da sacrificare per la sopravvivenza del gruppo.

Prevale un assetto emotivo di rabbia e rivendicazione dove il conflitto sembra prevalere sulla presenza di legami affettivi saldi e riparativi.

In queste condizioni lo scatenarsi di reazioni aggressive e rabbiose a potenziale componente distruttiva è facilitato, la funzione degli operatori viene messa in discussione a volte violentemente attaccata.

Si verifica una condizione di pericolosa instabilità che chiede d’esser gestita, in qualche misura depotenziata; bisogna cioè riattivare la funzionalità dei legami libidici e dei movimenti di riconoscenza, attivare processi di “lutto” per favorire la mediazione tra le idee e convinzioni sclerotizzate la cui contrapposizione genera idee persecutorie e rivendicative.

Un esempio clinico: in una condizione in cui è presente un paziente che manifesta chiusura ritiro, poco capacità socializzante, scarso contatto con il resto del gruppo. Con ridotte capacità di comunicare o esprimere il suo malessere o un qualche elemento di fiducia ed affidamento, nonostante i  ripetuti tentativi da parte di operatori ed utenti.

Durante  la notte il paziente in questione si attiva in maniera inadeguata e aggressiva entrando nelle stanze degli altri e costituendo una situazione di rischio e pericolo per l’intera comunità, l’ operatrice in turno interviene chiedendo al paziente il ritorno nella propria stanza e di attivare delle forme più condivisibili di richieste; ma l’intervento attiva una forte reazione aggressiva con anche la messa in atto di un colpo all’indirizzo dell’operatrice medesima, si viene a determinare una condizione potenzialmente assai pericolosa e distruttiva.

A questo punto si attiva una reazione spontanea di solidarietà nei confronti dell’operatrice da parte del resto degli ospiti che permette di mettere in atto strategie contenitive e di fronteggiamento in una situazione difficile e attendere l’intervento del pronto del pronto soccorso con la ambulanza e delle forze dell’ordine che erano state già attivate, ma che naturalmente hanno impiegato oltre due ore a intervenire.

La riattivazione della solidarietà del gruppo degli ospiti sia a difesa dell’operatrice che della integrità stessa del gruppo minacciato dallo scatenarsi di una violenza cieca ed incomprensibile ha di fatto messo in sicurezza la struttura e a permesso di affrontare il rischio di una condizione di potenziale caos distruttivo.

SCURATI nel suo pregevole saggio sulla guerra fa una disanima comparata della capacità dei conflitti ad esser rappresentati attraverso canali comunicativi significativi e strutturanti a livello individuale e sociale, dall’età classica ai giorni nostri.

L’Iliade opera letteraria fondativa della cultura occidentale narra della guerra tra Achei e Troiani svoltasi intorno al 1200 A.C. attraverso la celebrazione delle gesta eroiche di guerrieri che si affrontavano in scontri di duelli epocali.

 Gli dei, i re e gli eroi partecipavano alla contesa con una tensione esistenziale incomparabile, la prevalenza nello scontro frontale tra due rivali assegnava il valore agli eroi e la vittoria attribuiva in maniera inequivocabile la ragione a uno dei contenenti.

La morte sul campo di battaglia attribuiva gloria imperitura che distingueva il destino dell’eroe da quello dei comuni mortali, destinati a finire nell’opaco “regno delle ombre”.

La mitologia classica attribuiva allo scontro sul campo di battaglia un valore esistenziale rilevante, il viatico verso l’attribuzione di significato della propria esistenza e la conquista dell’immortalità attraverso la narrazione dei poeti ad imperitura memoria.

Successivamente  tratta la trasformazione  nella narrazione epica degli autori dell’età moderna: analizzando le opere di Tasso, Ariosto, Chervantes , Stendal, Tolstoj l’autore sostiene che accanto alla concezione mitologica della guerra : il duello tra gli eroi,  si va delineando nel tempo una narrazione che riguarda più la dimensione di appartenenza ad un campo specifico, nel nostro caso la fede cristiana, piuttosto  che una condizione esistenziale definitoria l’identità dell’eroe, la guerra diventa uno strumento per la distruzione di un esercito, una popolazione, una nazione sostenuta da una spinta fideistica condivisa.

Con le guerre mondiali del XX secolo si assiste al fenomeno dell’ abbandono di DIO dei campi di battaglia: le carneficine, le violenze inflitte e subite perdono ogni valore di rilievo esistenziale, e quindi ogni significato,  la guerra delle guerre “la grande guerra” avrebbe dovuto stabilire un nuovo definitivo ordine mondiale ed europeo per garantire pace e prosperità, le conseguenze della pace furono il fondamento per un nuovo enorme conflitto planetario dove vennero perpretati bombardamenti sui civili, deliberata distruzione delle risorse economiche , campi di sterminio , sino alla tragedia di Hiroscima e Naghasaki.

Tuttavia il nuovo ordine imposto dai vincitori con la pace di Yalta ha costruito un equilibrio che almeno in Europa ha garantito un lungo periodo di non belligeranza, la “guerra fredda” con il suo equilibrio di terrore: nessun vincitore nella guerra termonucleare, ha raffreddato e depotenziato i possibili conflitti che si sono succeduti nella seconda metà dello scorso millennio.    

La caduta del muro di Berlino, la fine della guerra fredda hanno prefigurato una condizione d’instabilità che arriva ai giorni nostri.

A questa nuova fase: alle guerre in IraK, Serbia, Libano, Afganistan l’autore attribuisce una nuova e specifica qualità comunicativa: “la spettacolarizzazione televisiva” attraverso una informazione “totale” incalzante, dai nostri divani osserviamo quotidianamente gli orrori delle guerre in atto, senza alcun afflato fideistico o di rilevanza esistenziale; la luce dell’eroe è spenta per sempre.

Un operatore chiuso in un laboratorio ha la possibilità premendo un pulsante, di guidare la traiettoria di un missile o di un drone per centinaia di chilometri e procurare catastrofi e distruzione che osserva da un video, una specie di videogame.

L’invasione della Ucraina dello scorso febbraio ha lasciato attoniti osservatori e strateghi, ancora “una guerra che nessuno aveva previsto”, nel cuore dell’Europa, le lancette dell’orologio sono tornate indietro: una rivendicazione territoriale, nazionalistica, ideologica, il sogno della ricomposizione imperiale.

I blindati che muovono nel territorio di uno stato sovrano, come in Polonia oltre ottanta anni orsono.

Nella prima fase della guerra si è assistito ad un fatto imprevisto: quella che avrebbe dovuto esser una specie di parata trionfale, come in Ungheria e Cecoslovacchia ai tempi dell’URSS, si è trasformata in una umiliante guerra di posizione, l’elefante russo fermato dal topolino ucraino.

Molti i motivi di questo esito imprevisto: la compatta solidarietà dell’occidente, la capacità dell’attore Zelensky di attivare gli animi di connazionali e stranieri, ma anche una capacità tattica e l’utilizzo delle nuove tecnologie da parte degli assediati, che garantite dall’assistenza tecnologica dell’occidente ha permesso alla resistenza di fronteggiare missili e carri armati; è apparsa insomma una guerra tra diverse epoche il XX secolo contro il XXI.

Ma la distruzione e i massacri non si fermano e a tutt’oggi non si intravvedono spiragli per una mediazione diplomatica in grado di garantire almeno un cessate il fuoco.

Lo spettro di una cronicizzazione del conflitto con coinvolgimento di altre forze si va delineando, evocando la possibilità di guerra “asimmetrica” per le potenze delle forze in campo che ricorda gli oltre quaranta anni di guerra combattuti in Indocina.

Questa prospettiva d’instabilità internazionale influenzerà la cultura e i vissuti degli anni a venire, le preoccupazioni per la recente pandemia, peraltro ancora attiva in varie parti del mondo, sembrano oggi un retaggio del passato, eppure è in contesti come questo che lo sforzo per la costituzione di aree di produzione di cultura di alternativa alla guerra, al prevalere dell’assetto paranoide del pensiero, della contrapposizione tra visioni maniche della realtà urge.

La possibilità di attivare in gruppo forme di pensiero democratiche, aperte, rispettose delle differenze e solidali rappresenta una sorta di resistenza necessaria per il mantenimento della vita mentale, in opposizione alla devastazione soggettiva ed esistenziale che la politica della guerra impone.

 Renè Kaes propone che la “difficoltà a divenire Io nei legami” ovvero la necessità dell’individuo di poter attingere alla fonte del nutrimento affettivo del gruppo di riferimento, si basa sulla costituzione nel gruppo che grazie all’attivazione di “ garanti metapsichici e sociali” consentano l’attivazione di cambiamenti sia nei soggetti che nei suoi legami sociali emotivamente investiti l’autore li definisce “patti narcisistici inconsci” capaci di attivare vantaggi reciprocamente condivisi che non determinino sopraffazione verso chi ne è coinvolto.

     BIBLIOGRAFIA:

Bion W.R.: “Esperienze nei gruppi” Armando ed. ‘1971

Bion W.R :“Apprendere dall’esperienza” Armando ed. 1972

Bion W.R: “Il cambiamento catastrofico” Loescher ed. 1981

Freud S. L’interpretazione dei sogni Opere Boringhieri To. 1899

Freud S. Considerazioni sulla guerra 1915

Freud S. Aldilà del principio del piacere 1920

Hilman J. Un terribile amore per la guerra  Adelphi ed. 2004

Kaes R. Il malessere Borla ed. 2017

Klain M. Invidia e gratitudine Martinelli ed. 2000

Recalcati M. Il grido di Giobbe Einaudi ed. 2021

Scurati A. Guerra Bompiani ed. 2022

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Commenti su "Storicità e attualità della dimensione del conflitto"

  1. Un bellissimo articolo, una fotografia in bianco e nero e una foto a colori in cui predomina il rosso fuoco. Da leggere e rileggere, grazie.
    Nicoletta Mariucci

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