Nelle calde giornate umide di questo agosto, proseguono incessanti i rumori sullo stato dell’Italia sia sul versante politico che economico che peraltro spesso coincidono perché mi insegnate il consenso si ottiene sul benessere possibilmente di molti e soltanto una finanza statale sana riesce a garantirlo.
Nell’ambito dei divertissement estivi ho potuto apprezzare il gioco del collega Andreoli che paragona l’Italia ad un malato mentale individuando argutamente alcune caratteristiche dell’italiano medio al quale, nessun escluso nemmeno Andreoli, sembreremmo più o meno in parte assomigliare (cfr Il professor Vittorino Andreoli: “L’Italia è un Paese malato di mente. Esibizionisti, individualisti, masochisti, fatalisti” L’Huffington Post 06/08/2013).
La domanda che mi pongo, in relazione anche ad altre riflessioni che ho fatto (ad esempio quella sul ruolo dello psichiatra e sugli psicoburocrati) è quale è il senso dell’interpretazione psichiatrica-psicologica di alcun fenomeni culturali e sociali che attengono ai grandi eventi; sia Freud che altri (Fornari sulla guerra, Comelli sulla politica ecc.) psichiatri si sono, spesso inutilmente, cimentati in questa deriva sociologica, senza mi pare risultati tangibili.
Inoltre rispetterei i malati mentali che soffrono di queste patologie e che non penso amino essere assimilati a disonesti faccendieri, intellettuali narcisisti, truffatori incalliti, evasori fiscali inveterati: questi sì che non soffrono, ma fanno soffrire.
Al d là quindi del diritto di ciascuno mio compreso, di esprimere liberamente opinioni sui più disparati fatti della vita, a partire dal proprio vertice d osservazione, mi piacerebbe recuperare a ciascuno le proprie competenze professionali per quello che devono essere, nel nostro caso la cura della sofferenza mentale.
In tal senso l’intervista del collega mi è piaciuta per la sua forza provocatrice.
Gg