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Sindrome di Edipo: un’analisi psicologica moderna

Nello sviluppo psichico e sessuale del bambino c’è una tappa importantissima, quella della sindrome di Edipo (o complesso). Il nome deriva dall’analisi di Sigmund Freud e si rifà a un celebre mito greco. Il rimando è all’Edipo Re di Sofocle. Come in altre occasioni, la psicologia prende in prestito un tema mitologico per spiegare il funzionamento della psiche umana. La sindrome di Edipo influisce in maniera profonda sulla formazione dell’identità e sul passaggio dall’età infantile a quella della fanciullezza, uno step necessario per diventare adulti. Questa fase è quella in cui si avvia lo sviluppo psicosessuale dell’individuo. Inevitabilmente, essa coinvolge i genitori, dal momento che il bambino non avrà ancora rapporti sociali all’infuori della sfera dei parenti più stretti. La teoria psicoanalitica di Freud individua e descrive il complesso edipico.

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Sindrome di Edipo tra mito e psicologia

Riducendo all’osso, la sindrome di Edipo si contraddistingue per l’attrazione provata dal bambino per il genitore del sesso opposto. Essa si contraddistingue per un’infatuazione verso la mamma, per un maschio, o il papà, per una femmina – e in questo caso parliamo di complesso di Elettra, ma spesso la definizione sindrome di Edipo indica entrambi i casi – associata a un’avversione verso il genitore dello stesso sesso, visto come rivale. Il processo di attrazione/ repulsione è inconscio, non volontario in alcun modo, e perfettamente sano. La fase del complesso edipico è fisiologica durante la crescita e non deve preoccupare in alcun modo genitori e familiari. Generalmente, la sindrome caratterizza i primissimi anni di vita, manifestandosi intorno ai 30 mesi e perdurando fino ai 7 anni di età circa. Il collegamento con Edipo si deve alla peculiare storia di questo personaggio, che giacque inconsapevolmente con la propria madre.

La sindrome di Edipo è fisiologica per bambini nei primi anni di vita

Il mito edipico

La tragedia di Edipo è tra le più note della letteratura greca.

Questi era l’erede al trono di Tebe, allevato però a Corinto in quanto i genitori avevano saputo, dall’oracolo di Delfi, che il giovane avrebbe ucciso il padre e sposato la madre. Per tal motivo, avevano deciso di allontanarlo dalla famiglia quando era ancora in fasce. Avendo avuto anche Edipo la stessa rivelazione del suo futuro, e pensando che si riferisse ai regnanti di Corinto, il giovane non fece mai più ritorno in quella polis ma si recò a Tebe. Lungo la strada incontrò Laio, suo vero padre e re della sua città originaria. Nacque un alterco che si risolse a fil di spada con il trionfo di Edipo. La prima parte della profezia era stata compiuta. L’astuzia del giovane principe lo portò poi a trionfare sulla Sfinge, che attaccava instancabile i passanti di quelle parti. I cittadini di Tebe, entusiasti, omaggiarono lo straniero dandogli in sposa la regina Giocasta, sua madre, rimasta vedova proprio a causa sua.

La biologia dietro al mito

Carl Gustav Jung, perfezionatore della teoria freudiana, diede una spiegazione biologica alla sindrome di Edipo e al complesso di Elettra. Secondo lui, l’avversità dei maschi verso il proprio padre è dovuta al loro organo sessuale. Il complesso è infatti profondamente legato alla paura di castrazione del bambino. Quando il piccolo realizza la sua identità sessuale e l’importanza del pene, ha paura che questo gli venga tolto e che perda così la sua forza e virilità. Si tratta naturalmente di un’elaborazione dell’inconscio dovuta alla natura primitiva e più animalesca dell’uomo, non di un lucido ragionamento del bambino. Per quanto riguarda il complesso di Elettra, per strano che possa sembrare, anche qui c’entra il pene. La bimba infatti realizzerà di non averlo e questo la renderà indisposta nei confronti della madre, che non l’ha creata maschio, e la attirerà verso il padre, il quale ne è invece dotato.

Come superare la sindrome di Edipo

Generalmente, non c’è alcun bisogno di attrezzarsi per superare la sindrome di Edipo, dal momento che essa si risolve spontaneamente. Maturando, infatti, il bambino comprende da sé che non può sedurre sua madre e inizia a vedere il padre più come un modello che come un avversario. Ciò è quel che accade in famiglie funzionali che delimitano ambienti di crescita adatti al perfetto sviluppo del piccolo. Questo non significa che i genitori non abbiano alcun tipo di ruolo nel superamento del complesso e debbano semplicemente attendere che passi. La psicologia moderna suggerisce infatti ai due adulti di giocare un ruolo proattivo e mantenere un buon grado di autorevolezza. I desideri più forti del bambino vanno immediatamente soffocati. Ciò non significa diventare troppo rigidi e imporre controlli severi, bensì educare il bimbo al rispetto dei ruoli e limitarne l’iniziativa.

In situazioni familiari caratterizzate da rapporti buoni tra il padre, la madre e il bambino, la fase della sindrome di Edipo si supera senza alcun problema, esattamente come la caduta del primo dentino o la crescita della barba. Uscire da questo periodo sembra creare qualche problema in più in famiglie monogenitoriali o con tutori dello stesso sesso. La psicologia moderna sta ancora studiando gli effetti del complesso edipico sulla psiche di chi cresce in setting familiari atipici, così definiti soltanto per chiarezza. Per quanto riguarda la formulazione classica, freudiana, riferita a nuclei composti di madre femmina, padre maschio e bambino, sono piuttosto rari i casi in cui il complesso non sia stato superato una volta raggiunta la pubertà.

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