Vaso di Pandora

Selfie e vampirismo

Selfie e vampirismo

di Ilaria Picasso

 

Che gli adolescenti siano particolarmente sensibili e facilmente influenzabili dall’emergere di nuove tendenze é storia vecchia, ma in questo caso appare chiaro che si tratta di qualcosa di più del semplice procedimento di costruzione di un’identità personale.

 

Alla base del processo di crescita e sviluppo di ogni adolescente c’è appunto la strutturazione di un’ identità unica e definita che gli consenta di dare una precisa definizione di sé in termini di personalità, valori, preferenze, convinzioni e credenze, rispetto a sé e al mondo che lo circonda.  E’ risaputo quanto tale  processo sia ricco di ostacoli e difficoltà e che proprio per questo l’adolescente necessiti di essere adeguatamente supportato, contenuto, ispirato, dagli  adulti di riferimento.

L’adolescenza infatti é un processo evolutivo che non riguarda solo i ragazzi, ma l’intera famiglia, alla quale si dovrebbe chiedere di rivedere i propri  ruoli, necessità, punti di vista, in virtù delle nuove esigenze legate alla crescita e alla maturazione dell’adolescente.

Per questo motivo ritengo, del resto come per ogni intervento che riguardi un bambino o un adolescente, che l’attività di informazione relativa a queste nuove tendenze,  debba essere estesa anche agli adulti con cui questi adolescenti hanno quotidianamente a che fare, i quali spesso non sanno nemmeno di cosa si stia parlando.

Il linguaggio, come spesso accade quando si parla di giovani, prende in prestito vocaboli dall’inglese, sei un genitore decisamente “out” se non sai che un “selfie” altro non è che un semplice autoscatto. A differenza di quanto accadeva un tempo però, esso può essere ripetuto infinite volte (sembra che qualcuno trascorra fino a dieci ore di seguito a fotografarsi, ci dicono) ed essere modificato a proprio piacimento fino ad ottenere un autoritratto, tanti autoritratti,  magari poco autentici ed aderenti alla realtà, ma degni della copertina di una rivista di moda.

E’ chiaro che nello scattarsi una foto e condividerla non c’è nulla di male, fino a quando questi comportamenti non assumono un carattere di dipendenza, come viene invece evidenziato da diversi studi emersi di recente. Sempre più di frequente vengono segnalati casi di web addiction, che ci inducono a riflettere sul fatto che cambiare l’immagine del proprio profilo facebook per più di 50 volte in un mese, può rivelare serie difficoltà.

Il sociologo Erving Goffman, nell’esprimere il concetto di molteplicità del sé, sostiene che, in generale, l’individuo riesce a gestire e a cambiare una pluralità di self multipli e fluttuanti, che non sono prodotti da una qualche attività psichica,  ma dagli eventi e dagli scenari sociali nei quali interagisce. Seguendo questo pensiero risulta giustamente  impossibile pensare di costruire un sé che non sia intimamente connesso con quello degli individui che lo circondano.

A questo proposito però, se pensiamo che l’adolescente di oggi viene bombardato da una molteplicità di modelli che risultano appetibili da imitare, ha davanti a sé tutta una serie di aspettative “social” da soddisfare e diversi mezzi per poterle dimostrare (facebook, twitter, instagram..etc), non risulta difficile giungere alla conclusione che

questa frenetica cornice sociale di certo non favorisce chi, dalle proprie fragilità ed insicurezze si sente sopraffatto, chi, con modalità ossessivo-compulsive, trascorre il proprio tempo davanti ad un telefono che continua a produrre immagini che rimangono comunque inaccettabili, nonostante le svariate possibilità di perfezionarle, agli occhi di chi deve gestire, senza riuscirvi,  il proprio “self”.

Nell’articolo inoltre si fa riferimento a una recentissima tendenza di alcuni adolescenti a bere sangue umano. Anche se ciò non pare correlato al mondo degli adulti, delle sette sataniche, dei macabri rituali sacrificali, questa moda sa tanto di uno di quei riti di iniziazione tipici di adolescenti inquieti che ricercano esperienze estreme attraverso le quali effettuare il tormentato passaggio all’età adulta.

D’altronde si abusa di alcol per far parte di un gruppo, si usano le sostanze per non sentirsi “sfigati”, si fa sesso necessariamente entro una certa età per potersi dichiarare grandi” e si beve sangue umano per osare ancora di più, spingendosi oltre i limiti di quello che già altri hanno sperimentato e condiviso in rete.

Possiamo inoltre trovare una similitudine tra l’addiction nell’abuso di sostanze e la dipendenza dal sangue inteso come la ricerca di qualcosa che riempia, che stimoli, che dia un senso e nutra un bisogno anche affettivo.

Nell’adolescente sono spesso riscontrabili condotte a rischio interpretabili come una sfida con la morte, si sperimenta l’illusione di essere immortali, spinti da un senso di onnipotenza ancora infantile.

L’avvicinarsi a una realtà così mortifera potrebbe inoltre essere vissuta come una difesa, una negazione delle paure, ci si improvvisa vampiri per esorcizzare l’angoscia legata alla morte,  o, in altri termini, alla perdita della propria infanzia.

Bram Stoker, celebre autore del romanzo gotico “Dracula”, con grande consapevolezza invece,  diceva che la vita è solo l’attesa di qualcosa di diverso da quello che stiamo facendo e che la morte é tutto quello che giustamente possiamo aspettarci.

 

[Rif. ‘Selfite’ e vampirismo, nuove mode a rischio tra adolescenti. Allarme pediatri e psicologi, ultimo trend anche bere sangue‘ – ANSA 12 mag]

 

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