Commento all’articolo di M. Ballico apparso su La Repubblica il 26 maggio 2021
Si parla di un concorso ritenuto mal gestito, a danno di tecnici a indirizzo basagliano. Non so nulla, evidentemente, di quanto accaduto, e non abbastanza dei meriti e limiti del c.d. modello triestino come attualmente messo in opera. Ma credo sia concreto in tutta Italia un rischio di riflusso, dopo il calo della tensione e dell’interesse collettivo che i “non tecnici” avevano a suo tempo investito nel problema del disturbo mentale. Questo, in una mutata temperie politica: basti ricordare che al tempo della riforma il Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia era Antonio Comelli, democristiano credo di sinistra, in quanto ex – partigiano (della Osoppo, certo).
Ma tornando a noi operatori psi: credo che il rischio oggi stia nell’accontentarsi, nel sentirsi soddisfatti di quanto acquisito; e anche quello di lasciare spazio, nei non addetti ai lavori, alla tentazione di pensare al disturbo mentale come di qualcosa che non ci riguarda, di dimenticabile; ai tempi eroici della riforma, il messaggio veicolato dai basagliani duri e puri, pur nei suoi limiti tecnici e teorici aveva il pregio di far sentire il disturbo mentale, o quanto meno la risposta tecnica e sociale ad esso, come qualcosa di bruciante interesse collettivo.
Insidiosa difesa in gioco è sempre l’allontanare l’inquietante, il perturbante inteso in senso classico: ciò che ci assomiglia ma non è identico a noi. Essa agiva, ai tempi di Basaglia, facilitando l’adesione all’invito di lui a “mettere fra parentesi” il disturbo mentale, pur se non negandolo come faceva qualche epigono. Il sottolineare la dimensione politica del problema, qualunque fosse la validità dottrinale di tale semplificazione, è stato comunque efficace poiché ha costretto la politica a occuparsene ben più efficacemente di quanto avrebbero potuto i tecnici da soli; e l’attenzione all’ingiustizia sociale – certo grossa componente del modello manicomiale – era evidentemente qualcosa di condivisibile da ampie fasce di popolazione.
L’effetto perturbante agisce oggi diversamente, portando la gente a dimenticare nuovamente il problema, almeno nelle sue forme gravi e più “alienate” (termine significativo!). Operatori, pazienti e loro familiari rischiano di ritrovarsi chiusi in un cerchio magico, in una nuova e più sottile forma di isolamento. Ne consegue per gli operatori anche la possibilità di cadere nella noia di una routine.
E’ importante mantenere viva l’iniziativa, la spinta a capire di più, la ricerca di proposte e risposte soprattutto alle criticità rilevate: non aspirando a qualcosa di definitivamente salvifico, ma a spunti nuovi, con interesse anche critico e dialettico: compito interminabile (grazie al cielo). Importante anche mantenere aperti canali con i media e coltivare ogni altra possibile occasione di incontro con l’opinione pubblica, aiutando a superare l’atteggiamento difensivo che porta a considerare il disturbo mentale qualcosa di irrimediabilmente “altro da noi”.
Caro Lino
Per capire chi fa o non fa ed ancora di più chi fa bene e chi no, servono dati che abbiano al centro il compito principale del Nostro lavoro: ridurre o eliminare la sofferenza mentale.
La psichiatria ha sempre sofferto di autoreferenzialità e questo non ha contribuito a renderla credibile sia che si tratti di Milone o dei triestini o basagliani come vogliono definirsi.
Di quanti pazienti ti sei curato e con quali risultati?
Domanda legittima da fare ad un chirurgo prima di farsi operare; perché no ad uno psichiatra?
Certo il nostro lavoro con pazienti psichiatrici gravi richiede dell’intervento di un pensiero gruppale; a maggior ragione dobbiamo ragionare sui dati.
Noi ci proviamo col redancia system
Chi fa altrettanto??
Certamente; ma il percorso verso una corretta valutazione e raffronto dei risultati è molto complicato: richiederebbe la messa a punto di una metodica di verifica comune alle varie realtà, su caratteri dell’utenza, criteri di miglioramento, strumenti di rilevamento, modi di elaborazione dati, e quant’altro. Una commissione dovrebbe dedicarvisi per anni, superando chissà quante resistenze. Ma fin d’ora è vero quanto dici: chi comunque oggi si impegna a fornire risultati affidabili merita credito.
Intanto facciamo la rilevazione dei dati relativi agli esiti del trattamento poi mostriamoli e semmai dopo se ne discute.
Se pochi o nessuno lo fa con la scusa della complessità ………