“Il ricordo è il tessuto dell’Identità”, diceva uno scrittore famoso.
Con piacere pubblichiamo questo intenso scritto di Emilia, che in modo crudo e forte ci comunica la sofferenza ed il travaglio emotivo che stanno dietro ad una storia personale.
La memoria permette di fissare il ricordo.
Senza memoria non avremmo ricordi.
Senza ricordi rischieremmo di ripercorrere errori e sofferenze.
Emilia ha un patrimonio di esperienze di vita e di riscatto che ci racconterà nel Convegno organizzato dal gruppo Redancia il 3/4 ottobre prossimi.
Il convegno sarà a Genova e tratterà il tema delle Misure di Sicurezza, dei risultati, delle aspettative future alla luce di quasi 10 anni di lavoro presso la Rems Villa Caterina.
Emilia ci racconterà come ha ricucito la sua vita, grazie anche all’associazione Prato onlus che la sostiene e l’affianca tuttora.
Credo che questa Donna abbia molto da dirci se abbiamo la capacità di sentire e non solo ascoltare.
Grazie per questo scritto che lascio ai lettori così com’è sperando possa portare spunti per riconoscere l’autenticità dell’essere e non dell’apparire.
Monica Carnovale
La dolcezza del ricordo, il suo straziante dolore, spazio alla memoria.
Ricordi quando da ragazza sognavi la rivoluzione, quanto eri piena d’odio, quando facesti quel nome a chi – sapevi – ne avrebbe fatto buon uso, quando c’erano canzoni che ti facevano piangere e altre cantate come inni, a squarciagola per dire: io esisto e penso con la mia testa, ricordi quel passato lontano prima dell’uso di sostanze, prima dell’ago in vena, del risucchio rosso, del sangue scuro?
E più indietro ancora, quando bambina ti affacciavi alla vita con tutte le contraddizioni, le paure, gli incubi terribili che ti scuotevano di notte e ti tormentavano di giorno? Ricordi il dolore profondo e bruciante di tempi lontani, ricordi gli occhi affaticati dalle lacrime e la testa spaccarsi dal dolore.
Ricordi?
Il ricordo diventa memoria e, come memoria, riempie i tuoi tempi e elabora i tuoi silenzi.
Cosa vuoi tu, da me, mondo? Non ti basta quello che mi hai tolto, eoni di ricordi, per lasciarmi solo quell’amaro in bocca che disgusta e martella?
Siamo fatti di memoria, non conosciamo il futuro, attraversiamo il presente, ma siamo un’enorme montagna di ricordi.
Anche quando caparbi ci raccontiamo che non è vero, che il “passato è passato”.
Non abbiamo imparato, venendo al mondo, a conoscere, a parlare e poi a scrivere, a fare amicizia, a comprendere, a volerci bene? Non nasce da tutto ciò la nostra storia? Anche le cose dolorose, le cose brutte e quelle cattive (sia subite che compiute) ci rimangono dentro, anche a loro siamo debitrici, come al temporale e non solo al cielo azzurro.
La memoria e il ricordo.
La prima è lo strumento attraverso il quale si ricorda, il secondo è l’oggetto/il soggetto del ricordare.
Torniamo indietro nel tempo, siamo cuccioli di bestie senza nome, al freddo in caverne inospitali, tremiamo e ci stringiamo l’un l’altro per riscaldarci, il presente ha trattenuto quel ricordo e da lì sono nati gesti di una loro ricchezza, coraggiosi e amabili; anche l’abbracciarsi, secondo me, nasce da quel contesto.
Abbracciarsi, il gesto d’amore e di accoglienza.
Allo stesso modo, attraverso la memoria giacciono in noi altri sprazzi del passato che possono essere crudi, dolenti o spaventevoli. Già, la paura si annida nei meandri della nostra mente.
Ci sono situazioni che vorremmo dimenticare, ma che rimangono ancorate, che con artigli e rostri da rapaci si aggrappano e scavano in noi e nuovamente tremiamo. La mente in questi casi non aiuta, forse per questo a volte farnetichiamo.
La memoria è collocata in diverse aree del nostro cervello ed ha diverse e specifiche mansioni; nella mia fantasia è una specie di nucleo morbido e mobile con tante mani tentacolari, io me la immagino così e penso che dentro quell’insieme informe si raccolgano e si modifichino i ricordi.
I ricordi si adattano alla nostra storia, si alterano nel tempo, cambiano.
Che distinzione c’è? Il ricordo è ciò che è successo, la Memoria ci trasforma e ci fa guardare al futuro. È un’elaborazione che facciamo. Si pensi a quanto è stato difficile costruire la memoria.
Sono viva e palpito, sono qui e racconto, sono il silenzio e la parola, spazio e criticità, notti stellate e luci del giorno.