Vaso di Pandora

Recensione al film “La donna di Gilles” di Frédéric Fonteyne

Elisa…o meglio la donna di Gilles – ché non sembra avere una propria individualità esistendo in funzione dell’esistere di lui – pare vivere per tutta la storia una dimensione di solitudine e di vuoto; vuoto espresso dai dialoghi assai scarni della coppia, scandito dalla preparazione dei pasti, dall’occuparsi delle gemelle, dai lavori domestici; attraverso l’inesorabile trascorrere e ripetersi delle stagioni all’interno di una natura che, per mezzo dei colori esprime un senso che, forse a lei è negato.

Attraverso queste attività tenta – tra  svogliati e fugaci amplessi  col marito, subiti passivamente – di non sentire ciò che la opprime e, tuttavia, si accorgerà lentamente e con dolore che qualcosa sta cambiando nella dinamica familiare.

Gilles sembra essere coinvolto emotivamente dalla sorella  più giovane di Elisa, Victorine; esce di sera, la porta al cinema, si infuria e fa scenate di gelosia se Victorine si fa stringere un po’ troppo durante un ballo da un ragazzo…

Traspare già dalle prime scene una  notevole competitività tra le due sorelle: Victorine guarda Elisa e Gilles che fanno il bagnetto alle gemelle all’aperto; lei è appoggiata alla porta di ingresso e tutto fa pensare alla possibile invidia nei confronti di una famiglia che ancora non ha e ad un uomo che  non è suo, anche se lo sarà presto, il cognato…

D’altro canto Elisa incinta e poco appetibile sessualmente a causa della gravidanza si lascia andare ad un riso amaro e isterico quando un uomo appella per strada Victorine chiamandola “piccioncino”

La storia tra i due amanti sembra continuare: Elisa si rende conto quasi subito di ciò che accade fino a quando Gilles in preda alla disperazione perché la giovane cognata sembra sfuggirgli le confida tutto: “Sono fottuto, se tu sapessi!”, “Pene d’amore?” ribatte lei, ed esplode il suo essere madre, la sua funzione materna, forse rappresentata simbolicamente fin all’inizio del film dall’amplesso che la porterà ad aspettare un altro figlio.

Calma, buono” sussurra Elisa e prende la testa  di Gilles – del quale va detto non si fa cenno della famiglia d’origine – tra le mani, lo rende docile, proprio come un bambino: “Aspetto che ti passi”; arriva  fino a masturbarlo la notte per dargli un po’ di sollievo dai tormenti della dipendenza dall’altra.

Victorine sembra far vivere a Gilles con “naturalezza”  gli stessi dolori che lui fa provare alla moglie: non sente imbarazzo a flirtrare con altri e a confessargli che  vuole sposare Marechal, il tabaccaio; lui, d’altro lato confessa ogni cosa ad Elisa del suo rapporto con l’altra chiedendole di ascoltarlo e di accettarlo proprio come farebbe una buona madre.

Elisa arriva fino a pedinare la sorella in città per vedere se veramente si incontra col tabaccaio per poi riferire al marito: è quasi impossibile non scorgere in questa donna col suo bambino piccolo tra le braccia e la sciarpa blu sulla testa, l’immagine della maternità per antonomasia: la Madonna col piccolo Gesù…

Ma i lunghi silenzi tra lei e il consorte si trasformano in rabbia quando si trova da sola di fronte alla dura vita di tutti i giorni: Elisa rompe piatti, sradica con furia le erbacce dell’orto, butta il sale su una lumaca con un sinistro sorriso sulle labbra.

Decide, infine, di recarsi in chiesa dal prete, per liberarsi da questo segreto che la opprime; Gilles  confessa ad Elisa i suoi tormenti cercando in lei sollievo ed approvazione materna e incondizionata; lei tenta allora di sottrarsi a tanta angoscia confessandosi.

L’interno della chiesa sembra riportare attraverso le immagini dei santi alla sua triste condizione: la Madonna col bambino e soprattutto, cupa e gioiosamente sofferente l’immagine di San Sebastiano martire trafitto dai dardi e  rapito nell’estasi masochistica tramite il quale l’identificazione sembra completa ed efficace: trasformare qualcosa di molto doloroso in altro che possa dare piacere e gioia sembra essere una prerogativa, l’ultima possibilità per non essere schiacciati dalla terribile sofferenza che si prova.

Padre ho bisogno di aiuto, non so più cosa devo fare” è il grido di dolore di Elisa e insieme il senso di confusione che prova, ma la risposta sarà un invito alla sopportazione con l’aggiunta di una penitenza: “…dieci rosari…”

L’epilogo trova la donna di Gilles  ancor più sola dopo che lui sembra essersi definitivamente staccato da Victorine; almeno qualcosa si era mosso, qualcosa era accaduto durante il lungo trascorrere delle giornate; si era sentita veramente madre di quest’uomo, fratello dei suoi figli.

Adesso si sente svuotata come la camicia  appena appesa ad asciugare, senza un senso,  estremamente confusa…tutto all’intorno sembra perdere i confini, sfuocarsi, la prospettiva ribaltarsi senza più alcun punto di riferimento, rimane solo una via di fuga…

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