Con il termine proattività indichiamo l’abilità di avere iniziativa e anticipare gli eventi. Si tratta di una splendida qualità, utile e sfruttabile nella società di oggi. Il proattivo è in grado di distinguersi dalla massa e sa come pianificare al meglio ogni azione per gestire problemi e difficoltà. Il suo approccio, sempre molto pratico, è improntato alle soluzioni e lo dota di quelle caratteristiche di problem solving oggi sempre più richieste dalla vita ordinaria e dal mondo del lavoro. La parola proattività, pur non di uso comune, è sempre più diffusa e viene generalmente tirata in ballo da formatori e mental coach. I manager se ne riempiono spesso la bocca, seppure non sempre sappiano quel di cui stiano parlando. Una persona proattiva è abile a raggiungere i propri obiettivi e sa come risolvere i problemi. Anche quando non riesce a farlo, intraprenderà comunque la strategia migliore per affrontare la situazione.
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Il concetto di proattività
L’introduzione del concetto di proattività come lo conosciamo oggi si deve a Viktor Frankl, psichiatra e psicoterapeuta austriaco. Egli non fu l’inventore del termine, bensì contribuì a diffonderlo nella sua forma attuale, dopo averne aggiornato la definizione iniziale. Prima di lui, un proattivo era qualcuno che era pronto e disponibile a mettersi in azione. Il termine non possedeva ancora la sua accezione moderna. Oggi, riferendoci a una persona che si caratterizza per la sua proattività, intendiamo qualcuno dotato di una visione ben precisa. Chi ritenga che gli esseri umani, in quanto persone, siano responsabili di quel che avviene durante la loro vita, può fregiarsi di questo aggettivo. Il proattivo non è uno – o una, naturalmente – disposto ad accettare quel che il caso gli pari innanzi, bensì chi sceglie come comportarsi in base alle sue decisioni e non alle eventualità.
Quello che siamo è il risultato della somma delle decisioni che abbiamo preso in passato. Il proattivo plasma la propria esistenza con le sue scelte (dunque anche con i propri errori) e non ha alcuna paura di prendersi le sue responsabilità e forgiare di proprio pugno un cammino di vita. L’atteggiamento proattivo è una disciplina di vita. Nonostante le difficoltà che riscontriamo all’esterno, possiamo sempre agire, e reagire, in modo diverso. In tal maniera, troveremo il modo di superarle. Non vuol dire che dobbiamo fare tutto da soli: parte della strategia può essere chiedere aiuto o fornire il nostro sostegno a chi ne abbia bisogno. L’atteggiamento passivo è l’esatto contrario. Esso si caratterizza per le sue lamentele spesso sterili. In tale situazione vediamo comunque i problemi e le difficoltà ma non agiamo per cambiare le cose, limitandoci a ripetere che saremmo contenti se si verificasse un cambiamento.
I livelli di controllo e la proattività quotidiana

Per applicare al meglio la proattività nella vita di tutti i giorni e nelle situazioni che, quotidianamente, ci troviamo ad affrontare, prendiamo in prestito la teoria dei livelli di controllo, elaborata dal formatore statunitense Stephen Covey. A suo avviso, tutti i problemi quotidiani, indipendentemente dalla loro grandezza, sono divisibili in tre gruppi, i quali si distinguono per il livello di controllo che esercitiamo su di loro. I tre insiemi si suddividono in:
- questioni sulle quali esercitiamo un controllo diretto. Qui collochiamo tutte le situazioni che possiamo risolvere con le nostre regole e la nostra influenza. Fin dal momento in cui si presentano, ci è chiaro come operare per giungere alla soluzione.
- Questioni sulle quali non abbiamo che un controllo indiretto. Rappresentano delle sfide più impegnative e, per risolverle, dobbiamo necessariamente incrementare il nostro grado di influenza. Non ci troviamo mai in un vicolo cieco e possiamo sempre modificare il nostro modo di porci, agendo quantomeno a livello comunicativo, così da ripianare ogni differenza e livellare ogni ostacolo, in maniera tale da favorire una reazione diversa anche nelle persone che ci circondano e si trovano alla presa con lo stesso problema.
- Questioni sulle quali non esercitiamo alcun controllo. In questo caso c’è poco da fare: la situazione non dipende da noi in alcun modo. Che fare allora? È più semplice di quel che si creda. Sarà sufficiente cambiare il nostro atteggiamento, lavorare sull’accettazione della situazione e imparare a conviverci. Miglioriamo il modo in cui reagiamo emotivamente e saremo in grado di fronteggiare bene anche i problemi più insormontabili.
La chiave della proattività, a detta di Covey, sta nella serenità di accettare quanto non possa essere cambiato e nella saggezza di saper distinguere quello su cui possiamo intervenire.
Tutta una questione di atteggiamento mentale: da passivo a proattivo
Frankl e Covey erano d’accordo sull’esistenza di due tipi di atteggiamento opposti. Quello che l’autore americano chiamava reattivo è l’atteggiamento passivo e quello di cui abbiamo scritto finora è il passivo. La differenza tra i due si deve al tipo di linguaggio che usiamo per descrivere le cose e, di conseguenza, al modo in cui reagiamo alle situazioni quotidiane.
Se il passivo – reattivo reagirà a una difficoltà dicendo, o pensando, che non sia colpa sua, bensì di una serie di fattori esterni che giocano a suo sfavore e contro i quali lui, o lei, non possa fare nulla, il proattivo agirà in maniera diametralmente opposta e si metterà in azione per fare quanto in suo potere al fine di modificare quella situazione. Covey, nell’analizzare questo comportamento, parlerà di deresponsabilizzazione del soggetto reattivo, il quale rinuncia a prendersi rischi e responsabilità e si limita a subire quel che gli accade.
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