Commento all’articolo di Massimo Recalcati “Neonati sepolti, l’orrore in giardino: le vite sdoppiate di quei ragazzi senza legge né tormenti” apparso su la Repubblica il 21 settembre 2024.
Massimo Recalcati ci offre una riflessione sulla oscura tragedia di Traversetolo. Rimarca innanzi tutto il contrasto fra la normalità – almeno apparente – dell’ambiente sociale e familiare teatro della tragedia e l’improvviso inaspettato irrompere di questa.
A me questo contrasto ricorda il finale del grande “Cuore di tenebra” di Conrad: il protagonista incontra la fidanzata del coprotagonista Kurtz, violento colonialista morto dicendo “Orrore! Orrore!” e con affettuosa mistificazione inventa che l’ultima parola di lui è stato il nome di lei. Questa accoglie al volo la “fake news” (possiamo chiamarla così?) rispondendo “lo sapevo! L’ho sempre saputo”, rincorrendo così una pur triste e finta ma rassicurante convenzionale normalità, espressa anche dall’ambiente che ospita l’incontro: un elegante salottino vittoriano. E allora pensiamo che la normalità, magari falsa, può essere accuratamente ricercata come difesa contro la tragedia più o meno latente.
La contraddizione inquietante dei neonati sepolti
L’altra contraddizione tremendamente inquietane – rileva Recalcati – sta in un atto generativo che, con brusca inversione, si lega non alla vita ma alla morte.
Verissimo, come è vero che di questo intreccio perverso vi è traccia nel nostro patrimonio archetipico, come ben evidenziato, fra gli altri, da Euripide: e va aggiunto che qui la mortale aggressione di Medea ai figli è esplicitamente rivolta contro il padre, e forse anche come rivalsa per l’incomprensione riservata ai dolori del parto “andrei tre volte in battaglia, piuttosto che partorire una sola” . E ne “Le baccanti” – sempre di Euripide – Agave, madre di Penteo re di Tebe, dominata dall’irrazionale spinta dionisiaca, uccide brutalmente il figlio: questa è anche una aggressione violenta all’ordine e potere maschile.
Non potrei escludere dunque che l’atto di Chiara sia anche una aggressione al partner.
Lo spinoso tema dell’aborto
Il constatare come il rapporto gestante-embrione o feto non sia solo idilliaco, ci porta a toccare lo spinoso problema dell’aborto, nel complicato intreccio fra diritti della donna e possibili eventuali diritti dell’embrione, ammesso che questi possa essere titolare di diritti. Per S. Tommaso, forse il maggior pensatore cristiano dopo Agostino, non lo è poiché non è una persona; la Chiesa tuttavia ha poi tenuto e tiene una posizione opposta. La legge vigente in Italia ha posto un limite, convenzionale ma ragionevole: l’aborto è lecito fino al 90° giorno.
Altro aspetto più importante e significativo – prosegue Recalcati – è l’incapacità di mentalizzare, di pensare, che viene sostituita dalla evacuazione violenta dell’oggetto vissuto come estraneo e ingombrante. Questa condizione, ben evidenziata da Bion, può concretarsi in agiti irriflessivi e altrettanto violenti: in Chiara l’ ”oggetto” evacuato è carne e sangue.
La storicizzazione
Ultimo punto trattato in questo bell’articolo è la storicizzazione. Quali su questa condizione gli effetti dell’attuale evoluzione dei costumi, da un lato con declino del principio di autorità e dall’altro con sovrabbondanza di informazioni incontrollate difficili da verificare, da assorbire, da gestire? La profonda crisi della Legge porta, perfino in eventi incredibili come questo, a pensare che “la vita continua come niente fosse perché nulla di significativo è accaduto”.
I due aspetti sono più strettamente collegati di quanto appaia a prima vista: Internet e i social sono divenuti una sorta di autorità sostitutiva.
Potrebbe essere utile, proprio per storicizzare, rileggere un bel libro di Musil, che tratta l’argomento riferendosi al suo mondo, a un passato ben diverso dal nostro: “I turbamenti del giovane Torless”.