Le scienze sociali moderne definiscono la cultura come un insieme di norme, non scritte, che guidano i comportamenti individuali. Queste norme danno alle persone un senso di cosa sia giusto e cosa sbagliato e le educano su quali comportamenti siano più appropriati da tenere, in determinate circostanze, e quali meno. Oggi abbiamo mezzi che ci consentono di misurarla statisticamente, illustrandoci come individui provenienti da differenti culture reagiscano di fronte a situazioni analoghe. Agli inizi degli anni ’70, però, il professore olandese Geert Hofstede non aveva la tecnologia disponibile oggi e basò la sua teoria delle dimensioni culturali sui risultati di 116mila questionari distribuiti in oltre 50 Paesi. In seguito a questo test, e ai suoi aggiornamenti successivi, si è sviluppato il modello interpretativo delle diversità culturali.
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Il modello a cinque dimensioni
Hofstede interpretò la cultura in maniera assolutamente innovativa, per la sua epoca. Suddivise le culture esistenti in 5 diversi modelli, 5 differenti dimensioni secondo cui i giovani vengono educati ad affrontare la vita. Persone residenti in Paesi molto lontani tra loro possono vivere all’interno di schemi culturali molto diversi. Il modello culturale è infatti profondamente legato alle condizioni di vita di una determinata area geografica. Non esiste uno schema migliore, o più corretto, di un altro. La loro percezione dipende dalla dimensione in cui il giudicante è immerso. Semplicemente, si tratta di prospettive differenti, alle quali fa seguito un approccio diverso alla quotidianità. Quali sono i 5 ambiti evidenziati dallo psicologo e antropologo proveniente dai Paesi Bassi, all’interno della teoria delle dimensioni culturali?
La distanza dal potere
Alcune culture esaminate presentano situazioni nelle quali il comune cittadino è molto distante dal potere. Esse si definiscono gerarchiche. Per la società è piuttosto rilevante mettere in evidenza le differenze di status tra i suoi componenti. Diversamente da quanto si potrebbe ritenere, sono le persone alla base della piramide sociale che determinano se la società sia ad alta o bassa distanza dal potere. Non è mai una imposizione, bensì si tratta di una accettazione da parte dei cittadini. Tutto questo ha le sue radici nell’infanzia: è prima dei 10 anni, infatti, che i bambini si fanno un’idea ben chiara di cosa sia giusto o sbagliato.
La cultura tailandese, per esempio, ha livelli molto alti di distanza dal potere. I reali sono rispettati e temuti. Persino gli stessi funzionari dello stato, che ricoprono una posizione di prestigio all’interno della società, si inginocchiano alla loro presenza. Le culture nord europee, molto lontane da questa concezione della politica, registrano un punteggio molto basso di distanza dal potere e sono pertanto definite egualitarie. La ricerca di Hofstede, e di chi l’ha succeduto nella compilazione della teoria delle dimensioni culturali, assegna a ogni cultura presa in esame dei punteggi. Più alto sarà lo score in una delle 5 dimensioni, maggiormente la cultura sarà aderente a tale sfera. In una società egualitaria, si badi bene, la distanza dal potere esiste comunque, non è totalmente assente. Pur esistendo è sottile e non viene pressoché mai rimarcata, nè dai potenti nè da chi è posto sotto di loro.
La teoria delle dimensioni culturali tra individualismo e collettivismo
Altra discriminante da non sottovalutare è quella tra individualismo e collettivismo. Nelle culture altamente individualiste il singolo è più importante del gruppo. Ciò lo spinge a comportarsi in maniera indipendente, esprimendo sempre la sua opinione personale. Nelle culture collettiviste è invece più rilevante l’appartenenza a un insieme e la fedeltà ai suoi membri. Gli scontri avvengono tra gruppi, non tra individui. All’interno dello stesso insieme, i componenti si impegnano per mantenere l’armonia. In culture di questo tipo prevale la logica collettiva e l’individuo cresce in moltitudini coese, numerose e altamente protettive.
Lungo termine o breve termine
Nelle culture orientate a lungo termine gli individui sono focalizzati sul raggiungimento di obiettivi di performance che garantiscono loro un certo status, economico e sociale. Per brutto che possa suonare, Il lavoro è vita e la realizzazione è legata alla propria professione. Un esempio di un Paese dai valori orientati al futuro, che valorizza risparmio e costanza, è naturalmente la Cina. Nelle culture con orientamento a breve termine la qualità della vita è invece più importante del lavoro, il quale si considera un mezzo necessario al raggiungimento del benessere.
Avversione all’incertezza
Chi appartenga a culture con punteggi alti di avversione all’incertezza, sarà portato a implementare meccanismi che riducono le probabilità di rimanere spiazzati di fronte alle circostanze della vita, anche le meno incoraggianti. Parole chiave di questo modus operandi sono: pianificazione, controllo e gestione del rischio. Tra questi Paesi troviamo Giappone, Portogallo e Grecia. I cittadini di questi Stati sono tendenzialmente più religiosi. Essi utilizzano spesso la fede come ulteriore attenuante della loro incertezza.
Le culture che si sono viste assegnare punteggi più bassi su questo punto all’interno della teoria delle dimensioni culturali risiedono in Paesi quali Danimarca, Svezia e Singapore. Esse si caratterizzano per una predominanza di invididui meno religiosi e pianificatori, più propensi a preoccuparsi dei problemi soltanto nel momento in cui questi si presentano.
Indulgenza e controllo nella teoria delle dimensioni culturali
Questa dimensione misura il controllo dei cittadini su impulsi e desideri. Esso è strettamente legato all’educazione che abbiano ricevuto. Un controllo relativamente debole è chiamato indulgenza. Uno più forte si definisce contenimento. Alla luce di ciò, le culture possono essere descritte come indulgenti oppure come contenute. La cultura italiana ha un punteggio basso in questa dimensione ed è, pertanto, una cultura di contenimento.
Società di questo tipo mostrano tendenze al pessimismo, pongono troppo poca enfasi sul tempo libero e sono limitate da norme sociali. Chi le vive è ben conscio del fatto che indulgere su sé stessi sia in qualche modo sbagliato. Ove si registrano punteggi alti in questa dimensione gli individui tendono a realizzare i propri desideri, godersi la vita ed essere smaccatamente ottimisti. Lo Stato, però, si dimostra spesso debole e poco efficace nella sua opera di governo e amministrazione.
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