Commento di Pasquale Pisseri
Ancora su Vado, perchè ho avuto modo di entrarci un paio di volte. Ne ho avuto una conoscenza superficiale, ma sufficiente a dire che quanto vi è accaduto era prevedibile. Dimensioni abnormi, proibitive per una gestione a dimensione umana; struttura edilizia tipicamente istituzionale con lunghi allucinanti corridoi, che mi hanno fatto tornare alla mente quelli dell’antico manicomio di Via Galata; il tipico non luogo. E conosciamo bene l’importanza (anche) degli ambienti abitati nel favorire o ostacolare il riconoscimento dell’altro come persona, senza il quale la violenza è dietro l’angolo. Quanto alla selezione e qualità del personale, un minimo significativo episodio: incautamente ho lasciato il mio computerino al letto del paziente, e nel giro di mezz’ora era scomparso; non può averlo rubato il paziente, che era immobilizzato.
Mi spiace di aver taciuto, non andando al di là della necessaria, ma ovviamente vana, denuncia ai Carabinieri.
Non mi interessa infierire su questa istituzione, che si progetta di chiudere (sostituita con che cosa?). Ma dobbiamo chiederci: chi avvia i pazienti a istituzioni del genere, impegnando denaro pubblico nelle rette, ha una qualche consapevolezza dei meccanismi – notissimi – della degenerazione istituzionale? Ha possibilità, intenzione, capacità di effettuare verifiche di qualità? Potrebbe agire diversamente oppure non ha scelta? E’ una mancanza di alternative? O un problema di risorse economiche? Si dimentica che, oltre a tutto il resto, il modello manicomiale impone anche un grosso drenaggio di risorse? Esiste un orientamento politico generale sul problema della residenzialità? O ci si affida nuovamente al giorno per giorno?
Che si può fare perchè tutto ciò non venga dimenticato?