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La prima impressione: il suo impatto sul giudizio

Nella comunicazione interpersonale, così come in psicologia sociale e della cognizione, c’è un momento ritenuto universalmente fondamentale: quello in cui ci si incontra. La prima impressione non occupa che un breve istante di tempo, eppure può aprire opportunità capaci di cambiare il corso della vita personale o professionale di chiunque. Nel momento in cui due sguardi si incontrano per la prima volta scattano meccanismi cerebrali consueti e profondi. Il modo in cui saremo valutati e percepiti durante la conversazione successiva, dipende molto dai primissimi secondi di rapporto.

La prima impressione non è che un momento fugace, un battito di ciglia, ma possiede un enorme potere. In quel contatto si plasmano giudizi, vengono stabilite connessioni e, in ultima analisi, si influenza il destino della relazione tra le due persone coinvolte. Vediamo come essa impatta sul giudizio che ognuno di noi dà di un’altra persona.

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Come reagiamo quando incontriamo qualcuno per la prima volta

Numerosi studi hanno cercato di stabilire se la prima impressione sia davvero quella che conta, come recita il noto modo di dire. Vari focus group hanno dimostrato che, effettivamente, nel cervello si attivano meccanismi molto particolari quando incontriamo una persona mai vista prima. La conferma è arrivata da una serie di test fotografici. Essi hanno dimostrato che l’essere umano è effettivamente dotato di una capacità immediata di giudizio, anche quando si limita semplicemente a osservare uno scatto. Il fenomeno è evidente principalmente nelle donne.

Grazie a un approfondimento curato dall’Huffington Post, ci è possibile scattare un’istantanea precisa di questo modus operandi mentale. Inquadriamo dunque a dovere quel che accade quando ci relazioniamo per la prima volta con qualcuno di nuovo.

Cosa ci dice la ricerca sulla prima impressione

I risultati emersi dalla ricerca sulla prima impressione sono piuttosto rilevanti. A quanto pare, l’essere umano è effettivamente in grado di farsi un’idea del proprio interlocutore – o comunque di un’altra persona, come nel caso delle foto – semplicemente osservandone la fisionomia per una manciata di secondi (non più di 6 o 7). La prima impressione, dunque, conta davvero. Ma questo giudizio che diamo, questa impressione causata dalla sola analisi dei connotati fisici del volto, quanto è attendibile? La valutazione elaborata internamente è, naturalmente, figlia del pregiudizio e non poggia su alcuna solida base. Ciononostante, si comporta esattamente come se fosse un’etichetta attaccata in fronte e difficile da rimuovere: una volta catalogato l’interlocutore, è molto difficile rivalutarlo in maniera differente.

Da dove derivano i pregiudizi responsabili del nostro processo valutativo? Essi sono largamente basati su uno o più stereotipi. Questi ultimi sono presenti in ognuno di noi senza che l’abbia deciso la nostra volontà. Si tratta infatti di idee o sensazioni preconcette, spesse volte anche molto distanti dall’effettiva realtà, nei confronti delle quali facciamo difficoltà a essere oggettivi.

Quanto conta il pregiudizio

La rilevanza di questi costrutti è stata dimostrata durante uno studio. Alcuni ricercatori, interessati a provare la persistenza del pregiudizio, avevano diviso un gruppo di volontari da profilare in due sottogruppi, apparentemente a seconda dell’orientamento sessuale degli appartenenti. Ai partecipanti alla ricerca – chiamati a redarre la profilazione – era stato detto che il primo insieme fosse composto da omosessuali mentre il secondo da eterosessuali. Quando i profilanti hanno avuto modo di parlare con chi sarebbe stato profilato, fu loro chiaro che, in realtà, i due gruppi erano molto più promiscui di quanto detto in partenza. Ciononostante, molti hanno ritenuto che le dichiarazioni dei volontari fossero menzogne. Il loro pregiudizio era più forte della verità.

Prima impressione, quanto è importante in sede di colloquio di lavoro
Quando si desideri fare una buona prima impressione, ad esempio durante un colloquio di lavoro, è bene tenere presente quanto rilevante sia l’apparenza.

Nel corso di recenti ricerche sulla prima impressione è inoltre emerso come vi sia una profonda differenza tra incontri in presenza e da remoto. Tendenzialmente, quando si conosce qualcuno attraverso la barriera di uno schermo, la percezione dell’altro è sempre peggiore rispetto a quella che si ricava da un faccia faccia con stretta di mano e sorriso. Si tratta di un dato considerevole se lo inseriamo nell’ottica dei rapporti lavorativi. In un colloquio di lavoro e nelle relazioni fornitore-cliente, occasioni nelle quali tutti vogliono dare le migliore impressione di sé possibile, abbigliamento, postura e stretta di mano giocano un ruolo davvero importante. Anche questi elementi sono parte di una buona prima impressione. Quando ci si vede attraverso uno schermo, invece, si dà inconsciamente un’idea di distanza e distacco.

Quanto farsi influenzare dalla prima impressione

Evidenziato quanto sia importante fare una buona prima impressione, puntualizziamo ora anche l’aspetto contrario. Il fatto che i primi secondi giochino un ruolo così preminente, non significa che dobbiamo farci influenzare troppo da quello che gli altri penseranno di noi dopo averci conosciuto (il cosiddetto metapensiero).

La prima impressione che conta davvero è quella che facciamo a noi stessi. Se ci poniamo troppi problemi su come dovremmo apparire di fronte a occhi estranei, probabilmente ci sentiamo inadeguati per primi. Il contesto sociale non è giudicante, o ostile, a priori. Vinciamo l’ansia da primo contatto; un buon modo per riuscirci è quello di registrarsi di fronte a uno specchio. Poi riascoltarsi a distanza di qualche giorno. Correggendo tutte le insicurezze e i tentennamenti vocali e fissando bene in mente quel che vogliamo dire e come desideriamo farlo, non avremo alcuna difficoltà a dare una buona prima impressione di noi stessi.

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