Ogni volta che vedo la pagina bianca, come in questo istante, mi confronto col vuoto. Per questo prima di mettermi a scrivere cerco già di avere un’idea, un incipit, una frase iniziale che mi sollevi da questa tensione.
Probabilmente non mi rendo il lavoro facile, perché in cuor mio spero che quello che scrivo possa avere un impatto sul mondo, anche minimo, che
raggiunga l’anima e le parti inesplorate anche di un solo lettore.
Il potenziale di una pagina bianca
La pagina bianca con la sua totale assenza di contenuti, ma al tempo stesso il suo innegabile potenziale, dà forma e immagine a una sensazione altrimenti difficile da descrivere, un’impegnativa stasi che precede il fluire delle parole, dei ragionamenti, dei sentimenti.
Ora comprendo quel che un’amica mi ha raccontato a proposito del suo parto, che nonostante l’anestesia ha provato un dolore immenso, che pensava di morire, mentre nel frattempo la natura trovava spontaneamente il suo corso.
Ogni processo creativo, degno di questo nome, parte da questo ossimoro, questa apparente contraddizione, un’anestesia dolorosa, un canto dolce e al tempo stesso lamentoso, il letto di chiodi del fachiro e la frustrazione del paziente in terapia. Dico apparente non perché non sia reale, ma perché credo che esista una “bontà” naturale che alla fine e non senza difficoltà, ne permette il dispiegamento, la soluzione.
E così la pagina si riempie e viene alla luce qualcosa che porta con sé un bagliore vitale, qualcosa di nuovo che entra a far parte del mondo.
Sono grato alla pagina bianca per farmi realizzare tutto questo, per mantenermi in uno stato ricettivo, di continua attenzione e tensione.
Senza la pagina bianca mi sfuggirebbe un mondo vitale, bello e luminoso, che altrimenti, se tutto fosse già stato creato e scritto, sarebbe una noia mortale.
Ora che mi viene in mente, anche pagina bianca è un ossimoro?