Nell’era della rivoluzione digitale, del metaverso e delle intelligenze artificiali, concentrarsi sui risvolti sociali e sugli effetti psicologici portati dalla nascita della tv, può apparire fuori sincro, piuttosto che un mero esercizio di memoria. La realtà è però che “tutto” ha avuto inizio proprio con l’avvento di quella “scatola” attraverso il cui schermo il mondo si sarebbe mostrato in ogni casa.
Nascita della tv, da maledetta a benedetta
È il 7 settembre del 1927 quando, nel suo laboratorio di San Francisco, l’inventore americano Philo Farnsworth realizza la prima tv elettronica. Una scoperta accolta con scetticismo, se non addirittura con ostilità, paragonata ad uno strumento demoniaco, che sarebbe stato usato per manipolare e narcotizzare le masse. Tra i più critici, Harold Lasswell, il noto politologo statunitense, “padre” del Modello delle 5 W: “Who Says What in Which Channel To Whom With What Effect?”. Secondo Lasswell la tv non è altro che “un grande ago ipodermico, che esercita sulla consapevolezza delle persone una sorta di narcosi funzionale; in altre parole, uno stato di apatia indotto”.
Solamente intorno alla metà degli anni ’60, soprattutto grazie a McLuhan, si manifesta la necessità di riconoscere alla tv un ruolo fondamentale nel rendere la società più multidimensionale. Sarà la combinazione tra comunicazione verbale e visiva a spostare l’attenzione dalla ricerca sugli effetti del nuovo mass media, a quella sulle sue influenze a livello di atteggiamenti ed opinioni.
Nascita della tv, modelli teorici di influenza dei media
A proposito dell’influenza dei media, tra gli anni ’60 e gli anni ’70, si sviluppano quattro modelli teorici, che ben descrivono i meccanismi psicosociali che si sono innescati con la nascita della tv e che, a ben vedere, possono tuttora essere ritenuti più che validi.
Modello dell’apprendimento sociale
Attualissimo, questo modello, prodotto nel lontano 1967, esamina l’effetto dell’apprendimento sociale, tenendo in conto anche il rischio emulazione. Lo spettatore tende infatti a riprodurre le azioni viste in tv e dunque messe in atto da propri simili, ritenuti significativi proprio perché “dall’altra parte” dello schermo. Una riflessione che comprende anche la consapevolezza che immagini troppo violente o modelli troppo adulti possono avere effetti rischiosi sui più piccoli, portati per natura ad imitare.
Modello dell’agenda setting
Datato 1972, anche questo modello potrebbe rivelarsi valido ancora oggi. Nessuno spettatore può sottrarsi alle scelte operate dai mezzi di comunicazione di massa, che scelgono i ritagli di realtà sociale da mostrare. In questo caso si va anche oltre le influenze valutative e di giudizio sugli avvenimenti. Perché i media, oltre a mettersi dietro, lo schermo, si mettono anche davanti. Fornendo indicazioni su quali notizie debbano essere considerate prioritarie rispetto ad altre e decidendo in pratica anche a cosa pensare.
Modello degli usi e delle gratificazioni
Risalente al 1973, questo modello si basa sull’assunto che l’utilizzo dei mass media sia diretto a uno scopo ben preciso, quello di soddisfare bisogni e desideri, e che dunque debba essere costantemente propositivo, per poter accontentare tutte le esigenze. Qui il ruolo dello spettatore si fa attivo, perché è chiamato a selezionare tra le offerte disponibili quelle che maggiormente lo gratificano. Si ingenera così una competizione tra uso dei media e altre nuove forme di comunicazione, proprio a causa della varietà di scelte a disposizione. Effetto che impone uno studio che utilizzi il il filtro delle differenze individuali, tenendo conto anche dei fattori ambientali.
Modello della coltivazione
Coniato a cavallo tra il ’67 e il ’68, questo modello è il più lungimirante a acuto di tutti. La tv, proprio in virtù della sua natura di agente di socializzazione, sarebbe in grado di plasmare atteggiamenti, valori e comportamenti degli spettatori nei confronti della realtà . Le immagini mostrano modelli simbolici della vita moderna, creando schemi fissi e rigidi di una realtà talmente semplificata da risultare irreale.
Nascita della tv, effetti psicosociali
Tutto quello che era stato previsto riguardo gli effetti della nascita della tv, insomma, si è realizzato. L’evoluzione inarrestabile di questo mezzo di comunicazione è andata di pari passo con quella della società civile, ora accompagnandola, ora indirizzandola. Certo, molte cose sono cambiate nel corso del tempo, sia a livello di approccio da parte di chi gestisce la programmazione, sia di percezione da parte degli spettatori. Se agli albori della tv se ne è potuto apprezzare l’effetto aggregativo, oggi se ne constata l’effetto alienante. Quando ancora il mezzo non era così diffuso, in quanto non nella disponibilità di tutti, chi aveva la fortuna di possederlo era felice di condividerlo, allo stesso modo, quando in casa era ancora presente un solo televisore, la famiglia si riuniva davanti allo schermo. Nell’epoca moderna prima e contemporanea poi, la fruibilità della tv ha invece generato l’effetto opposto, disgregando, sezionando ed isolando lo spettatore.
Sotto il profilo dei contenuti proposti, gli effetti psicosociali sono stati ancora più evidenti, con la politica e la pubblicità a recitare la parte del leone. Dall’influenza alla manipolazione, passando per i messaggi subliminali, la tv da quasi un secolo condiziona a livello inconscio il giudizio, gli atteggiamenti e le credenze degli spettatori. E le conseguenze non sempre si sono rivelate positive. “Usare con cautela” sarebbe stato un giusto messaggio da veicolare, ma non è mai troppo tardi.