Breve commento alla raccolta di favole di Francesco Bollorino
Questa piacevole, piccola raccolta di favole racchiude l’essenza bambina e giocosa di un professionista che ha la passione per la diffusione e la divulgazione della cultura, intesa come conoscenza e di ciò ne ha fatto un completamento importante al proprio mestiere di psichiatra, attraverso la creazione di un’importante e antesignana rivista on-line di psichiatria.
Con la psichiatria apparentemente “Iris” c’entra poco.
Come in tutte le favole, le storie sono brevi ed hanno protagonisti che rappresentano immediatamente alcuni caratteri umani, con qualità, difetti, vizi e virtù comuni agli uomini.
Attraverso un linguaggio semplice, esprimendosi al passato remoto, con dialoghi frequenti, le narrazioni indicano il distacco con un passato, un tempo indefinito e lontano di cui resta però un insegnamento.
La morale è precisa e l’ autore riesce a lanciare un messaggio chiaro al lettore, messaggio che può essere adattato alla lettura di un adulto così come di un bambino, al quale le favole del dr. Bollorino possono essere tranquillamente lette perché curiose ed argute anche per un bimbo dell’era digitale.
Ho detto che con la psichiatria “Iris” c’entra poco, ma a meglio pensarci, può invece delicatamente rappresentare “ l’altra faccia della medaglia” di un terapeuta che, una volta tanto , vuole divertirsi a disegnare i pazienti e le loro caratteristiche con un po’ di umorismo e soprattutto sempre con la speranza di un futuro migliore.
I personaggi di “Iris” sono principi tristi, bambini soli, animali incompleti ed incompresi, che, grazie a qualcuno (entità o persona), attraverso una presa di coscienza faticosa ma autentica, riescono a liberarsi da un limite, un freno, una menomazione a favore di un processo trasformativo di crescita.
La lettura dopo una giornata di lavoro, contribuisce a ricreare nel lettore un contatto con il mondo lieve della fantasia e della semplicità.
Ricordo la lettura delle fiabe e delle favole da bambina o il racconto che ascoltavo dai miei genitori o dalla nonna di quelle che in piemontese vengono definite “quinte”; mi davano pace e mi disponevano alla serenità, magari dopo aver provato timore e curiosità per i protagonisti , esseri fantastici rincorsi da streghe, mostri o calamità naturali.
La stessa sensazione ho provato nella lettura del libretto. Se l’intento di Bollorino era quello di metterci e mettersi nuovamente in contatto con la nostra/sua parte bambina, direi che vi è pienamente riuscito.