Criteri di ricerca per il Binge Eating Disorder
(Disturbo da Alimentazione Incontrollata)
- Episodi ricorrenti di alimentazione incontrollata. Un episodio di alimentazione incontrollata si caratterizza per la presenza di entrambi i seguenti elementi:
- mangiare, in un periodo definito di tempo (ad es. entro un periodo di 2 ore), un quantitativo di cibo più abbondante di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe in un periodo simile di tempo e in circostanze simili;
- sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (ad es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando.
- Gli episodi di alimentazione incontrollata sono associati con tre (o più) dei seguenti sintomi:
- Mangiare molto più rapidamente del normale;
- Mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni;
- Mangiare grandi quantitativi di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati;
- Mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando;
- Sentirsi disgustato verso se stesso, depresso, o molto in colpa dopo le abbuffate.
- È presente marcato disagio a riguardo del mangiare incontrollato.
- Il comportamento alimentare incontrollato si manifesta, mediamente, per 2 giorni alla settimana in un periodo di 6 mesi.
Nota: il metodo per determinare la frequenza è diverso dal quello usato per la Bulimia Nervosa; la ricerca futura dovrebbe indicare se il metodo preferibile per individuare la frequenza-soglia sia quello di contare il numero dei giorni in cui si verificano le abbuffate, oppure quello di contare il numero di episodi di alimentazione incontrollata.
- L’alimentazione incontrollata non risulta associata con l’utilizzazione sistematica di comportamenti compensatori inappropriati (uso di purganti, digiuno, eccessivo esercizio fisico), e non si verifica esclusivamente in corso di Anoressia Nervosa o di Bulimia Nervosa.
Attualmente nel nostro paese viene segnalata da più parti la carenza nell’organizzazione e nella disponibilità di strutture adeguate per l’assistenza ai DCA.
Una documentazione di grande interesse è stata pubblicata dalla rivista Annuali della Sanità Pubblica a cura del Ministero della Sanità, dove, tra l’altro, viene sottolineato che i nostro paese è assai lontano dagli standard assistenziali ritenuti ottimali per questa patologia, e che sussistono forti pressioni dei familiari e dei pazienti nonché dei media affinchè migliorino la disponibilità di strutture adeguate e di trattamenti qualificati. Viene evidenziato inoltre l’alto rischio di cronicizzazione e di morbilità connesso a queste sindromi.
Nel loro insieme i disturbi del comportamento alimentare rappresentano un problema grave e diffuso tra le adolescenti e le giovani donne.
Nei paesi occidentali industrializzati, compresa l’Italia, ogni 100 ragazze in età a rischio (12-25 anni) 8-10 soffrono di qualche disturbo del comportamento alimentare; 1-2 nelle forme più serie e pericolose (AN e BN), le altre nelle forme più lievi.
L’AN è una patologia che colpisce prevalentemente la popolazione femminile (90-95% dei casi). In passato era riscontrata quasi esclusivamente nelle fasce medio-alte mentre in anni più recenti si è diffusa in tutti gli strati sociali. L’età di esordio cade, per lo più, fra i 10 e i 30 anni, con un’età media di insorgenza di 17 anni. Le anoressie prepuberali (che insorgono prima dei cambiamenti somatici della pubertà) e premenarcali (prima del menarca) sono associate a indici di psicopatologia più elevati e ad una prognosi psichiatrica generalmente più grave. Sembrano in aumento i casi di AN che esordiscono dopo i 20 anni, talora dopo il matrimonio. Per le rarissime forme tardive e postmenopausali, la diagnosi differenziale deve prestare attenzione a disturbi depressivi mascherati e ricercare precedenti episodi anoressici rispetto ai quali quello attuale può essere una lontana recidiva. L’AN era una malattia rarissima; ora è una malattia piuttosto frequente. L’aumento dei casi di AN è iniziato dopo la seconda guerra mondiale ed è diventato più intenso negli anni Settanta e Ottanta. Una parte di questo aumento è apparente, infatti l’AN è più conosciuta e quindi più facilmente riconosciuta: è diminuito il numero dei casi che non arrivano mai da un medico o per i quali sono formulate diagnosi errate. Ciononostante l’incidenza dell’AN è realmente aumentata in maniera considerevole.
LAN maschile non presenta differenze sostanziali, sul piano epidemiologico rispetto a quella femminile. L’età media di esordio è forse più precoce (14 anni). Tra i maschi anoressici le classi sociali più basse sono, percentualmente, più rappresentate che tra le ragazze anoressiche. Anche tra i maschi l’incidenza e la prevalenza dell’AN sembrano in aumento negli ultimi decenni, ma forse non nella stessa proporzione del sesso femminile.
L’AN è una sindrome culture-bound, specifica cioè di alcuni paesi e di certe culture e assente in altri. E’ una domanda importante ai fini della comprensione dei valori sociali e culturali che intervengono nella patogenesi dell’AN.
L’AN, con le caratteristiche indicate dalle nosografie correnti come essenziali per la diagnosi, è una malattia frequente nei Paesi occidentali industrializzati, in Australia, in Nuova Zelanda, in Sud Africa e in Giappone mentre è praticamente assente nei Paesi poveri dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. Si può ritenere che l’AN sia una sindrome culture-bound, legata ai valori e ai conflitti della cultura occidentale, in particolare riguardo al ruolo femminile. La sua diffusione nei paesi dell’Est Europeo, nei Paesi del Terzo Mondo e fra gli immigrati da nazioni povere verso nazioni ricche è legata ai processi di occidentalizzazione.
La BN è una sindrome di definizione recente e i confronti con un passato lontano non sono possibili. Negli ultimi quindici anni è stata segnalata una sua diffusione dilagante. Il dato è connesso alla maggiore conoscenza di questa “nuova” sindrome fra i medici e nella popolazione generale. oltre che, come per l’AN, alle influenze pato-plastiche di fattori storici, sociali e culturali nella “scelta del sinto-mo” (sovrabbondanza di. cibo, culto della magrezza, nuovi ruoli sociali della donna, c Anche la bulimia è diffusa nelle varie classi sociali senza differenze significative e, come l sembra una sindrome culture-bound, pressoché esclusiva dei Paesi occidentali industrializzati e del Giappone.
E’ stata segnalata, da più parti, una successione di metamorfosi nella fenomenologia prevalente dei Disturbi del Comportamento Alimentare dagli anni Sessanta, in cui le anoressie restrittive erano la forma clinica più comune, agli anni Novanta, in cui sono diventate sempre più frequenti le bulimie multimpulsive (associate ad abuso di alcool. droghe e farmaci, sessualità caotica, cleptomania, gesti autolesivi).
Vari fattori concorrono a determinare l’insorgenza dell’AN e della BN; è, quindi, utile distinguere tra fattori predisponenti a lungo ter-mine, fattori precipitanti e fattori che tendono a perpetuare la sindrome; un cenno particolare meritano alcuni fattori di natura iatrogena.
Tra i fattori predisponenti a lungo termine vi sono fattori individuali. familiari e culturali. Anzitutto, fra quelli individuali, il genere (femminile) e l’età (adolescenza, prima giovinezza); non è infrequente una storia di soprappeso e di diete. Fra le caratteristiche psicologi che: tratti ossessivi di personalità, aspettative esasperate, perfezionismo patologico (mai soddisfatto), grandi difficoltà nel processo di separazione – individuazione rifiuto del corpo adulto e della sessualità, fissazione all’infanzia e a forme infantili di dipendenza e di controllo. Un disturbo profondo dell’immagine corporea, non di natura disper-cettiva ma legato alla relazione emotiva con il proprio corpo è ele-mento centrale della psicopatologia dell’AN e, in misura minore, del-la BN. L’adolescenza esige un complesso percorso di separazione/disidentificazione/identificazione rispetto alle figure parentali: AN e BN sono legate a blocchi in questo processo. Nella BN sono frequenti disturbi di personalità di tipo borderline, scarso controllo degli impulsi, intolleranza delle frustrazioni, tendenza a bruschi cambiamenti di umore, sessualità disordinata. Sono stati segnalati vari fattori familiari che possono svolgere un ruolo nella predisposizione ai Disturbi del Comportamento Alimentare: l’AN è più frequente tra le sorelle e le madri di anoressiche che nella popolazione generale (questo dato può essere legato sia a fattori biologici che ambientali); disturbi affettivi (maniaco-depressivi), alcolismo dei genitori e obesità della madre sono indicati come possibili fattori di rischio; una parte fondamenta le è giocata dalle caratteristiche di vischiosità e scarsa definizione dei ruoli del gruppo familiare, dall’incapacità di riconoscere e incoraggiare la distinzione, la separazione e l’autonomia. Sono frequenti la soggezione al mito del successo, il bisogno di rispondere sempre alle attese sociali e di compiere al meglio le prestazioni richieste, la dipendenza dal consenso e dall’ammirazione degli altri. Su questa stessa linea interviene il peso dei fattori micro e macro sociali e dei valori culturali: la competitività esasperata di certi ambienti, la richiesta di prestazioni straordinarie, l’esaltazione della magrezza, il mito della bellezza, le richieste e le sollecitazioni molteplici e contraddittorie alle quali è esposta una giovane donna.
Eventi della vita possono precipitare l’inizio della malattia: la correlazione è più frequente ed evidente nella BN (separazioni e perdite, alterazione dell’omeostasi familiare, nuove richieste ambientali, esperienze sessuali, minacce alla stima di sé). Qualche volta è una malattia fisica acuta o un trauma accidentale l’accadimento che precipita l’inizio del disturbo. Un evento spesso (forse sempre) in gioco è l’esperienza dei cambiamenti prepuberali vissuta come una minaccia al controllo di sé e della propria vita. E’ utile ricordare in proposito che la pubertà femminile è una vicenda più complessa e “clamorosa” di quella maschile dal punto di vista dell’elaborazione mentale: rapido aumento del peso corporeo, trasformazioni morfologiche evidenti, menarca, rischio di gravidanza, cambiamento profondo nel modo di essere guardata. Nucleo del vissuto è la paura di perdere il controllo e la stima di sé; la reazione è una concentrazione sul corpo, sul peso e sulla dieta come campo privilegiato nel quale recuperare un sentimento di dominio e di valore. La perdita di peso e la repressione degli impulsi golosi è sentita come un’impresa straordinaria e come un segno fondamentale di autodisciplina. Al contrario, un aumento anche minimo di peso appare come il segnale di una temibile perdita di controllo e di prestigio.
Sono, anzitutto, gli effetti del digiuno e della perdita di peso che tendono a perpetuare la sindrome per via di un feedback negativo:
accentuano la concentrazione sul cibo, il corpo e il mangiare; aggravano (o determinano) le distorsioni nella percezione dell’immagine corporea e dei segnali interni; scatenano crisi bulimiche che a loro volta aumentano l’ansia e la paura di perdere il controllo e richiedono contromisure difensive come il vomito autoindotto, l’abuso di lassativi, ulteriori restrizioni della dieta e i guadagni secondari legati alla malattia (attenzione dei familiari, esitamento di situazioni ses-suali e sociali angosciose, ecc…).
Alcuni interventi medici possono favorire lo scatenamento, il mantenimento o l’aggravamento dell’AN e della BN. La prescrizione di diete, più o meno drastiche, in età adolescenziale, senza adeguata valutazione dei fattori di rischio può avviare l’inizio della malattia. Il circolo vizioso restrizione-bulimia-restrizione è un fattore importante per comprendere, sul piano sociale, il ruolo che l’abuso di diete ha giocato nella diffusione dei disturbi del comportamento alimentare. La prescrizione di preparati ormonali che provocano la ricomparsa delle mestruazioni deve essere di regola evitata: l’apparente ritorno di un funzionamento normale non può che rinforzare quel diniego della malattia che è un elemento strutturale dell’AN e una causa importante di resistenza alle terapie. Una gravidanza può riesacerbare una sindrome anoressica in forme molto gravi. Le rialimentazioni forzate non adeguatamente contrattate con la paziente, non accompagnate da un efficace supporto psicoterapeutico e tali da provocare un aumento troppo rapido di peso scatenano gravissime ansie, sono facilmente seguite da ricadute e, talora, provocano tentativi di suicidio. Inoltre, l’uso di rinforzi negativi umilianti per indurre una rieducazione alimentare può essere molto dannoso in persone che hanno già un livello tanto fragile e problematico di stima di sé.
Nella strutturazione del progetto Villa del Principe si è fatto riferimento alle indicazioni più salienti che compaiono nell’Arnerican Journal of Psychiatry (gennaio 2000) delle linee guida dell’APA per il trattamento dei DCA:
—la valutazione pretrarramento del paziente con DCA è essenziale per stabilire l’adeguato setting di trattamento. La decisione su chi ospedalizzare dovrebbe essere basata su fattori comportamentali, psichiatrici, medici. Il peso e la condizione cardiaca e metabolica sono i fattori più importanti da tenere in considerazione per la scelta de setting entro il quale operare;
— in un programma di ospedalizzazione parziale deve essere attentamente valutata la motivazione dei pazienti a partecipare al tratta-mento e la loro abilità a lavorate in un setting di gruppo;
— prevenzione delle ricadute (lavorare su questo punto prima delle dimissioni e più approfonditamente durante la psicoterapia che seguirà le dimissioni);
— sostenere ed aiutare i pazienti nel momento in cui il peso gradatamente inizia ad aumentare con il programma di riabilitazione nu-trizionale (fase decisamente critica);
— diario giornaliero che consenta di monitorare ciò che il paziente ha introdotto, è utile l’osservazione del pasto del paziente, ciò per-mette al clinico di rilevare le difficoltà che il paziente incontra con particolari cibi, l’ansietà che emerge durante il pasto, i rituali inerenti il cibo (lavoro che può svolgere una dietista durante i pasti assistiti);
— spesso i conflitti familiari possono contribuire a mantenere la sintomatologia DCA, per questo è spesso usata la terapia di coppia e quella familiare (indicata soprattutto per gli adolescenti);
— terapia cognitivo-comportamentale per il mantenimento di un modo di alimentarsi sano, terapia cognitiva ed interpersonale per in-
durre una ristrutturazione cognitiva e raggiungere maggiori abilità di coping. La terapia psicodinamica di gruppo o individuale è possibile solo dopo l’acquisizione di un peso ragionevole come mezzo per lavorare sul disordine di personalità che contribuiscono al mantenimento della malattia e favorire una maggiore maturazione ed insight psicologico.