La Clozapina rimane l’unico antipsicotico indicato nelle schizofrenie resistenti. La maggior parte dei pazienti che non rispondono agli altri antipsicotici può avere beneficio dall’utilizzo della Clozapina.
Cos’è la Clozapina
La Clozapina è il primo antipsicotico atipico. Venne sintetizzata nel 1958 ma venne approvata ed introdotta in alcune nazioni europee soltanto a partire dal 1971. Nel 1975 un lavoro finlandese segnalò alcuni decessi per agranulocitosi, che vennero imputati al farmaco. Venne ritirato dal mercato. Con il senno di poi il dato emerso in Finlandia risultò totalmente divergente dai grafici di mortalità emersi dai lavori successivi tanto da porre molti interrogativi.
La palese utilità tuttavia non poteva essere ignorata. Il profilo di efficacia della Clozapina, unico ed insuperato in vari ambiti, comprende la psicosi resistente o l’intolleranza agli effetti extrapiramidali di altri antipsicotici, la psicosi in Parkinson, il suicidio, l’aggressività eterodiretta violenta, la polidipsia…
Nel 1989 il farmaco venne infine anche approvato dalla FDA, l’agenzia americana per i farmaci, e fu re-introdotto nel mercato ed approvata per l’utilizzo delle sole forme resistenti, con l’obbligo in capo al prescrittore di controlli seriati sull’emocromo e nello specifico sulla conta leucocitaria neutrofila, settimanale per 18 settimane e mensile in seguito a tempo indeterminato.
Chi può prescrivere la Clozapina
Non è un farmaco maneggevole. Si tratta di una molecola il cui utilizzo deve essere riservato agli psichiatri che ne abbiano buona conoscenza delle caratteristiche e delle criticità. Le avvertenze e le collateralità che compaiono in scheda tecnica sono di dominio pubblico dato che sono state analizzate a fondo con una miriade di lavori scientifici e molto pubblicizzate. La Clozapina può causare miocardite, prolungamento dell’intervallo QT al ECG, tromboembolia, abbassamento della soglia convulsiva, occlusione intestinale ed infine una forma di agranulocitosi molto rara ma
potenzialmente letale. Gli effetti indesiderati, che nella norma sono ben tollerati se il farmaco viene titolato lentamente e tendono a scomparire nel medio termine, sono: sedazione, scialorrea, ipotensione, tachicardia, stipsi….
Nella pratica il combinato disposto della scarsa maneggevolezza, delle numerose avvertenze in scheda tecnica e dell’obbligo di esecuzione degli emocromi seriati, di fatto spaventa molti professionisti e altrettanti pazienti potenziali beneficiari. Ancora oggi la Clozapina è palesemente sotto-utilizzata in rapporto al beneficio atteso.
Lo studio di The Lancet Psychiatry
Nel mese di novembre 2023 u.s. è stato pubblicato sull’autorevole rivista The Lancet Psychiatry uno studio compiuto su 26.630 pazienti neozelandesi e australiani. La conclusioni degli autori sono le seguenti: appurato che l’agranulocitosi da Clozapina è molto rara e si presenta prevalentemente nei primi 6 mesi di terapia ed in seguito l’incidenza crolla fino ad approssimarsi allo zero dopo 24 mesi, i controlli seriati dell’emocromo sono inutili dopo i primi due anni. Sono anzi dannosi perché rappresentano un carico di responsabilità e di lavoro per i professionisti ed un impegno fastidioso
che di fatto disincentiva molti pazienti. Si tratta di una rara evidenza scientifica con enorme potenziale di cambiamento e che impone serie riflessioni. L’American Psychiatric Association insieme a numerose altre associazioni hanno recentemente inoltrato alla FDA richiesta formale di semplificazione della prassi e della scheda tecnica del farmaco.
Rimane da vedere a cosa porterà tutto ciò, se effettivamente si arriverà ad aumentare la platea di pazienti a cui questo farmaco può realmente migliorare la qualità della vita ed aprire margini di riabilitazione insperati.
I benefici della Clozapina
Il vero paradosso della Clozapina è un altro, ed è noto da tempo: da quando sono stati pubblicati alcuni studi scientifici che hanno evidenziato come, nonostante tutte le avvertenze presenti in scheda tecnica, agranulocitosi compresa, nel mondo reale la Clozapina aumenta la sopravvivenza dei pazienti, confrontati a quelli che assumono altri antipsicotici e a quelli che non assumono psicofarmaci. Allunga la vita ai pazienti schizofrenici che la assumono. Alcuni lavori evidenziano una diminuzione della mortalità addirittura del 30-50% rispetto agli altri antipsicotici.
Si tratta di un end-point primario, il più importante nella scala gerarchica degli esiti, al cospetto del quale la bolla della paventata pericolosità della Clozapina scompare.
Per quanto tempo ancora questo farmaco continuerà ad essere sotto-utilizzato? Il risultato è che molti dei nostri pazienti rimangono privati di un rimedio efficace ed importante, oltre che molto ben tollerato e sicuro nel lungo periodo.
Uno dei più autorevoli psicofarmacologi, Stephen Stahl, giunto a queste conclusioni, nel 2019 decise di pubblicare un libro dedicato esclusivamente alla Clozapina: The Clozapine Handbook. Presa di posizione verosimilmente autentica, considerato che il brevetto sulla molecola Clozapina è scaduto da molti anni.
Un libro-un farmaco, un caso raro o forse unico.
Mio figlio ha trovato miglioramenti solo con la clozapina che però ha interrotto diverse volte scompensandosi molto. Ora la sta prendendo bene perché è ricoverato insieme anche a Maintena a lungo rilascio e sembra stare molto bene. Ma sono compatibili i farmaci in cocktail?
Il più grande “difetto” della Clozapina è che, ad oggi, non si è riusciti a produrre una forma iniettabile long acting. I benefici attesi sono quindi condizionati dalla reale assunzione del farmaco, dalla aderenza alla terapia. Questo rende più complicato l’utilizzo di questo farmaco sul territorio, anche perchè, come lei correttamente ha segnalato, la sospensione improvvisa della Clozapina causa tipicamente scompensi gravi, in parte dovuti all’efficacia medesima della molecola ed in parte ad un fenomeno noto come “rimbalzo colinergico”. E’ quindi prioritario che la prescrizione della Clozapina avvenga nell’ambito di una presa in carico assidua e sia associata a costanti interventi psicoeducativi sull’importanza dell’assunzione regolare. Tutto questo risulta difficile in un contesto di risorse limitate sul territorio, più fattibile in contesto comunitario. Vale tuttavia la pena di segnalare un fenomeno relativamente frequente: quando la persona esperisce i benefici della molecola nel medio termine, finisce per assumerla volentieri e questo farmaco diventa parte integrante della sua routine.
Per quanto concerne i “cocktail”: essendo la Clozapina un farmaco complesso ed efficace, richiede e consente di semplificare le terapie. Funziona molto bene anche in monoterapia, ma può non essere sufficiente. L’associazione Clozapina + Aripiprazolo non solo è ben tollerata, ma risulta dalla letteratura tra le associazioni più efficaci in assoluto.
Articolo molto interessante e aggiornato (vedi bibliografia).
Farmaco complesso, certo, ma di assoluta efficacia nel trattamento delle psicosi resistenti. Bisognoso di piano terapeutico.
Scrivo da familiare il cui figlio usa da anni questo farmaco perchè efficace, ma convinta che facesse più male degli altri. Ringrazio Diego Corazza e lo segnalerò.