Nell’intervento “Io sono la via, la verità, la vita. E il desiderio.” (Repubblica, 27/8/24) Massimo Recalcati – presentando il proprio testo “La legge del desiderio” – ci parla del potenziale rivoluzionario dell’insegnamento di Gesù.
Suo nucleo centrale è la riconciliazione fra Legge e Desiderio: la prima cessa di essere un rigido contenitore del secondo che tenda addirittura a cancellarlo, divenendone invece la realizzazione, il compimento; ciò, pur nel suo potenziale destabilizzante che va contenuto e orientato ma non cancellato (di ciò parlava Gesù dicendo di non voler portare la pace ma la spada, quindi portando la legge a compimento pur senza abolirla).
Il vero volto della legge coincide con quello del desiderio: espressione suprema di questo incontro è la legge dell’amore spinta fino al paradosso “ama il tuo nemico”. la forza della pulsione si converte nell’ordine etico del desiderio, con superamento – come dice la narrata resurrezione – anche di quella estrema censura che è la morte. Il discorso – prosegue Massimo Recalcati – è ripreso millenni dopo dal suo Maestro Lacan.
L’importanza di questo contributo sta nella capacità di riflettere laicamente su temi religiosi. Essa è tale da consentirmi soltanto qualche commento marginale.
È soprattutto nel Vangelo di Luca che risalta la centralità del desiderio, anche nel suo aspetto specificamente amoroso e perfino sensuale: vi è sensualità nel gesto della peccatrice, che asciuga i piedi dell’Uomo con i propri capelli: molto le sarà perdonato perché molto ha amato, anche con una nota di intimità fisica.
Molti secoli dopo, questo tema viene ripreso da Dante che lo riporta alla sua dimensione filosofica totalizzante con l’indimenticabile chiusa portatrice di una parola definitiva: “l’amor che muove il Sole e l’altre stelle”.
Ma egli non dimentica, tutt’altro, la dimensione umana del desiderio fisico. Che la sua posizione non si fermi all’immagine scissa della donna angelicata emerge già ben presente nel V Canto dell’Inferno: la Legge dice che deve condannare i due adulteri, ma il “supplizio” per i due amanti “colpevoli” consiste nello stare insieme per l’eternità! Nonché nell’essere trascinati da un vortice che ricorda l’estasi amorosa e sensuale! Il desiderio continua dunque a dominare anche nell’oltre tomba: “Quali colombe dal desio chiamate con l’ali alzate e ferme al dolce nido volan per l’aria dal voler portate…”. E infine la condanna lascia spazio alla compassione: “di pietate io venni men così com’io morisse”.
È la ricomposizione del confronto, spesso conflittuale, fra legge e desiderio?