Vaso di Pandora

Humus

Ora ho compreso a cosa servono le comunità terapeutiche.

Martedì mattina, decine di persone del paese di Mioglia si sono messe ordinatamente in fila, per gettare una manciata di terra sulla bara tumulata di Stefano.

Quando lo conobbi, Stefano era invece un uomo senza terra, ero andato a prenderlo nel 2001 all’ospedale giudiziario di Castiglione delle Stiviere, era originario di Genova, la mamma forse viveva nelle Marche, era stato adottato da una famiglia in Toscana, ma l’adozione s’era interrotta, è possibile che Stefano fosse un bambino troppo difficile, ingestibile.

I traumi e gli abbandoni avevano reso Stefano un uomo diffidente, chi si avvicinava doveva usare cautela, nessuno fino allora era riuscito a contenere del tutto le espressioni della sua rabbia, Stefano non aveva terra, poteva solo spostarsi da un posto all’altro.

Nella comunità terapeutica di Mioglia ha trovato pace, una residenza emotiva, un rifugio sicuro. Piano piano, ha cominciato a uscire, si è fatto conoscere, si è fatto amare, ha cominciato a frequentare le persone di Mioglia e le realtà sociali del paese.

Questa mattina la Chiesa era colma, c’erano i militi della Croce Bianca, coi i quali Stefano collaborava efficacemente da una decina d’anni, i militi erano nella navata sinistra, compostissimi, ognuno con la propria divisa. A destra c’erano i centauri del gruppo di Vanni Oddera, un ragazzo straordinario che ha inventato la Moto-Terapia, per far vivere a bambini e ragazzi disabili, per un giorno, l’ebbrezza del motocross e del free-style. Stefano, cogli arretrati della pensione d’invalidità, era riuscito a sua volta ad acquistare una moto da cross e ha collaborato col gruppo di Vanni fino all’anno scorso, prima d’ammalarsi gravemente di tumore. Anche i centauri di Vanni hanno presenziato con la loro divisa, una maglietta scarlatta con il simbolo degli ACDC.

Alcuni di loro, al termine della funzione, hanno voluto ricordare Stefano, sono saliti all’altare, hanno pronunciato parole dolcissime, per esprimere un’amicizia autentica. Quando era ricoverato in ospedale, ogni giorno, uno di loro andava a trovarlo. Mi ha colpito un ragazzo coi capelli verdi, i piercing al naso e alle orecchie e i tatuaggi su ogni parte del corpo e che, sulla maglietta rossa, aveva scritto in sintesi il suo originale modo d’intendere la vita: Sesso, Moto e Rock & Roll. All’altare ha parlato sottovoce, ha ricordato Stefano con struggente tenerezza, tra le altre cose, lo ha ringraziato, perché gli ha fatto comprendere “che l’amore e la gentilezza sono una scelta, non una vocazione”.

Anch’io ho gettato una manciata di terra, poi mi sono avviato a piedi lungo la strada, dialogando mestamente con le altre persone, che tornavano in paese. Parlavamo di Stefano come di un amico, di un conoscente, di una brava persona, di un cittadino di Mioglia che se n’era andato.

Stefano non era più un paziente della comunità, non era più un criminale dell’ospedale giudiziario, era semplicemente uno di noi.

A questo servono le comunità terapeutiche.

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Commenti su "Humus"

  1. Si a volte nelle comunità possono avvenire dei miracoli ed e’ quello che spero per il mio Nico ed e’ per questo che non mi arrendo mai! Non è ancora successo, ma spero succederà.

    Rispondi
  2. speravo di trovare nel mio pc una foto del Don Chisciotte…ho aspettato a scrivere per allegarla. Niente. Io e gli attori e Luca allora giovane aiuto regista abbiamo ricordato Stefano, Federico con le sue solite parole incisive raccontando ricordi di allora Andrea e Silvia con tristezza, Valter con mesto stupore e partecipazione. Incontrerà Chiara in un altro scenario.
    Ciao Stefano sei stato un grande Don Chisciotte e una persona importanteper noi. Ciao

    Rispondi

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