Vaso di Pandora

Hikikomori: da ritiro sociale a fenomeno psicopatologico

1.2.3.1 AMAE

Le ricerche cliniche hanno dimostrato che l’interazione madre-figlio tende a differire rispetto ai paesi occidentali, e la distinzione principale consiste in quella qualità particolare del rapporto definita” amae” (Doi, 1971).   Amae è stato considerato da Takeo Doi nel suo libro Anatomy of Dependance un concetto chiave per la comprensione della sfera delle relazioni interpersonali e della mentalità giapponesi (Doi, 1971; Kazuko, 2004). Il termine amae deriva dal verbo intransitivo amaeru, che significa “dipendere e approfittare della benevolenza di un altro” (Doi, 1971). Il concetto di amaeru sembra tipico ed esclusivo della lingua giapponese, e suggerisce uno spirito positivo nei confronti della dipendenza.  In particolare viene utilizzato per descrivere la relazione madre-bambino e come questa influisca nello sviluppo della personalità dei giapponesi. Takeo Doi (1971) riflettendo sulle differenze tra Giappone e Occidente nei rapporti tra genitori e figli, giunse a supporre che l’elemento distintivo e caratterizzante la stretta relazione genitore-figlio in Giappone fosse proprio la qualità di amaeru (Doi, 1971; Kazuko, 2004).

Il forte desiderio di stretto contatto tra madre e figlio sembra agire da contrasto allo sviluppo dell’individualità e  dell’indipendenza .Tali  impulsi  di  dipendenza, pur  esistendo nelle società occidentali,  vengono  da  queste  parzialmente  soppressi,  mentre  la  società  giapponese  sembra incoraggiarli attivamente. Per la società occidentale l’indipendenza e la libertà sono virtù e rappresentano imperativi morali attivamente perseguiti nelle modalità di allevamento dei figli (Masataka, 2002; Rothbaum, 2000).

In Giappone il rapporto simbiotico che si crea tra madre e figlio, in concomitanza con la pressoché totale assenza  della figura paterna nella crescita del figlio, è stata considerata una delle cause che conducono allo school refusal e a hikikomori (Dziesinski, 2003; Cardoso, 2005; Zielenziger, 2006; Fogel, 2007).  Il  bambino giapponese che  avanza delle richieste nei  confronti della madre, si aspetterà di essere servito subito affidandosi alla benevolenza della madre. La madre giapponese, anche nel caso in cui si mostri contraria per ragionevoli motivi, soddisferà le richieste del figlio in modo da indulgere ai bisogni di amae del bambino (Doi, 1971). Cresciuti in una atmosfera di amae, i bambini giapponesi imparano la gioia e la sicurezza di dipendere dall’amore e dalla benevolenza altrui.

La moderna madre giapponese   sembra incontrare una serie di difficoltà legate per lo più all’assenza della figura educativa paterna, ad un senso di solitudine marcato, e alla frequenza da parte del figlio di un sistema scolastico altamente competitivo (Fogel, 2007). Di conseguenza si assiste spesso ad un atteggiamento di eccessiva protezione che tende a regolare  la vita del proprio figlio spesso idealizzato e detentore di una serie di aspettative , in quanto unico centro della vita della madre .Il clima di iperprotezione alimenta il narcisismo e l’onnipotenza de figlio, che presto dovrà confrontarsi con un sistema scolastico e sociale a cui sarà impreparato. Questo può portarlo a ricercare, come nel caso degli hikikomori, la sicurezza del nido materno, mettendo in atto comportamenti regressivi  che ristabiliscano il clima di protezione sperimentato nel primo rapporto con la madre (Ricci, 2008). Diversamente dall’ambiente familiare in cui il bambino si aspetta che ci si prenda cura di lui all’interno della relazione di amae, nell’ambiente scolastico vengono da subito imposte su di lui alte aspettative di successo.

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